Hamas smentisce Biden e definisce “un’illusione” la tregua che il presidente americano vede “vicina”. Dalle trattative di pace a Doha viene fuori un nulla di fatto. Nel frattempo Netanyahu ha dichiarato ai suoi di voler procedere con l’assassinio di Yahya Sinwar, il nuovo capo politico di Hamas, succeduto a Isma’il Haniyeh, assassinato il 31 luglio a Teheran dagli israeliani. Mentre Usa, Egitto e Qatar si danno appuntamento al Cairo la settimana prossima per un nuovo incontro in cui trovare una possibile strada per la pace.
Emerge un cortocircuito dalle trattative di pace andate avanti per due giorni a Doha e che hanno visto protagonisti Usa, Egitto e Qatar in veste di mediatori. Da un lato c’è il presidente Joe Biden che al termine dei colloqui ha dichiarato: “Il cessate il fuoco a Gaza non è mai stato così vicino“. Dall’altro Hamas, nella persona di Sami Abu Zuhri, membro dell’ufficio politico della milizia, che ha risposto: “Dire che siamo vicini a un accordo è un’illusione“.
Delle due l’una, o la lucidità del presidente Biden continua la sua parabola regressiva, o Hamas è talmente miope da non essersi accorta che uno spiraglio per una tregua comincia a farsi vedere. Sarebbe buona la seconda e non la prima ipotesi se non si avesse presente che, dal 7 ottobre, ogni volta che si annuncia vicino un accordo per il cessate il fuoco Israele fa di tutto per allontanarlo, con bombardamenti e raid che hanno ridotto Gaza a un cumulo di macerie e i palestinesi a un popolo che oggi conta 40.000 anime in meno.
Di fronte a questo qual è la proposta che Usa, Egitto e Qatar poggiano sul tavolo delle trattative per la fine delle ostilità? Hamas dovrebbe liberare gli israeliani fatti ostaggio il 7 ottobre. Tradotto: dovrebbe condonare a Israele le macerie, i 40.000 morti, in più l’assassinio del capo politico Isma’il Haniyeh, e tutto questo mentre Netanyahu, come riportano fonti vicine al governo, considererebbe di accettare la fine della guerra solo dopo aver assassinato anche il nuovo capo politico di Hamas, Yahya Sinwar.
Stando così le cose, qualcuno vicino al presidente Biden, magari il segretario di Stato Usa Antony Blinken (che negli scorsi giorni è tornato in Medio Oriente per la nona volta dal 7 ottobre) dovrebbe suggerirgli che Hamas sono i palestinesi, non gli israeliani e che il cessate il fuoco non è mai stato così lontano, altro che vicino.
Certo, il presidente americano non è nemmeno aiutato dai suoi due alleati mediatori, Qatar e Egitto. Anche loro, come trapela da fonti vicine, parlano di: “Progressi nelle prossime 24 ore” e di: “Colloqui positivi, si va avanti“. Mentre la milizia palestinese dichiara:
«Non vediamo un accordo o veri negoziati, piuttosto l’imposizione dei diktat americani».
Qual è la posizione di Hamas e dell’Iran
La milizia palestinese non chiede altro che la fine dei combattimenti e il ritiro dell’esercito israeliano da Gaza, solo allora si dice pronta a liberare i 114 ostaggi. Una proposta, questa, quantomeno ragionevole e che dimostra quanto sia avvertita l’urgenza che il genocidio abbia finalmente fine. Addirittura l’Iran sarebbe disposto a rinunciare alla rappresaglia tanto minacciata nelle ultime settimane per cominciare a lavorare a una tregua.
Usa, Egitto e Qatar ne discuteranno nel prossimo appuntamento fissato al Cairo la settimana prossima, visto che l’aria di Doha non ha portato la giusta ispirazione. L’impressione è che i tre mediatori si stiano scontrando più che con quello di Hamas, con l’integralismo di Netanyahu. Ammorbidire le sue posizioni risulta essere, ad oggi, la difficoltà più grande ma anche la più grande necessità, dal momento che “cancellare Hamas dalla faccia della terra” non è esattamente un presupposto dal quale è possibile partire per imbastire una trattativa di pace.
Vincenzo Ciervo