Durante il consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite di questo martedì, lo scambio di battute tra Canada e Cina si è fatto acceso. Alla dichiarazione dell’ambasciatore canadese sulla situazione nello Xinjiang la Cina ha risposto con l’ultimo esempio di benaltrismo cinese: “e allora (what about) le atrocità dei colonizzatori in Canada?”
A Ginevra questo 22 giugno il Canada, insieme a più di 40 altri paesi (tra cui l’Italia), ha esortato la Cina a consentire “un accesso immediato, significativo e senza restrizioni” in modo che osservatori indipendenti possano visitare la regione occidentale dello Xinjiang. Gli esperti delle Nazioni Unite affermano che quasi un milione di uiguri e altri musulmani turchi sono stati detenuti nei campi di questa regione, ma il benaltrismo cinese vorrebbe concentrarsi su altro.
“Siamo seriamente preoccupati per la situazione dei diritti umani nella regione autonoma uigura dello Xinjiang”, ha affermato l’ambasciatore canadese Leslie Norton. La Cina ha anticipato la dichiarazione attaccando il passato coloniale del Canada. Citando la recente scoperta della fossa comune con 215 bambini nel sito di un’ex scuola residenziale, Jiang Duan, alto funzionario della missione cinese presso le Nazioni Unite, ha chiesto “un’indagine approfondita e imparziale” sul trattamento da parte del Canada dei popoli indigeni e il risarcimento delle vittime.
La dichiarazione di Jiang è stata letta a nome di Russia, Bielorussia, Iran, Corea del Nord, Siria e Venezuela, tutte nazioni accusate di violazioni dei diritti umani. “Storicamente, il Canada ha derubato gli indigeni della loro terra, li ha uccisi e ha sradicato la loro cultura”, afferma Jiang.
La risposta di Trudeau
Justin Trudeau ha affermato che il Canada ha avuto e continua ad avere un rapporto profondamente fratturato con i popoli indigeni, ma ha sostenuto che il Canada ha preso provvedimenti per riconoscere le ingiustizie del passato.
“Il viaggio della riconciliazione è lungo, ma è un viaggio che stiamo facendo. La Cina non riconosce nemmeno che ci sia un problema. Questa è la differenza fondamentale”, ha detto Trudeau ai giornalisti a Ottawa. “In Canada abbiamo una Commissione per la verità e la riconciliazione. Dov’è la Commissione cinese per la verità e la riconciliazione?” ha detto Trudeau. “Dov’è la verità [della Cina]?”
La Cina ha replicato ai commenti di Trudeau questo mercoledì tramite il portavoce del ministero degli Esteri. Zhao Lijian ha affermato in un briefing con la stampa a Pechino che il Canada non è nella posizione di criticare la Cina. “Dovrebbero riflettere sui loro cattivi precedenti con i diritti umani”, ha detto. “La sistematica discriminazione razziale della società canadese contro le minoranze non è migliore del suo vicino (gli USA)”.
Le origini del conflitto
La causa della recente espressione di benaltrismo cinese (in inglese Whataboutism), va ricercata nel progressivo deterioramento dei rapporti diplomatici e commerciali fra Canada e Cina. I commenti di Trudeau, infatti, metteranno a dura prova i legami tra il Canada e il suo secondo partner commerciale.
Le relazioni si sono inasprite costantemente a partire dall’arresto nel 2018 di un dirigente cinese delle telecomunicazioni e dalla successiva detenzione di due canadesi da parte di Pechino. Quest’anno, poi, il legislatore canadese ha approvato una mozione che designa il trattamento degli uiguri come genocidio. I parlamenti britannico, olandese e lituano hanno tutti approvato mozioni simili e due presidenti americani consecutivi hanno definito l’operato cinese un genocidio.
La fallacia del benaltrismo cinese
Il benaltrismo è un espediente retorico che consiste nell’eludere un tema o un problema posto in una discussione, adducendo semplicemente l’esistenza di altre problematiche più impellenti. Lo scrittore Garry Kasparov sostiene che questo termine nasce e rimane strettamente legato alla macchina propagandistica sovietica durante la guerra fredda.
Il benaltrismo cinese è, tra l’altro, conosciuto a Pechino da molte decadi. In lingua cinese si chiama “Stinky Bug Argument” (cinese tradizionale: 臭蟲論; cinese semplificato: 臭虫论; pinyin: Chòuchónglùn). Lu Xun, figura di spicco nella letteratura cinese moderna, conia l’espressione nel 1933 per descrivere la tendenza dei suoi colleghi ad accusare gli europei di “avere problemi ugualmente gravi” ogni volta che questi commentavano i problemi della Cina.
Ovviamente si tratta di una tecnica comune a quasi ogni panorama politico nazionale, ma la Cina sembra ricorrervi costantemente per gestire i conflitti diplomatici riguardanti i diritti umani.
“E allora gli schiavi?!?” e altre 10 frasi per dirottare l’attenzione
Gli attacchi della Cina al passato coloniale canadese, infatti, rispecchiano una strategia simile a quella usata contro gli USA all’inizio di quest’anno, dopo le richieste di boicottaggio del cotone dello Xinjiang. Usando foto storiche dei campi di cotone nel sud degli USA, il portavoce del ministero degli Esteri Hua Chunying affermò a gennaio che gli USA avevano una storia di violazioni dei diritti umani molto peggiore.
“Ecco un’immagine di schiavi neri costretti a lavorare nei campi di cotone negli Stati Uniti”, ha detto Hua. “Ecco un’altra immagine dei campi di cotone nello Xinjiang cinese, dove oltre il 70% del cotone viene raccolto con le macchine.” Il 4 dicembre 2019, un portavoce del ministero degli Esteri cinese ha commentato un disegno di legge che criticava le violazioni dei diritti umani cinesi: “I politici statunitensi parlano di “coscienza” con la Cina sulle minoranze etniche. Che ignoranza, che sfacciataggine, che ipocrisia! Hanno dimenticato? La lunga storia americana di due secoli è contaminata dal sangue e dalle lacrime degli indiani nativi, che originariamente erano padroni del continente”.
Stephanie Carvin, professoressa di affari internazionali alla Carleton University di Ottawa, ha affermato che la risposta cinese segue una formula collaudata. “Questo ‘whataboutism’ è un riflesso autoritario”, ha detto. “E non è nuovo. Il Canada ha affrontato critiche per il trattamento riservato agli indigeni anche da parte dell’Unione Sovietica durante la guerra fredda. è importante riconoscerlo per quello che è: una strategia per deviare da critiche significative, che, in questo caso, riguardano il trattamento degli uiguri nello Xinjiang”.
Francesco Maria Trinchese