Betty Boop con il suo arrivo, surclassa la figura stilizzata della donna. Con un mix di sensualità ed emancipazione, nonostante si tratti solo di un personaggio d’animazione. Il periodo storico della sua creazione è fondamentale per spiegare il suo successo. Figlia della Grande Depressione, degli anni ’30, la sua figura ricalca in qualche modo l’arte sopravvissuta a quel periodo. Nata negli anni del jazz, la sua animazione è tipica della “flapper”. Giovani donne del tempo che cominciano a indossare gonne corte e capelli corti. Assumendo atteggiamenti di aperta ribellione ai fautori della figura della ragazza compita.
Lo stile di vita della flapper non era più convenzionale. Trucco pesante, predilezione degli alcolici forti (prerogativa maschile, no?), argomentazioni indecorose e il famigerato sesso occasionale. I fratelli Fleischer, suoi creatori, quindi danno forma a questa esuberante ragazzina dalla carica erotica notevole. Non a caso diventerà un sex symbol dell’animazione cinematografica. Da qui, l’interesse da parte di un pubblico adulto, che capterà in lei quella connotazione sensuale in ciò che sembrerebbe solo un disegno.
La presentazione di tale personaggio non poteva che suscitare il malcontento del versante conservatore e puritano. Nel 1934, con il Codice Hays, che limitò molte produzioni cinematografiche americane, la figura di Betty Boop subisce una notevole regressione. Non più ragazza mascolina e indipendente ma relegata al ruolo di casalinga con abiti castigati. Questa trasformazione decretò la sua uscita dalle scene. Nonostante questa deliberata censura, la figura di Betty Boop diventa un’icona femminile destinata a vivere per sempre.
Ed è proprio quest’anno che il celebre personaggio ha il suo revival. Grazie alla sua trasposizione in un nuovo corto animato, Betty Boop è pronta a scalare le scene moderne. Nella cosmesi, il suo emblematico colore rosso, diventa tinta di un nuovo rossetto della MAC cosmetics, che porta proprio il suo nome. Ciò sancisce come ormai la figura di Betty Boop, si associ per antonomasia alla figura di una donna indipendente e sessualmente emancipata.
Con questa precisa intenzione di riportarla in àuge, il messaggio che si vuole lanciare è quello di far progredire la donna in ogni campo in cui già spadroneggia l’uomo. Campi in cui non dovrebbe sussistere lo scandalo nei confronti di una donna che osa benevolmente uscire dai limiti imposti dalla società. Tutto ciò ha poco a che fare con la mercificazione del corpo. Il colore rosso, associato al solo colore della passione, può (deve) contestualizzarsi altrove. Può diramarsi anche nei tabù femminili che faticano tutt’oggi ad estinguersi. Tabù che spesso e volentieri di scandaloso hanno poco.
Ilaria Riccio