Basquiat, il maledetto

Dal 28 ottobre al 26 febbraio 2017, al MUDEC di Milano sarà presente la collezione di Jean Michel Basquiat.

basquiat

“Come ogni artista maledetto Jean-Michel Basquiat, scomparso nel 1988 a soli 27 anni, è riuscito nell’arco brevissimo di pochi anni a costruire una leggenda attorno alla sua figura e alla sua arte.” (sito MUDEC)

Ribelle, particolare, “matto” sono alcuni degli aggettivi che ritroviamo più spesso collegati al suo nome.

Autore eccezionale. Capito, come i più maledetti, solo dopo la sua morte. Uno tra i pochi a fare della sua vita un vero capolavoro.

Tuttavia, nelle scuole non è ancora insegnato. Pochi sono i professori che riescono a raggiungere questo “pezzo” di storia così vicino ma anche così lontano dai nostri giorni.

Nato a Brooklyn nel 1960, figlio di un contabile haitiano e di una statunitense con origini portoricane, non ha vita facile.

Lascia la scuola molto presto e, nel 1977, incontra Al Diaz, noto “graffitaro” delle strade di Manhattan. Con lui comincia una vera e propria vita da sbandato, disegnando nelle strade di New York e facendo uso di LSD e altre droghe pesanti.

Sarà alla morte di Al Diaz che Basquiat non si firmerà più con il nome di SAMO (Same Old Shit).

La fortuna vuole che in un negozio di Soho (periferia di New York) incontri Andy Warhol senza però suscitare in quest’ultimo troppo interesse. Tuttavia continuerà con le sue opere per “urlare” al mondo la vita di tutti i giorni vista con gli occhi di un nero.

Famoso non solo per le sue opere ma anche per essere un ottimo musicista e una delle prime fiamme di Madonna. È un personaggio oscuro che non riesce a calibrare la vita privata e la vita pubblica.

Nel 1981 partecipa alla New York/New Wave con i più grandi dell’epoca: Robert Mapplethorpe, Keith Haring, Andy Warhol e Kenny Scharf. Da lì comincerà la sua ascesa nel mondo dell’arte. Esporrà le sue opere in molte città del mondo, compresa l’Italia.

Venti anni dopo la sua prima mostra al Whitney Museum of American Art (1992-1993) e dieci anni dopo la retrospettiva al Brooklyn Museum of Art (2005), questa esposizione mostrerà il ruolo centrale di Basquiat nella generazione dei suoi artisti coetanei e la funzione della sua arte come un ponte di collegamento tra le diverse culture“. (Sito MUDEC)

La conoscenza e poi l’amicizia con Warhol influenzeranno molto le sue opere che riflettono le condizioni della società afroamericana in un Paese che dice di non essere razzista ma attua ancora una selezione in tutti i luoghi pubblici.

Muore a 27 anni dopo un’overdose di eroina.

La mostra “A cura di Jeffrey Deitch e Gianni Mercurio.
Con quasi 100 opere provenienti da collezioni private. Attraversa la breve ma intensa carriera di Basquiat. […] In modo diretto e apparentemente infantile Basquiat e’ stato in grado di portare all’attenzione del grande pubblico tematiche essenziali sull’identità umana e sulla questione dolorosa e aperta della razza. È stato un personaggio fondamentale nella storia contemporanea americana perché capace di intrecciare, unico per quei tempi, l’energia urbana dannata di New York con le sue radici africane segnate dalla schiavitù e dalla diaspora“.
(sito MUDEC)

Capita raramente di imbattersi in un’opera di Basquiat. E capita ancora più raramente che uno si accorga di essere davanti a uno dei più grandi pittori del XX secolo.

Che conosciate o meno questo autore, non fatevi intimorire dalla sua tecnica e dai suoi disegni talvolta oscuri. Cercate di scoprire cosa vi comunica e sappiate che nemmeno “il maledetto” credeva nei critici d’arte.

“Non ascolto ciò che dicono i critici d’arte. Non conosco nessuno che ha bisogno di un critico per capire cos’è l’arte”. (J.M. Basquiat)

Federica Castellini

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