Il bike sharing, ovvero prendere in affitto una bici per spostarsi da un punto all’altro della città, è diventato un mezzo di trasporto molto utilizzato da chi vuole evitare l’ingorgo del traffico in città. Ma quello che è diventato un servizio di trasporto fondamentale e rappresentativo di molte città d’Europa, in realtà esiste da più di mezzo secolo.
Infatti, l’idea della condivisione della bici, è nata nel luglio del 1965 ad Amsterdam, grazie a un gruppo di attivisti chiamati “Provo” (abbreviazione della parola provocazione), un movimento anarchico che anticipava le battaglie contro il consumismo e per l’ecologia, tematiche che sarebbero poi state protagoniste negli anni successivi. Tuttavia, in quel periodo si stavano affermando sempre di più la logica capitalistica e la motorizzazione, tant’è che gli attivisti del gruppo olandese, di cui si ricorda in modo particolare Luud Schimmelpennink, dopo aver distribuito dei volantini in cui si proclamava “la fine del regno dell’asfalto della borghesia motorizzata”, iniziarono a verniciare di bianco le biciclette nere posteggiate nella piazza del centro di Amsterdam, fino a dipingere qualsiasi veicolo a due ruote lasciato in giro per la città, cercando di diffondere l’idea che la bici bianca potesse essere il nuovo sistema gratuito del trasporto comunale. La polizia olandese però ci mise poco a sequestrare tutti i mezzi dipinti, e in ogni caso la maggior parte delle biciclette finirono per essere danneggiate o rubate, cosicché l’esperimento si considerò un fallimento.
Nonostante il successo della bicicletta come mezzo di trasporto, bisognerà aspettare altri trentanni affinché risorgesse l’idea: erano gli anni ’90, l’aumento delle automobili iniziò a far crescere una nuova sensibilità antismog, cosicché a Copenaghen nacque “Bycykler”, un servizio che permetteva di utilizzare delle biciclette disseminate in tutta la città, soltanto introducendo una moneta da 20 corone come cauzione. Inoltre, per scoraggiare i ladri fu messa in atto una strategia innovativa ma estremamente efficace: le bici erano costruite con pezzi incompatibili su altri modelli. Purtroppo però, questo non bastò per evitare che una parte di esse fossero comunque rubate e danneggiate. Per ovviare a questo problema, nel Regno Unito si inventò un sistema di bike sharing con il quale si aveva accesso al mezzo solamente passando una tessera magnetica, che permetteva dunque di rintracciare chi eventualmente danneggiava la bici. Tra il 1995 e il 2007 furono inizialmente attivati solo 75 servizi in tutto il mondo, ma bastarono pochi anni affinché ne nascessero addirittura 1.600.
Il servizio pubblico di bike sharing si è sviluppato anche in numerose città italiane, nonostante ci sia da dire che alcune città, e i rispettivi abitanti, hanno reso questo sistema più efficiente che in altre. Tuttavia, sono sempre di più i “bikers” che apprezzano questo servizio di sharing, per il quale però è necessario un egregio rispetto per il mezzo e per le persone che lo utilizzano: purtroppo ci sono stati parecchi casi in cui il vandalismo dei cittadini è andato ben oltre il previsto. D’altronde, il fallimento di questi sistemi sono spesso lo specchio del malfunzionamento di altre situazioni.
Roberta Rosaci