“bell hooks”: una voce dal margine

bell hooks

Scrittrice, accademica e attivista, bell hooks è oggi tra le più importanti esponenti del femminismo intersezionale. Nonostante abbia pubblicato più di 30 libri e abbia fondato nel 2014 un proprio istituto di ricerca (il bell hooks Institute), la sua fama in Italia è ancora piuttosto marginale.

bell hooks: l’importanza del nome

Nasce nel 1952 a Hopkinsville, negli Stati Uniti, come Gloria Jean Watkins. È solo nel 1978 però, con la pubblicazione del suo primo libro di poesie (And there we wept) che il nome bell hooks vede ufficialmente la luce. Con la scelta del nome di sua nonna come pseudonimo letterario l’autrice non intende semplicemente omaggiare la donna, di cui ammirava la libertà e l’audacia nel parlare.

Si tratta soprattutto di un gesto politico. Con questa decisione, è come se bell hooks iscrivesse la propria nascita in una genealogia femminile, abbandonando la vecchia consuetudine patriarcale di attribuzione del nome.

È inoltre interessante notare il rifiuto delle iniziali maiuscole. Questo espediente grafico simboleggia la rinuncia a qualsiasi privilegio autoriale. La scrittrice infatti invita i suoi lettori a prestare maggiore attenzione alle idee e ai contenuti, piuttosto che alla voce che li esprime.

L’ esordio di bell hooks sulla questione femminile

Parallelamente alla sua carriera di docente universitaria, bell hooks continua a scrivere. Nel 1981 pubblica uno dei suoi testi più importanti: Ain’t I a Woman?: Black Women and Feminism. Si tratta di un’analisi della condizione delle donne nere dal XVII secolo all’epoca contemporanea.

L’autrice si serve anche della propria esperienza personale per dimostrare come, sulle donne nere, agisca un doppio livello di discriminazione e di oppressione. L’intreccio tra sessismo e razzismo le relega infatti al gradino più basso della scala sociale.

A partire da quest’opera bell hooks non smetterà di interrogarsi sui fenomeni prodotti dai diversi tipi di dominazione. Punta anche il dito contro le femministe bianche dell’epoca che si rifiutavano di includere la discriminazione razziale nella loro lotta.

Intersezionalità

L’idea di bell hooks si discosta dalla teoria proposta da alcune frange del femminismo, secondo la quale tutte le forme di oppressione derivano in ultima analisi dal patriarcato.

Per l’autrice è invece fondamentale cogliere la specificità di ogni dominazione, la peculiare maniera in cui si esercita e i diversi soggetti coinvolti. Allo stesso modo è altrettanto importante riconoscere le molteplicità che compongono l’identità di ciascuno.

Così facendo, risulterà chiaro che certi individui subiscono diversi livelli di discriminazione ed oppressione. Questa prospettiva sarà ulteriormente sviluppata da altre teoriche ed andrà a costituire la base della corrente del femminismo intersezionale.

Il margine

Esplorando ulteriormente le interconnessioni esistenti tra l’oppressione razziale e quella sessuale, bell hooks arriva all’elaborazione di uno dei suoi concetti più interessanti: quello di margine.

Essere al margine significa far parte dell’intero pur rimanendo staccati (e dunque invisibili) dal corpo principale. Tuttavia, il tentativo di bell hooks è di ripensare il margine come il luogo da cui è possibile irradiare nuove forme di resistenza. L’obbiettivo, dunque, non è rovesciare la prospettiva rendendo centrale ciò che è marginale.

Al contrario, è necessario riconoscere nel margine il luogo della specificità e della differenza. Il potere del margine consiste nell’annullare il centro come punto di propagazione delle gerarchie.

Il margine, che la comunità afro-americana conosce bene nella forma simbolica della schiavitù e in quella concreta dei ghetti, rappresenta per bell hooks quello spazio in cui, collettivamente, è possibile riappropriarsi della soggettività e mettere in atto nuovi processi creativi.

La casa e la cura

Nel caso specifico delle donne nere anche la casa può diventare uno spazio marginale da reinventare, investendolo di un significato nuovo. Un significato politico. Ancora una volta l’analisi di bell hooks si rivela originale e attenta a cogliere le specifiche sfumature che caratterizzano le differenti forme di oppressione.

Se per le femministe bianche il focolare domestico ha rappresentato per secoli il luogo della prigionia patriarcale, le donne nere hanno saputo riappropriarsene creando al suo interno uno spazio di resistenza.

Emarginate sul lavoro e dalla società. Il loro sforzo per costruire uno spazio sicuro di affetti tra le mura domestiche attribuisce al lavoro di cura un valore nuovo, radicalmente opposto a quello delineato dal patriarcato.

L’autrice non concepisce gli affetti come sentimenti, ma come azioni. Per queste donne, la casa diventa un’opportunità per creare uno spazio dove poter custodire qualcosa di prezioso, sottraendolo alla dominazione e alla discriminazione che avviene nello spazio pubblico.

Lo sguardo

Nella raccolta di saggi del 1992 Black Looks: Race and Representation, bell hooks riflette sul portato politico dello sguardo. Esso non è mai oggettivo e imparziale e in questo modo contribuisce a creare rappresentazioni escludenti o piene di stereotipi.

Inoltre, i neri sono stati privati del diritto di guardare già dai tempi della schiavitù, in cui un padrone bianco poteva punire uno schiavo semplicemente perché l’aveva guardato negli occhi. In seguito, questo diritto è stato negato impedendo l’accesso ai neri alla libertà di rappresentazione e auto-rappresentazione (ad esempio nel cinema o in altri media).

Male gaze e oppositional gaze

bell hooks nota che anche con l’emergere del cinema nero indipendente lo sguardo è rimasto prigioniero di uno schema escludente che Laura Mulvey aveva definito come male gaze. Con questo concetto si fa riferimento alla rappresentazione dei personaggi femminili nei media attraverso l’ottica maschile. Anche i registi neri, secondo bell hooks, hanno adottato questa prospettiva, proponendo un’immagine stereotipica della donna nera, relegandola ancora una volta ad oggetto sessuale privo di volontà e complessità.

Ecco perché è necessario un nuovo sguardo, che bell hooks definisce oppositional gaze, per affermare il diritto di guardare come vero e proprio atto di ribellione. È necessario uno sguardo divergente da quello che si è imposto finora attraverso i media. Questo sguardo, secondo l’autrice, avrà anche il potere di cambiare il modo in cui percepiamo la realtà.

Leggere bell hooks oggi

L’opera di bell hooks è profondamente attuale perché ci parla di questioni ancora irrisolte e di pregiudizi che continuano a dare forma a un mondo in cui sopraffazione, discriminazioni ed esclusioni sono ancora lontani dall’essere eliminati.

La prospettiva intersezionale appare oggi più che mai fondamentale. Per non assuefarci alla narrazione dominante che appiattisce le diversità e impedisce un reale processo individuale e collettivo di autodeterminazione. La potenza delle parole di bell hooks ci ricorda che il pensiero è azione e che uscire da questi schemi preconfezionati non solo è possibile, ma è necessario.

 

Giulia Della Michelina

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