Si parla con sempre più insistenza di Silvio Berlusconi prossimo presidente della Repubblica e di questo siamo tutti responsabili. Berlusconi ha fatto errori e più volte è caduto, e invece di infierire e spedirlo a Sant’Elena neanche si è riusciti a processarlo nei tempi dovuti.
Ho fatto un po’di conti (se mi sono sbagliato vi prego di correggermi: ve ne sarei davvero grato). Nell’attuale Parlamento (950 seggi complessivi) Berlusconi ha già in tasca 433 voti, includendo il suo partito personale, i suoi due burattini Salvini e Meloni e le liste fiancheggiatrici (Coraggio Italia, radicali e altri del gruppo misto). Ostili gli sono, presumo, quel che resta del M5S, il Pd, LeU e vari cespuglietti: 416.
All’elezione del presidente della Repubblica partecipano anche i delegati delle regioni, tre ciascuna con l’eccezione della Val d’Aosta che ne ha solo uno, eletti dai rispettivi consigli. Per semplicità ho assegnato due delegati a chi controlla la regione e uno alla minoranza: fa 35 delegati a favore di Berlusconi (i suoi alleati hanno vinto in quindici regioni più la Val d’Aosta) e 23 contro. Per cui i sì a Berlusconi arriverebbero a 468.
Per vincere sono sufficienti, dal quarto scrutinio in poi, 505 voti. A Berlusconi basterà dunque acquistarne, pardon, acquisirne altri 57. 43 sono quelli di Italia viva, il partitino senza futuro (e per questo più incline a favorevoli inciuci) guidato da Renzi, suo compare nel Patto del Nazareno. Per gli altri 14, e per compensare qualche defezione, ci sono 55 non allineati, inclusi numerosi ex grillini. Davvero pensate che siano tutti insensibili al fascino, diciamo politico, di uno degli uomini più ricchi d’Italia nonché proprietario di metà delle televisioni e dei giornali?
D’altra parte l’alternativa è persino peggiore: ossia che Renzi venga convinto a non sostenere Berlusconi; non oso immaginare il prezzo che farebbe pagare, sufficiente a far perdere ogni credibilità alla sinistra per qualche decennio e ad accelerare la privatizzazione dello Stato e la svendita del paese a americani e sauditi. Così come l’altra, ancor più probabile e agghiacciante ipotesi: che per prevenire la nomina di Berlusconi venga proposto a reti unificate il nome dell’uomo della Provvidenza e della Goldman Sachs, Draghi, e che ad assumersi la responsabilità della sua elezione (contro Forza Italia, Fratelli d’Italia e parte della Lega) sia la (finta) sinistra.
Ma è proprio inutile stracciarsi le vesti. Siamo tutti responsabili: Berlusconi ha fatto errori e più volte è caduto, e invece di infierire e spedirlo a Sant’Elena e per buona misura mettergli un po’ di arsenico nel caffè come usano gli inglesi (mi sia perdonato il paragone: Napoleone era un genio, Silvio una mezza calzetta però del tutto privo di scrupoli e con molti molti soldi, una specie di Trump), neanche si è riusciti a processarlo nei tempi dovuti. Perfidia dei suoi avvocati? Macché, diretta conseguenza del perdonismo e garantismo imposti da una sinistra interessata solo alle libertà individuali e private e non al bene comune o allo Stato.
Si tratta allora di approfittare del prossimo settennato berlusconiano (mi immagino che il patto preveda Draghi premier a fargli da balia per tutto il periodo, a prescindere dai risultati elettorali) per cominciare a ricostruire faticosamente ma caparbiamente un’atmosfera politica e morale in cui sia socialmente inaccettabile appoggiare personaggi come Berlusconi (o Draghi). Il che significa porre fine all’attuale deriva edonistica e qualunquista, fermare l’americanizzazione dell’Italia (e dell’italiano), recuperare il senso della nostra identità nazionale e culturale. Impossibile? Nel breve e medio termine (diciamo, vent’anni) di sicuro; ma nel lungo termine, possibile o non possibile, è indispensabile riuscirci.