Nel mio precedente articolo mettevo in dubbio la memoria difensiva dove si riteneva che Beppe Grillo non fosse il titolare del suo Blog, nonostante in un altro documento molto importante per il Movimento 5 Stelle (oltre ad altri casi) si riporta il contrario. C’è un altro tassello nella storia del “Blog a sua insaputa“, una definizione molto diffusa in merito al caso.
I sostenitori del comico genovese hanno trovato una sorta di difesa attraverso l’intervista rilasciata dall’avvocato Caterina Malavenda all’Huffingtonpost.it, ma ritengo manchino alcune considerazioni sul caso specifico.
Sul blog la Casaleggio associati compare come titolare del sito
“Il titolare del blog potrebbe non essere il gestore che invece si occupa dei contenuti del sito“.Dunque la querela del Pd va rivolta al gestore?
“Il gestore del blog non risponde, di norma, dei contenuti dei messaggi altrui che vengono postati. Si limita a pubblicarli ma, ripeto, non ne risponde personalmente. Tuttavia è opportuno che adotti dei filtri o altri sistemi di controllo preventivi per escludere o eliminare immediatamente tutto ciò che non può essere pubblicato. Per esempio foto di bambini seviziati, stupri, bestemmie. Se non li rimuove, ne risponde. Sui post diffamatori non ha un dovere di controllo preventivo penalmente sanzionato“.[…]
Ma chi ne risponde allora?
“Innanzitutto chi lo ha messo in rete. Il blog è una piattaforma su cui ognuno posta ciò che vuole, sia pure con l’intermediazione del gestore, che tuttavia, come ho detto, non è penalmente responsabile per avergli dato ingresso. La responsabilità del gestore scatta solo se, informato della rilevanza penale di un post, ad esempio diffamatorio, perché contiene un fatto falso, non lo rimuove. In questo caso, finisce per concorrere con chi l’ha realizzato, come ha di recente stabilito la Cassazione. Certo se si tratta di un’opinione sarà più difficile decidere se debba rimanere o essere eliminato, perché si potrebbe trattare di censura preventiva”.
Ricordatevi questa frase: “non ha un dovere di controllo preventivo“.
Ricordo il nome dell’avvocato Caterina Malavenda, infatti i punti da lei citati nell’intervista mi portano alla mente il processo relativo al blog “Il bolscevico stanco” e al suo gestore Roberto Mancini (nota per i “simpaticoni”: si tratta di un giornalista, non dell’ex calciatore). Riscontro in merito la sentenza della Corte d’Appello di Torino nella quale al Macini non veniva data la responsabilità dei “contenuti altrui” all’interno del suo Blog, ma soltanto quelli da lui firmati:
All’imputato e’ stata inflitta una pena pecuniaria di 1.000 euro per diffamazione relativamente a due post da lui stesso firmati. E’ invece stato assolto dal reato di omesso controllo: secondo il giudice tutti i post che non sono scritti dal gestore del blog devono essere considerati anonimi.
Quali erano i contenuti “anonimi” presenti nel Blog del Mancini? I commenti degli utenti:
Una sentenza di secondo grado che ribalta la prima del Tribunale di Aosta, che nel 2006 aveva condannato il giornalista Roberto Mancini, responsabile del blog “Il bolscevico stanco”, per mancato controllo sui commenti dei post del proprio sito web e per diffamazione.
Con la sentenza del Tribunale di Torino, la posizione di chi gestisce un blog o un sito web cambia radicalmente e la responsabilità è limitata solo agli articoli da lui scritti e firmati.
Infatti, se i commenti fossero stati moderati preventivamente e approvati per la pubblicazione il gestore avrebbe risposto per concorso in diffamazione. Non essendovi tale operazione di controllo non venne ritenuto responsabile dei loro contenuti. Semplice e lineare, la responsabilità cade quindi sugli autori di quei commenti.
Come ho spiegato nel mio precedente articolo (e da altri), il sistema di pubblicazione Casaleggio-Grillo era chiaro: Gianroberto e Beppe concordavano il contenuto dei famosi post che poi venivano pubblicati nel Blog. La decisione era di entrambi, su quei contenuti c’era un controllo preventivo, poi la preparazione (preparare un’immagine adatta, preparare il testo con i grassetti e i link corretti e via dicendo) ed effettiva pubblicazione toccava spesso ad altri (dipendenti estremamente fidati che avevano in mano le password del Blog). Ecco cosa raccontava lo stesso Gianroberto a Marco Travaglio su Il Fatto Quotidiano:
Gianroberto Casaleggio svela anche qualche retroscena di beppegrillo.it: “I post pubblicati sono tutti nostri. Io e Beppe ci sentiamo sei o sette volte al giorno per concordarli, poi io e un mio collaboratore li scriviamo, lui li rilegge e infine vanno online”
Tale sistema non pone la condizione “ognuno posta ciò che vuole” siccome la pubblicazione dei post in quel Blog non è aperta a tutti: c’è una sorta di “redazione” che decide cosa pubblicare ed è consapevole di cosa pubblica, inoltre i post altrui e non di Grillo venivano chiaramente specificati (capitava, purtroppo, che qualche testata accusava Grillo di essere l’autore di tali post ritenuti scandalosi, sbagliando di grosso).
La difesa sulla base del “post non firmato” è pretestuosa siccome ci sono diversi post non firmati dove si parla in prima persona (Beppe Grillo) come in quello intitolato “Beppe Grillo condannato a un anno di prigione“:
Oggi è stata emessa la sentenza dal tribunale di Ascoli Piceno contro di me per diffamazione, per aver detto in un comizio che il professor Franco Battaglia, docente di Chimica ambientale del Dipartimento di Ingegneria “Enzo Ferrari” dell’Università di Modena e Reggio affermava delle coglionate in merito al nucleare.
