In occasione della Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, dello scorso 20 novembre, l’Unicef ha messo in luce le disastrose conseguenze per i bambini causate dalla pandemia. Se è vero che i sintomi da Covid-19 rimangono per loro lievi, è anche vero che le misure messe in atto per contrastate l’emergenza sanitaria avranno un forte impatto a lungo termine su istruzione, nutrizione e benessere di un’intera generazione.
Una situazione che si aggiunge a un quadro già problematico. Il rapporto “Global Estimate of Children in Monetary Poverty: An Update”, pubblicato a fine ottobre da Banca Mondiale e Unicef stima che, prima della pandemia, nel mondo 356 milioni di bambini – uno su 6 – vivevano in condizioni di estrema povertà: un dato destinato a peggiorare. Povertà estrema significa lotta per la sopravvivenza. E il dato fa rabbrividire.
Nell’analisi si evince che “la povertà infantile è più diffusa nei Paesi fragili e colpiti da conflitti, dove oltre il 40% dei bambini vive in famiglie estremamente povere, rispetto a quasi il 15% dei bambini di altri paesi”.
Ricchezza e sostenibilità
Un dato emerso in una ricerca dell’Unicef di un paio di anni fa evidenzia come lo stato di povertà non attiene solo ai Paesi fragili. A sorpresa, le analisi attengono anche alla situazione infantile nei paesi più ricchi del pianeta. Il rapporto “Costruire il futuro – I bambini e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile nei paesi ricchi”, misura la qualità della vita dei bambini e degli adolescenti in questi paesi in base agli indicatori degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile; emerge che un bambino su cinque, nei Paesi ricchi, vive in relativa povertà economica. Inoltre, uno su 8 si trova ad affrontare problemi di insicurezza alimentare, in parole povere, soffre la fame. Ovviamente con differenze tra paese e paese. Un bambino su 8 rappresenta la media in paesi ad alto reddito, aumentando a 1 su 5 nel Regno Unito e negli Stati Uniti, e a 1 su 3 in Messico e Turchia.
Benessere è anche salute mentale
Ma benessere e sostenibilità non significa solo buona nutrizione. Il bambino deve poter crescere in un clima psico-fisico positivo. E per garantirlo servono risorse, ma anche la volontà di realizzarlo. Lo stesso Rapporto riporta dati preoccupanti in tema di istruzione, tasso di alcolismo e suicidio, bullismo. Un altro recente studio presentato lo scorso settembre conferma questi dati. Secondo il recente Report Card 16, sempre dell’UNICEF, nella maggior parte dei paesi, meno di 4 bambini su 5 si ritengono soddisfatti della loro vita.
Il Report Card
I Report Card dell’UNICEF (in corso da 20 anni) utilizzano dati nazionali comparabili per stilare una tabella dei paesi sull’infanzia. Un’analisi dei fattori che condizionano il benessere dei bambini nei paesi ricchi, utilizzando dati pre-COVID per ordinare i paesi UE e OCSE in base alla salute mentale e fisica dei bambini e alle loro competenze accademiche e sociali. Secondo questi indicatori, i Paesi Bassi, la Danimarca e la Norvegia risultano come i 3 migliori paesi in cui essere un bambino tra i paesi ricchi.
La Turchia registra il livello di soddisfazione minore, al 53%, seguita da Giappone e Regno Unito. I bambini con famiglie che danno loro meno supporto e coloro che sono vittime di bullismo soffrono di una salute mentale significativamente peggiore.
Quanto si investe nelle politiche per l’infanzia?
Alcuni dati fanno riflettere su come venga “utilizzato il benessere” nei paesi a medio o alto reddito. La Norvegia, l’Islanda e la Finlandia hanno le politiche e i contesti migliori per supportare il benessere dei bambini. Ma in media, i Paesi spendono meno del 3% del loro PIL nelle politiche per le famiglie e i bambini. E i dati illustrano gli effetti: circa 1 bambino su 3 in tutti i paesi è obeso o in sovrappeso; la Lituania registra i tassi più alti di suicidio fra gli adolescenti – una delle cause principali di morte fra i bambini e i ragazzi di 15-19 anni nei paesi ricchi – seguita da Nuova Zelanda ed Estonia. In media, il 40% dei bambini in tutti i paesi OCSE e UE non possiede competenze di base di lettura e matematica entro i 15 anni.
Il numero di giovani tra i 15 e i 19 anni che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione (NEET) è diminuito in 30 fra 37 Paesi. Tuttavia, questi importanti traguardi rischiano di diminuire a causa dell’impatto dovuto al COVID-19.
L’Italia
“L’Italia si posiziona 19esima su 38 paesi per quanto riguarda i risultati generali sul benessere dei bambini, solo 34esima – su 41 paesi – per quanto riguarda le politiche e le condizioni che generano benessere”, ha dichiarato Francesco Samengo, Presidente dell’UNICEF Italia.
Siamo al nono posto per la salute mentale: i bambini con un’alta soddisfazione per la vita a 15 anni nel nostro paese sono il 76%, a fronte di una media (negli altri paesi) del 75,7%; il tasso di suicidio è del 2,5 su 100.000, a fronte di una media di 6,5 su 100.000.
Per quanto concerne la salute fisica, preoccupano i tassi di sovrappeso e obesità dei bambini: l’Italia è 31esima, con il 36,9% di persone tra 5 e 19 anni in sovrappeso o obese. Per quanto riguarda le competenze, il nostro paese è 15esimo: il 58,1% dei ragazzi di 15 anni possiede competenze di base di lettura e matematica (rispetto ad una media complessiva 62,3%).
La situazione pandemica ha avuto gli effetti più devastanti sui bambini e sui ragazzi. La perdita di membri della famiglia e di amici, gli stati di ansia, le restrizioni in casa, la mancanza di supporto e vita sociale, la chiusura delle scuole, lo scarso accesso all’assistenza sanitaria. Fattori disastrosi che insieme all’impoverimento generale dell’economia colpiscono duramente la salute fisica e mentale dei bambini. Se le politiche prima investivano poco, speriamo che almeno adesso abbiano una maggiore sensibilità per farlo.
Marta Fresolone