Bellum et Circenses
Che la guerra sia un affare era ormai assodato, ma che fosse una delle più seguite telenovele del muovo millennio è una novità. Cambiano gli strumenti di distrazione di massa, cambiano i tempi con cui arrivano le notizie, e questi particolari non sono certamente secondari. La prova di questa turgida impotenza è qui, davanti a me; è questo schermo, a cui è attaccata una tastiera, un mouse, e – un po’ più in là – una scatola magica. Grazie a questo “armamentario” non solo il lontano si avvicina senza il fastidio del coinvolgimento, ma anche ciò che mi è prossimo può acquistare una siderale distanza di sicurezza.
Il mio non è altro che il ruolo dello spettatore. Certo, posso scegliere cosa vedere e cosa cercare – almeno in apparenza – ma gira che ti rigira, naviga che ti ri-naviga alla fine mi ritrovo sempre ad osservare e “condividere” tutto quello che il resto del mondo osserva e condivide.
Ora qualcuno mi potrebbe tirare fuori la teoria dei Memi di Richard Dawkins e non sarebbe di certo sbagliato; anche se è da considerare che un fantomatico meme dei memi è esso stesso un meme, dunque non se ne esce se non con una cattiva infinità. Ma una cosa è certa, la tensione bellica corre in rete perché l’atto intimidatorio (da qualunque parte provenga) ha come mezzo di trasporto l’atto imitatorio.
Un tempo si diceva che le notizie rimbalzavano, ora corrono in linea retta, spedite. Anzi, vanno letteralmente alla velocità della luce. Se capita di non coglierle è solo perché non siamo davanti a uno schermo, ma loro sono già arrivate, e questo capita con tutto: da una strage con agenti chimici su civili e bambini a un attacco missilistico, fino alla foto del nostro gatto pacioccoso e del primo piatto preparato ad arte.
Non è un caso che la più grande delle offese del nostro contemporaneo è il “visualizzato e non risposto”. La notifica di lettura ci obbliga alla necessità (in origine del tutto arbitraria) di una risposta, non solo il notificante può rimanerci male nel non ricevere risposta ma è lo stesso notificato a sentirsi obbligato a rispondere. Questo genera una sorta di etica coercitiva che ci spinge a “dover comunicare”. due o più persone si “legano” in un punto zero (l’inizio della conversazione) e il tasso di coinvolgimento reciproco è dato dal numero e dalla velocità delle risposte. Se l’altro risponde in modo lapidario o dopo un’ora o, peggio ancora, non risponde affatto, allora non ha interesse nel “far vivere la conversazione”.
Questo sistema è non solo semplice e tendenzialmente veritiero (se la donna che mi piace chatta più volentieri con l’idraulico che con me è molto probabile che mi darà buca perché avrà lo scarico rotto) ma addirittura sta alla base del gradimento globale: le notizie che sono più condivise sono quelle importanti, quelle che restano più o meno al punto di partenza – o viaggiano poco -, per quanto altrettanto veritiere scompaiono prima. E’ chiaro che tutto si dissolve, anzi deve dissolversi –guai all’imperituro -, ma ciò che si amplifica di più ed ha più consensi e condivisioni modifica la storia. Un solo macroesempio: la bufala delle armi chimiche di Saddam Hussein ha cambiato la storia, in peggio, ma l’ha cambiata. Non solo nessuno ha pagato per questo falso storico in itinere, per quanto ci fossero gli estremi per crimini contro l’umanità, ma addirittura il nostro presente è il frutto (marcio) di quel falso. A confronto delle truffe degli “Alleati” la donazione di Costantino è solo un raffinatissimo “unisci i puntini” della Settimana Enigmistica.
E noi spettatori? Qui la cosa si complica semplificandosi ad arte. Noi non possiamo che “inseguire” gli aggiornamenti e gli accadimenti, difficilmente ci è concesso il tempo di digerirli, figuriamoci di comprenderli e farci un’idea. Ogni evento ci spinge ad una risposta immediata; non a caso tendiamo a schierarci in modo temporaneo e contraddittorio. Un giorno diamo ragione agli americani, un altro ai russi, ieri eravamo pacifisti tolleranti ma appena ci giunge voce di un attentato subito vogliamo schierare flotte armate fino ai denti in Medio Oriente. Time-out please! Ci basterebbe un minimo di senso critico, il tempo un respiro e, senza avere la necessità di essere Lord Casco di Balle Spaziali, possiamo serenamente dichiarare che siamo circondati da str*nzi.
Qualcuno potrà dire che possiamo interagire, non siamo del tutto passivi, e questo proprio grazie ai mezzi a nostra disposizione. Beh, anche qui mi permetto di dissentire. Rispetto a chi fuori – nella realtà – compie azioni, l’agire mediatico, per quanto velocissimo, arriva sempre in ritardo. Le nostre interazioni sono sempre postume e – spesso – totalmente inutili. Il nostro contributo può essere al massimo critico, indignato, nei casi più malati di plauso, ma niente di più. Restiamo spettatori, se poi il pollice è verso o in alto conta poco …. tanto lo spettacolo lo fanno lo stesso.
fonte immagine_ il dottor Stranamore interpretato da Peter Sellers