I gruppi armati che in Iraq arruolano bambini soldato, violando così un principio cardine del diritto internazionale e commettendo crimini di guerra.
I bambini soldato sono una tragica realtà che ha caratterizzato varie guerre nel mondo. Una realtà che non accenna a diventare passato.
Human Rights Watch denuncia il reclutamento che avviene in Iraq da parte dei gruppi armati affiliati al Partito dei lavoratori del Kurdistan. Rapiti con la forza, questi ragazzi rischiano altre violenze e abusi nel caso in cui tentino una fuga.
Hrw ha documentato 29 casi, nell’Iraq del nord, in cui sono stati reclutati bambini curdi e yezidi. I gruppi armati colpevoli di tali azioni sono: Hêzên Parastina Gel (HPG), che è il braccio destro del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK), e il Yekîneyên Berxwedana Şingal (YBŞ), una milizia della comunità religiosa Yezidi.
Zama Coursen-Neff, responsabile diritti dei bambini di Hrw, invita il PKK a denunciare queste pratiche che vanno contro i principi del diritto internazionale. Infatti, reclutare ragazzi al di sotto dei quindici anni è considerato un crimine di guerra.
“Boys and girls should be with their families and going to school, not used as means to military ends.” (Zama Coursen-Neff)
Gli stessi bambini testimoniano di aver partecipato attivamente ai combattimenti. Altri ancora affermano di di essere stati impiegati per pulire le armi o come “assistenti” nei posti di blocco. Il diritto internazionale proibisce in modo categorico l’arruolamento di ragazzi sotto i quindici anni, anche nel caso si tratti di “volontari”.
Questi bambini soldato vengono spesso strappati alla propria famiglia, la loro istruzione viene compromessa e la loro infanzia definitivamente stroncata. Sono gli stessi genitori a raccontare il tragico allontanamento dei figli, con i quali poi non riescono più ad avere alcun contatto.
“I just want to contact him, just let him call me to say he hasn’t been shot” (Padre di un ragazzo curdo).
Il governo regionale del Kurdistan tratta questi bambini come criminali; li arrestano e li maltrattano per giorni. Nemmeno le famiglie sono al sicuro: esse vengono allontanate dai campi profughi se si scopre l’arruolamento dei loro figli. L’altro rischio è l’arresto da parte delle forze di sicurezza Asayish.
“The first time they arrested me, the Asayish, they held me for five days, they beat me with their hands and said that if I left the camp again, they would arrest my family” (ragazzo sospettato di essersi arruolato con i gruppi armati affiliati al PKK).