Usare il termine femminismo quando si parla di Bibbia è – sicuramente – improprio. E tuttavia ci sono, cosparsi nell’originale testo ebraico, tutta una serie di dettagli molto più ‘’femministi’’ di quanto ci è stato raccontato. Si tratta solo di andare a scovare l’etimologia di alcune parole, di andare a riprendere alcuni – bellissimi – passaggi. Oppure, guardare alla profondità di alcune semplici scelte narrative.
Che nell’antichità la condizione della donna rispetto all’uomo fosse inferiore è indubbio. Che nel mondo ebraico fosse un po’ meglio di altrove, anche. Basti pensare a Sara, moglie di Abramo, Rebecca o Rachele quando vengono descritte come donne bellissime e senza velo. O alla stessa Rachele, che tratta con uomini e al pari di loro – cosa altrimenti considerata scandalosa. A come in casa si comportino da padrone invece che da serve, e a come prendano tranquillamente parte alle feste pubbliche. Ma al di là di questi, che sono piuttosto dati storici, è interessante andare a scoprire cosa c’è dietro certe scelte linguistiche e alle strutture narrative dell’originale testo ebraico e aramaico. Naturalmente non per attribuire alla Bibbia un significato che non ha: quanto piuttosto per riscoprire una profondità nuova e inedita che spesso, complici anche le traduzioni, si rischia di trascurare.
L’incipit del Vangelo
In ogni versione della Bibbia, i Vangeli iniziano con l’elenco della genealogia di Gesù Cristo. Così ad esempio comincia il Vangelo di Matteo:
Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e Zara da Taram, Fares generò Esrom, […] Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, che dette alla luce Gesù.
Da un punto di vista letterario, un incipit di questo tipo fa spostare tutto il peso sulla figura della Madonna come madre del Cristo. Si tratta di una tecnica narrativa elementare, che possiamo individuare nel preciso ordine di parole dato da qualunque bravo scrittore.
Così facendo Matteo lascia intendere che in un ipotetico ordine gerarchico sia proprio la figura di Maria a risultare cruciale, più di tutto il resto. Il peso narrativo è sbilanciato in suo favore, e il lungo elenco di figure maschili da cui discende Giuseppe risulta esser messo lì al servizio di Maria.
La tecnica viene adottata più volte nel corso del testo, ma non è l’unica scelta narrativa rilevante a tal proposito. La Bibbia è ricca di questo genere di minuzie, e il fatto che i Vangeli sinottici inizino tutti così è già esemplificativo di quello a cui si andrà incontro: se vi dovesse ricapitare una Bibbia fra le mani, comincerete a notarlo anche voi.
L’etimologia curiosa di alcune parole
Interessante in questo senso è riscoprire l’etimologia di alcune parole ebraiche riferite al divino. Noteremo infatti che gli attributi femminili sono molti più di quanti immaginavamo.
Per cominciare, uno dei titoli più antichi di Dio è El shadày (אֵל שַׁדַּי), che di solito traduciamo con “Dio onnipotente”. Ma se andiamo a scavare – nemmeno troppo – sull’etimologia della parola, scopriremo che lo shad (שַׁד) alla sua radice, in ebraico significa “mammella”. L’immagine che ne deriva è molto chiara, e si riferisce a un termine che è proprio Dio ad attribuire a se stesso.
Nell’originale testo ebraico, molti sono anche gli aggettivi femminili riferiti a Dio. Nell’Esodo in 34:6 si parla, ad esempio, di “Dio misericordioso e pietoso”. I termini ebraici di riferimento sono רַחוּם וְחַנּוּן (rakhùm e vekhanùn), che derivano da rèkhem, alias “seno materno”. L’immagine che ci viene trasmessa è quella di un Dio che s’intenerisce come solo una madre sa fare, in una partecipazione emotiva ‘’tutta femminile’’.
Per chiudere, mi sento di riportare un passaggio che personalmente considero bellissimo, tratto da Isaia 49:15. Sono le parole che Dio rivolge a Gerusalemme, paragonandosi a una madre.
Una donna può forse dimenticare il bimbo che allatta, / smettere di avere pietà del frutto delle sue viscere? / Anche se le madri dimenticassero / non io dimenticherò te.
Bibbia: duemila anni di reinterpretazione
È chiaro che una rilettura della Bibbia di questo tipo è figlia dell’epoca in cui viviamo. Questo non significa dimenticare che quella ebraica fosse una società comunque patriarcale, o che Eva sia nata dalla costola di Adamo.
E tuttavia, è affascinante riscoprire come certe sottigliezze linguistiche possano esser pregne di significato. A volte, purtroppo, la traduzione non è in grado di restituircelo. E la Bibbia intera è carica di particolarismi di questo tipo.
Quel che è comunque importante notare è quanta sia la profondità che può restituirci una lettura a trecentosessanta gradi, non solo della Bibbia ma di qualsiasi testo. O quanto le immagini che ormai abbiamo ben stampate nella mente possano essere suscettibili di cambiamento: come ad esempio quella di un Dio interamente ‘’maschio’’, inculcata in noi fin dai tempi del catechismo e che abbiamo già smentito. Non dimentichiamo uno dei primi passi della Genesi (1:26-28):
‘’Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.’’
Noemi Eva Maria Filoni