Lo studio proviene dall’Università di Plymouth ed è stato pubblicato su Science robotics, conferma la fascinazione che i bambini (ma anche molti di noi aggiungerei io con una battuta) hanno per i robot.
Lo studio non è ozioso come potrebbe sembrare a prima vista e non si tratta in realtà di uno studio solo su bambini e robot, ma sugli umani, sia adulti che bambini, e la loro reazione alle valutazioni espresse da robot, la materia è tutt’altro che di insignificante importanza vista la diffusione che i robot domestici avranno nei prossimi anni.
Il tutto si è basato sulla somministrazione, in versione riveduta e corretta, di un esperimento risalente agli anni ’50 conosciuto come esperimento di Asch (dal nome dello psicologo polacco Solomon Asch).
Si trattava un esperimento di psicologia sociale e consisteva nel mostrare alle persone quattro linee verticali su uno schermo e chiedere loro quali erano uguali in lunghezza. Il risultato fu che quando le persone erano da sole il tasso di successo era altissimo, ma quando erano interrogate insieme ad altre tendevano a conformarsi all’opinione degli altri aumentando la percentuale di errore.
La versione dell’esperimento condotta dal team capitanato da Anna Vollmer, ricercatrice a Plymouth e Tony Belpaeme professore di robotica presso la stessa università, ha introdotto dei partecipanti robotici per indagare se gli umani reagissero allo stesso modo, conformandosi alle “opinioni” delle macchine come a quelle dei loro pari umani. Il risultato ha mostrato una totale divaricazione tra il comportamento degli adulti, che non sono stati influenzati da ciò che dicevano le macchine, e quello dei bambini che si sono conformati fino a scendere da una percentuale di successi dell’87% al 75%, con una identità tra i loro errori e quelli delle macchine pari al 74%.
Questo risultato da un lato dischiude delle possibilità di impiego positivo di questa influenza dei robot sui bambini, dall’altro suscita preoccupazioni sulla capacità di influenzare le loro opinioni (a fini commerciali e non solo). I ricercatori di Plymouth lavorano da alcuni anni attivamente sull’impiego positivo, con un programma chiamato ALIZ-E che serve per far accettare ai bambini diabetici la loro condizione e un altro chiamato L2TOR che mira a realizzare un robot che aiuti i bambini in età prescolare nell’apprendimento di una seconda lingua.
Roberto Todini