Scoppia la guerra: il problema delle banche italiane in Russia

banche italiane in russia

Le banche italiane in Russia sono esposte per 25 miliardi. Cosa significa, però, ora che è scoppiata la guerra e che si parla di sanzioni?




Sono ore molto convulse quelle appena successive allo scoppio di una guerra. Mentre si cerca di anticipare la prossima mossa di Vladimir Putin e dell’esercito russo in Ucraina, parlando di sanzioni economiche, il pensiero va immediatamente ai dati pubblicati qualche giorno fa in merito all’universo bancario internazionale e, ovviamente, alle conseguenze che ogni economia potrebbe doversi trovare ad affrontare da qui a pochi giorni. 

Le banche italiane e non solo in Russia

Un settore particolarmente esposto, per quelli che riguardano il nostro Paese, è sicuramente quello bancario. Le tabelle della Banca dei Regolamenti Internazionali, una sorta di “banca centrale delle banche centrali” risalgono appunto a qualche giorno fa e hanno reso noti i dati del terzo trimestre del 2021. Da Basilea, città sede della BRI, arrivano considerazioni importanti per le banche italiane, anche se certamente non vere e proprie novità. Verso la Russia, le banche italiane risultano essere le più esposte,  insieme a quelle francesi: i nostri istituti, praticamente, vantano un credito nei confronti di aziende e realtà russe per 25,3 miliardi di dollari, a cui si aggiungono altre potenziali esposizioni, come i 6 miliardi di garanzie. 

Per fare un paragone, tra gli altri sistemi bancari nazionali che potrebbero risentire fortemente della guerra (e delle successive sanzioni) ci sono appunto quello francese, esposto per 25,1 miliardi, e quello austriaco, che si ferma a 17,5. Seguono poi gli Stati Uniti, con 14,6 miliardi prestati ad aziende e realtà russe, e la Germania, che si attesta sugli 8 miliardi.

Cosa significa per una banca essere esposta?

Partiamo dalla premessa più semplice: le banche usano i soldi che i risparmiatori affidano loro per concedere prestiti, mutui e finanziamenti di vario genere ad altri clienti, siano essi privati, aziende o grandi gruppi. Fondamentalmente, quindi, quando ognuno di noi lascia i suoi soldi sul conto corrente sta portando avanti un grosso atto di fiducia: in primis, nei confronti della banca a cui li affida e, indirettamente, nei confronti delle persone a cui questa banca presterà i nostro soldi. Ogni risparmiatore sceglie o dovrebbe scegliere una banca, tra le altre, non sono per le agevolazioni che questa gli consente, ma anche per la sua solidità e affidabilità. Semplificando moltissimo: voi, Giovanni, date i vostri soldi a un amico, la Banca, e questo li presta a un altro amico russo, Ivan. Naturalmente voi riponete moltissima fiducia nell’amico Banca, che sceglierà se prestare i soldi a Ivan, in base alla sua solvibilità, cioè la capacità che avrà Ivan di resituire i soldi a lei, che quindi li potrà ridare anche a voi, Giovanni.

Le tensioni internazionali e le banche italiane in Russia

Quando però si mettono di mezzo le tensioni internazionali e, giustamente, come in questo caso, si invocano le sanzioni, la questione si complica. Le sanzioni che infatti prevedono le istituzioni comunitarie andranno a intaccare fortemente i patrimoni europei (e non certamente quelli ben riparati nei paradisi fiscali) che gli oligarchi russi detengono. È tutto un gioco di pressioni, una sorta di risiko finanziario: l’Unione Europea dovrebbe colpire i patrimoni dei gruppi industrali russi in modo che i proprietari bussino alla porta di Putin e lo convincano a modificare il suo comportamento. C’è il rischio però, che Mosca opti invece per introdurre delle controsanzioni. 

E se non restituissero i soldi?

