Bambini influencer, i disagi degli show

Show

Sempre più genitori, ingenuamente o dolosamente insensibili, espongono i propri pargoli agli show della larga visione social.

Buona parte dei colpevoli fa ciò per passatempo, senza la mira di un tornaconto diverso dai teneri commenti e “mi piace” di un numero ristretto di persone. Minor e peggior parte, invece, compie tali azioni per vantaggi più grandi, cinici ed egoistici. Dall’immagine di un bambino-influencer-prodotto si possono ricavare fama, soldi e consensi. E questo, i se pensanti astuti, lo sanno molto bene.

Show e focus da evitare

Lo “sharenting”, la pratica di rendere “personaggio pubblico” il proprio bambino o la propria bambina, promuove negatività potenzialmente vitalizie. Esercitato spesso al di sopra dell’esplicito consenso del ripreso o della ripresa, che si configura usualmente in un lattante incapace di esprimere la propria volontà, potrebbe danneggiare la “vittima dell’esibizione” dal punto di vista identitario: sociale e psicologico.

L’autrice statunitense Leah Plunkett ha scritto del fenomeno nel suo libro  Sharenthood: Why We Should Think before We Talk about Our Kids Online. La Plunkett, puntando il dito sull’irresponsabilità adulta, ha focalizzato come pericolo primario quello relativo alla diffusione di informazioni riservate.

Dal momento della pubblicazione, ogni frame di video e pixel di foto, può diventare soggetto dell’osservazione, dell’analisi e dell’attacco di un qualunque hater mal dicente o delinquente mal agente.

Il rispetto della privacy non dovrebbe prospettarsi con l’avanzare dell’età, eppure ne segue il progresso. Indicativamente, educono degli studi statunitensi, più diventi grande, più attenzioni la tua riservatezza. Per questo, da infante, da non autosufficiente, dovrebbero essere i tutori a proteggere la tua figura, schivando la vulnerabilità inducibile dalla pubblicizzazione.



I disturbi della psiche

Oltre le succitate, sono state riconosciute altre dannosità nel processo educativo. Un piccolo, sotto i riflettori di un assiduo show digitale, potrebbe incorrere nel rischio di confondere la realtà fisica con quella virtuale, creando per sé una visione della realtà promiscua. Scaturirebbero da questo, disagi concernenti le difficoltà nel rapportarsi con gli altri piccoli.

Infine, possiamo difficilmente prevedere le conseguenze a lungo termine di tali vizi. Perché solo in futuro, quando un quantitativo campionabile di neonati “z” diventeranno adulti, e il loro sviluppo completo sarà valutabile come tale, potranno essere condotti studi e analisi determinanti la verità.

Gabriele Nostro

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