Da citare anche l’articolo “La querela contro la Rete” del 2009, non firmato, dove leggiamo:
Io ho dei buoni avvocati e molte querele, preferirei non averle, ma fa parte del gioco. Quasi sempre le ho vinte. […] Chiedo a tutti gli avvocati che mi leggono che vogliono difendere gratuitamente i blogger di inviarmi i loro riferimenti. Li inserirò in una lista sul blog. Per i casi più complessi metterò a disposizione i miei avvocati, che ormai vantano una certa esperienza. […] Ps: gli avvocati che vogliono contattarmi per l’iniziativa possono inviare una segnalazione al blog.
Non serve immaginare i commenti degli utenti, basta leggerli:
“Caro Beppe grazie per l’iniziativa Scudo della rete di cui dovrò avvalermi.” (r.carpentieri 01.06.11 20:07|)
“grazie beppe!” (fabio fabbiani 24.01.11 23:27|)
“Grande Beppe Grillo!! Vai così, ti benedico.” (guido maria n. 10.08.09 17:58|)
“http://www.beppegrillo.it/2013/05/giannini_ridens/index.html metterai i “tuoi” avvocati anche a disposizione sua?” (Stefano To 26.05.13 14:21|)
Pensate, oggi, cosa può domandarsi un utente in seguito alla recente memoria difensiva: chi accidenti affermava di fornire gli avvocati? Chi aveva pubblicato il post ed è stato querelato spesso vincendo quasi sempre le cause?
Ritenere che basti la mancanza della firma per evitare a Grillo problemi legali dimostra di fatto che ogni qualvolta un utente ha letto un post non firmato si è ritrovato a credere che si trattasse del pensiero del suo idolo (Beppe) nonostante vi potessero essere dei riferimenti in prima persona. Inoltre, risulterebbe “comico” il fatto che questa difesa possa fornire la possibilità di scegliere a proprio favore cosa firmare e cosa non firmare per evitare problemi legali sia passati che futuri.
Attenzione però, perché c’è un altro precedente che ha come protagonisti Giovanni Favia e Luigi Di Maio, dove nella pagina Facebook di quest’ultimo ci fu un post che il primo ritenne diffamatorio nei suoi confronti. Stiamo parlando di una situazione riscontrata nel novembre 2016:
Un’inchiesta per la quale i magistrati della capitale avevano però chiesto l’archiviazione perché, asserivano, non era possibile risalire alla titolarità dei profili che pure portavano il nome del vide presidente della Camera. […] Nelle scorse ore è quindi arrivata la decisione della Gip Gerardi che invece avrebbe messo nero su bianco che il sito e i profili twitter e facebook sono perfettamente e “certamente” riconducibili a Di Maio, e che per questo il parlamentare campano va iscritto sul registro degli indagati.
[Aggiunta delle ore 9:40] C’è anche un precedente che riguarda lo stesso Beppe Grillo ed un suo post non firmato del 2012 dal titolo “I tesorieri“, dove fu prima condannato per diffamazione e poi assolto. [Fine aggiunta delle ore 9:40]
Siccome piace la tesi difensiva del “post firmato“, eccone uno del 2012 firmato da Grillo dal titolo “Il M5S è morto, viva il M5S” dove afferma quanto segue:
“E’ ora di chiedere la testa editoriale di Casaleggio”
Vorrei ricordare, ancora una volta, che la responsabilità editoriale del blog è esclusivamente mia, che il programma comunale e regionale non è scritto da me o dallo staff, ma direttamente dalla lista.
In quel post veniva riportata una discussione tratta da un forum privato tra eletti del Movimento 5 Stelle in cui si concludeva con la richiesta della “testa editoriale di Casaleggio“. A quel punto Beppe si prese l’esclusiva responsabilità editoriale del Blog. Che cosa significa? Per caso si ammette che il Blog è un “prodotto editoriale” e bisogna quindi considerargli la stessa responsabilità editoriale di un direttore di una testata giornalistica?
Condivido le parole di Guido Scorza su Il Fatto Quotidiano:
Il punto cruciale di questa vicenda è questo: se i più grandi lasciano passare il messaggio che online, dalle colonne di un blog che sembra il proprio blog, si può pubblicare un contenuto diffamatorio costringendo poi il diffamato a iniziare una caccia al tesoro per trovare il vero autore e, quindi, il vero responsabile della diffamazione, poi sarà difficile difenderci tutti e difendere il web, quando, la prossima volta, Parlamento o governo proporranno una legge che impone ad ogni blogger di registrarsi in Tribunale o, magari, di rispondere di ogni bit di informazione in transito sulle proprie pagine.
Il diritto qui c’entra poco: è questione di buon senso e, anzi, di senso civico, di rispetto del prossimo, di esempi buoni dei quali si avverte un disperato bisogno, di imparare ed insegnare che per chiedere libertà occorre assumersi le proprie responsabilità.
Sulla questione “autore” del Blog vi consiglio anche la lettura tecnica dell’amico Matteo Flora.
Se nonostante tutto abbiate dei dubbi sulla questione e quanto da me riportato non vi basta, rispondete voi alle seguenti domande:
- Chi è colui che ha scritto i post non firmati citati nel mio articolo?
- Nel caso della denuncia per il tweet e il post sul Blog non firmati a chi andrebbe data la responsabilità?
- Perché non viene detto in maniera trasparente il nome del “responsabile” che ha cliccato sul tasto “pubblica” per condividere il tweet e lanciare il post sul Blog in modo da collaborare con le autorità competenti?
In ogni caso #usciteilnome.
Non mi resta che concludere con questa citazione: