Finalmente, dopo decenni di latitanza, si torna a parlare di Canapa tessile e a prendere in considerazione un riavvio delle filiere. Bentornata Canapa!
I primi progetti di impianti per la lavorazione della Canapa sativa arrivano da più regioni: Toscana, Marche, Umbria
La Canapa sembra si stia preparando a un glorioso ritorno nella scena industriale italiana. A impianti fissi, come quello in Toscana per la macerazione della fibra, si uniscono anche impianti mobili che abbattono i costi di lavorazione raggiungendo gli agricoltori sul posto. Quest’ultimo è il progetto di Tecnocanapa, l’impianto mobile che si sposterà operando direttamente sulle filiere. Si occuperà della Stigliatura, separando la fibra dalla parte legnosa (canupolo, poi impiegato nella bioedilizia). Della pianta non si spreca nulla e i suoi usi sono molteplici. Bentornata Canapa!
La Canapa: il bio-tessuto del futuro… E non solo
Le caratteristiche di questo affascinante arbusto sono molteplici. Innanzi tutto, grazie al suo rapido accrescimento, è capace di assorbire grandi quantità di CO2 dall’atmosfera. Inoltre non richiede l’uso di pesticidi e ha bisogno di pochissima acqua. Il tessuto che se ne ricava è resistente e mantiene le qualità della pianta: regola l’umidità del corpo, è traspirante e perfino antisettico. Ma dalla canapa possiamo ricavare anche la carta e sostituire completamente la plastica derivata dal petrolio. La ben tornata Canapa è perciò in grado di fornire una soluzione alla devastante attualità dell’inquinamento.
Non dimentichiamo che la Canapa è anche un importante medicinale
La Canapa ricca di resina è in realtà prima di tutto un importante medicinale. Prima della diffamazione degli anni Trenta, la Canapa veniva utilizzata senza alcun problema. A volte era somministrata anche ai bambini (rispettando ovviamente le giuste dosi, così come si fa per qualunque medicinale). Una volta resa illegale divenne agli occhi di tutti una droga pericolosa. Ipotizziamo, per assurdo, che la Salvia (dai blandi effetti allucinogeni) sia d’un tratto etichettata come droga. Ne conseguirebbe la proibizione assoluta di utilizzo. Niente più arrosti aromatici e quella che consideravamo un’ottima spezia perderà tali credenziali. Per tutti sarà soltanto una pericolosa sostanza spacciata di nascosto. Così avvenne per la Canapa, trascurando le sue altre utilissime qualità e mettendo in evidenza solo la caratteristica tossica.
Canapa sativa e Canapa indaca. Quasi irriconoscibili ma molto diverse
Esistono diverse varietà di canapa. Ci sono quelle coltivate tradizionalmente in Europa per produrre tessuti (cannabis sativa) a basso contenuto di resina e quelle originarie dell’Oriente ricche invece della resina contenente i cannabinoidi responsabili dell’effetto psicoattivo (cannabis indica). Le due tipologie sono quasi identiche e questo ostacolava gli agricoltori. Infatti, anche se in questi ultimi anni era possibile coltivarla (se pur con mille limitazioni), di fatto la coltivazione della pianta a scopo industriale non era ancora libera. Tutto ciò impediva l’accesso agli innumerevoli utilizzi di questa pianta.
L’Italia primo produttore mondiale di Canapa fino al 1950. E poi, cosa è successo?
La Canapa è tato un tessuto presente per secoli in tutte le stoffe italiane, versatile ad ogni genere di lavorazione. Da essa, oltre ai tessuti, si ricavavano anche materie plastiche, carta, vernici e perfino il carburante per auto. Un “Oro Verde” di cui eravamo i primi produttori a livello mondiale. Purtroppo intorno al 1930 il petrolio prese il sopravvento sostituendo presto la Canapa.
La Canapa diffamata dai “signori del petrolio”. Dagli anni trenta losche manovre di potere
Il petrolio ben presto sostituì in tutto la Canapa. Con esso si producevano materiali plastici e vernici. La catena Hearst fabbricava carta ricavata dal legno degli alberi e il processo di lavorazione richiedeva grandi quantità di solventi chimici, forniti dall’industria chimica Du Pont. La Du Pont e la catena di giornali Hearst quindi si coalizzarono mettendo in atto una martellante campagna di stampa durata anni. Così facendo annientarono completamente l’ecologica concorrente.
Ma oggi finalmente, dopo 70 anni di oscurantismo, qualcosa sta cambiando
La Canapa, se tutto procede nel migliore dei modi, potrebbe tornare a essere il punto di forsa dell’industria italiana, come era nei primi dell’ottocento, quando perfino le vele delle caravelle di Colombo erano realizzate in fibra di Canapa. Una nuova ri-scoperta che ci permetterebbe di procedere a “vele spiegate” e donare nuovamente la meritata gloria al “Oro Verde” italiano. Poi chissà se partendo dall’impiego tessile, si potrà in seguito arrivare a sfruttare nella totalità tutte le potenzialità di questa pianta? Basterebbe abbattere anni di pregiudizi e tornare a vedere la Canapa come una buona opportunità per migliorare la vita nel rispetto della natura.
Sabrina Casani