Biden decide di rimuovere Cuba dalla lista del terrore

Biden-Cuba: lista del terrore

La recente decisione dell’amministrazione Biden di rimuovere Cuba dalla lista degli Stati sponsor del terrorismo rappresenta un gesto di apertura volto a favorire il dialogo e la liberazione di prigionieri politici. La mossa politica e strategica di rimuovere L’Avana dalla lista del terrore, mediata dalla Chiesa cattolica e accolta con cautela dal governo cubano, potrebbe aprire nuove prospettive per le relazioni tra i due Paesi, sebbene restino molte incognite legate alla posizione della futura amministrazione Trump.

Un gesto politico per una volontà di dialogo

Gli Stati Uniti hanno rimosso Cuba dalla lista del terrore, dunque l’elenco che racchiude tutti i Paesi che attualmente sono impegnati a sostenere il terrorismo internazionale. Una mossa voluta dall’amministrazione Biden per facilitare il dialogo con il governo dell’Avana. Questo passo si inserisce in un contesto di negoziati mediati dalla Chiesa cattolica, volti alla liberazione di 553 prigionieri politici e di altre persone che Washington considera detenute ingiustamente.

“Gli Stati Uniti mantengono come priorità la promozione della democrazia e dei diritti umani a Cuba”, si legge in un memorandum del Consiglio di Sicurezza Nazionale. L’obiettivo è incoraggiare aperture economiche e sociali sull’isola. Secondo Biden infatti, l’eliminazione di Cuba dalla lista del terrore, o “black list”, è decisiva in quanto il Paese non presenta alcuna evidenza o prova credibile del sostegno al terrorismo.

Biden e l’eredità della Chiesa Cattolica

L’iniziativa di Joe Biden è stata sostenuta dalla conferenza dei vescovi statunitensi, che ha spinto per un’azione diplomatica volta a migliorare le condizioni dei diritti umani nella Repubblica dell’America Centrale. L’amministrazione ha spiegato che non esistono prove credibili di un supporto cubano al terrorismo internazionale, giustificando così il cambiamento nella lista del terrore. Questo risultato arriva mentre l’isola affronta una crisi economica aggravata da sanzioni e carenze di risorse essenziali.



In una conferenza stampa delle ultime ore, la portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, ha evidenziato come siano stati presi tutti i provvedimenti per “sostenere i cittadini cubani, in accordo con la Chiesa Cattolica, sotto la leadership di Papa Francesco”.

Le critiche e le incognite 

Nonostante il significato storico della decisione, non mancano le critiche. Il senatore Ted Cruz, membro della commissione esteri del Senato, ha dichiarato che la mossa è “inaccettabile”, accusando il regime cubano di continuare a sostenere attività terroristiche.

Anche il presidente entrante Donald Trump potrebbe invertire questa decisione. Già nel 2021, Trump aveva reintrodotto Cuba nella lista nera, citando il supporto dell’Avana al leader venezuelano Nicolas Maduro e il mancato rispetto di richieste di estradizione di ribelli colombiani.

Trump e la linea dura sull’Avana

La presidenza Trump aveva adottato un approccio restrittivo nei confronti del Paese centramericano, invertendo il processo di disgelo iniziato da Barack Obama. Nel 2017, l’allora presidente aveva intensificato le sanzioni economiche contro l’isola, contribuendo a isolare ulteriormente il Paese. Alcuni esperti temono che un ritorno alla Casa Bianca di Trump possa bloccare i progressi diplomatici recenti.

Il governo cubano ha descritto la decisione statunitense come un “passo nella giusta direzione”. Tuttavia, il ministro degli Esteri Bruno Rodriguez ha sottolineato che l’embargo economico, in vigore dal 1962, rimane una barriera significativa per il miglioramento delle condizioni di vita sull’isola. L’allentamento delle tensioni potrebbe rappresentare un’opportunità per affrontare questioni economiche e sociali più ampie.

Un test per le relazioni internazionali

L’esclusione dell’Avana dalla lista del terrore, l’elenco dei Paesi sponsor del terrorismo rappresenta, è una delle ultime mosse significative della politica estera di Biden. Questo gesto riflette la volontà di promuovere un approccio più equilibrato nelle relazioni con l’Avana, pur riconoscendo le difficoltà di dialogo in un contesto geopolitico polarizzato. Con le elezioni presidenziali statunitensi all’orizzonte, resta da vedere se questa apertura avrà effetti duraturi.

Lucrezia Agliani

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