Lo scenario è problematico se, dunque, coloro a cui sono stati prestati dei soldi dalle banche italiane, poi, decidessero di non restituirli. Potrebbero non essere più in condizione di ripagare i loro debiti oppure, magari, potrebbero non mantenere le loro promesse come scelta politica, nell’ottica di queste controsanzioni. Non secondario, poi, è il ruolo delle banche nei commerci, soprattutto per quanto riguarda le materie prime.

Le banche più esposte in Russia

Se si guarda invece ai singoli istituti più esposti, il primato spetta invece alla banca austriaca Raiffeisen. Quest’ultima realizza il 20% dei suoi ricavi in Russia. I suoi prestiti, considerando anche l’Ucraina, ammontano a 10,5 miliardi. C’è poi la francese Societé Générale che ha prestato a realtà russe 8,7 miliardi e che ricava dal Paese il 4% dei suoi ricavi.

Banche italiane in Russia: Unicredit

Al terzo posto delle banche maggiormente esposte c’è l‘italiana Unicredit, che è approdata in Russia nel 2005, dopo essersi fusa con una controllata di HVB, già presente nel Paese. Unicredit, attualmente, ha circa 2 milioni di clienti tra i risparmiatori privati, mentre 30 mila sono le aziende russe con cui intrattiene rapporti. Gli sportelli sul territorio sono 72 e hanno erogato circa 8 miliardi in prestiti. Guardando ai numeri che girano, è chiaro che per un sistema bancario nazionale, 25 miliardi possano rappresentare una cifra non così significativa. Questo vale anche considerando che nel 2021, la presenza in Russia ha garantito a Unicredit un utile di circa 180 milioni sui 3,9 miliardi totali.

Le prime conseguenze

I rischi geopolitici, in realtà, avevano già complicato i progetti imprenditoriali del gruppo. Unicredit si era mostrata interessata all’acquisizione di Otkritie Bank, un istituto russo già oggetto di un salvataggio pubblico e poi rimesso sul mercato, con i suoi quasi 500 sportelli e 44 miliardi di attività. La crisi politica delle scorse settimane, però, aveva causato a Unicredit un forte ribasso in Borsa, che era corsa ai ripari rassicurando i suoi clienti e abbandonando, con le parole dell’amministratore delegato, il progetto su Otkritie. 

Un altro istituto italiano fortemente presente in Russia è Intesa Sanpaolo, dalle cui mani passano la metà delle operazioni commerciali con l’Italia. Investe e affianca progetti russi nazionali e internazionali e lo fa attraverso le sue 28 filiali e un migliaio di dipendenti, per un valore di circa 1 miliardo di euro. 

Quale ruolo per le sanzioni?

Qualche giorno fa Ursula von der Leyen e Charles Michel avevano anticipato la portata delle sanzioni che avrebbero colpito le banche in caso di guerra. In particolare si è accennato a “banche che stanno finanziando operazioni militari russe e di altro tipo in quei territori”. L’obiettivo, dunque, è evitare che il governo russo riesca a raccogliere capitali sui mercati finanziari europei. Questa manovra, passa, ovviamente, anche dal divieto di commerciale i titoli di Stato russi, che rimarrebbero bloccati (come soldi spesi e su cui è impossibile lucrare) soprattutto in Italia, Austria e Francia. 

Il rischio contagio

Quello che si teme, dunque, è il rischio contagio per gli istituti bancari europei, in caso di sanzioni finanziarie al Paese di Putin. In queste ore, dunque, i diplomatici di tutta Europa stanno cercando di chiedere a Bruxelles di valutare attentamente le conseguenze negative per i singoli Paesi. La soluzione sarebbe quella di compensare con misure comunitarie quei Paesi che,  come l’Italia, hanno forti legami finanziari con la Russia. Si fa presto, quindi, a dire sanzioni. Poi, però, nella pratica, bisogna capire se esiste davvero il margine per applicarle, senza andare a picco, insieme a chi si vuole colpire. 

Elisa Ghidini

 

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