Durante un’intervista a Joe Biden, il giornalista dell’Abc George Stephanopoulos ha chiesto al presidente degli Stati Uniti, senza mezzi termini, se ritenesse Putin un assassino. Di certo una domanda provocatoria alla quale Biden ha risposto, dopo un attimo di incertezza, di sì.
Questo semplice ma calibrato “I do” ha aperto una crisi diplomatica che va ben oltre le accuse di Biden e affonda le proprie radici nello storicamente complesso rapporto Russia-Usa, particolarmente delicato negli ultimi mesi a seguito della sconfitta di Trump.
Dietro all’energico botta e risposta che ha caratterizzato gli scambi tra Washington e il Cremlino nelle scorse giornate si nascondono strategie politiche e diplomatiche allarmanti, in odore di guerra fredda.
L’interferenza della Russia nelle elezioni Biden-Trump e l’avvelenamento di Aleksej Navalny
L’intervista della Abc e le affermazioni di Biden hanno coinciso con la diffusione di un dossier della National Intelligence Usa a proposito dei tentativi di interferenza nelle elezioni presidenziali Usa del 2020 messi in atto dalla Russia, ma anche da Cina ed Iran. Nonostante non vi siano prove tangibili di alterazioni alle infrastrutture elettorali, come invece avvenuto nel caso dei cyber attacchi nelle elezioni del 2016, il rapporto indica che Putin abbia interferito con operazioni di discredito nei confronti di Biden e a favore dell’avversario ed ex presidente Donald Trump.
In relazione alla divulgazione di tale dossier, Biden ha dichiarato che il presidente Putin e la Russia dovranno pagare il prezzo dei tentativi di intromissione nelle vicende politiche Usa, nei confronti dei quali si era dimostrato intransigente fin dai tempi della vicepresidenza nel governo Obama.
Già nel corso del primo contatto telefonico tra i due presidenti a fine gennaio, a seguito dell’insediamento di Biden, il neopresidente statunitense aveva deciso di affrontare alcuni temi a dir poco spinosi. Tra questi, Biden si era dichiarato preoccupato per la situazione in Ucraina ribadendo l’appoggio degli Usa contro l’aggressione russa in Crimea e facendo eco a quanto sostenuto nell’ambito dell’agenda NATO 2030.
In primis, però, Biden aveva voluto evocare la questione dell’arresto dell’oppositore Aleksej Navalny. Pochi giorni prima dell’incontro telefonico, il 17 gennaio 2021, Navalny era stato arrestato al suo rientro a Mosca dopo cinque mesi di convalescenza in Germania a seguito dell’avvelenamento del 20 agosto 2020.
Le dichiarazioni di Biden e Putin e la reazione del Cremlino
La pietra dello scandalo parrebbe dunque essere questa: la recente dichiarazione di Biden a proposito di Putin non fa mistero su chi egli ritenga essere stato il mandante del tentato omicidio di Navalny e di altri dissidenti politici prima di lui.
Come prima presa di posizione, il 16 marzo la Russia ha richiamato il proprio ambasciatore per consultazioni in merito alla tensione crescente tra i due paesi. Nei giorni scorsi il presidente della Duma, Viaceslav Volodin ha dichiarato che le accuse mosse al presidente Putin sono da considerarsi come attacchi a tutta la Russia e che i documenti diffusi dall’Intelligence statunitense a proposito dell’interferenza nelle elezioni presidenziali 2020 sono da considerarsi infondati.
Allo stesso modo si sono espressi il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, che ritiene l’uscita di Biden un mero pretesto per imporre nuove sanzioni alla Russia, e la portavoce del Ministero degli Esteri, Maria Zakharova, che ha tuttavia sottolineato come la prima questione da affrontare sia il miglioramento delle relazioni Russia-Usa.
La reazione di Putin non si è fatta attendere. A proposito dell’insinuazione di Biden, il leader del Cremlino lo ha canzonato rispondendo con il proverbio infantile: “Io sono gomma e tu sei colla. I cattivi nomi rimbalzano su di me e si attaccano a te”, corrispondente più o meno al nostro ritornello “chi lo dice sa di esserlo”, e augurandogli buona salute. Secondo Putin, gli attacchi di Biden sarebbero mirati a distogliere l’attenzione pubblica e internazionale dai problemi politici interni, a maggior ragione visto l’avvicinarsi del traguardo dei cento giorni della nuova amministrazione. A tali dichiarazioni ha aggiunto che la Russia continuerà a collaborare con gli Stati Uniti ma solo alle proprie condizioni e unicamente per quanto riguarda determinate questioni fondamentali.
Al di là dei possibili risultati delle consultazioni con l’ambasciatore Anatoly Antonov, il clima di tensione tra le due super potenze militari sembra destinato a crescere ancora.
Marta Renno