Ciò che riguarda l’esperienza infantile dovrebbe sempre tener conto di caratteristiche e attitudini personali piuttosto che di imposizioni sociali determinate dal genere di appartenenza. È una questione di fondamentale importanza per l’eliminazione degli stereotipi e, soprattutto, per un sano sviluppo psicofisico.
Di stereotipi di genere si parla oggi ampiamente. La società sta, gradualmente, prendendo coscienza che una rigida divisione di ruoli, diritti e doveri non è nella natura delle cose ed è, anzi, una norma sociale deleteria e da cambiare. Ancora molto, però, c’è da fare, a partire dall’educazione dei più piccoli. Bambini e costruzione dell’identità dovrebbero essere salvaguardati. È lì che comincia tutto. È durante l’infanzia che si plasmano le persone e il domani. Ed è da quel momento che bisogna far originare il cambiamento. Un cambiamento che non influirà solo sulle dinamiche sociali e umane del futuro ma, anche e soprattutto, sulla sana formazione di ciascun essere umano.
Ogni essere umano è unico e irripetibile
Ogni essere umano nasce con una propria individualità e un corredo di caratteristiche uniche e irripetibili che ha il diritto di esplorare e assecondare per vivere una vita piena e degna di essere vissuta. Ci riferiamo, qui, a caratteristiche che non dovrebbero essere minimamente influenzate da ciò che la società stabilisce per ognuno di noi ma esclusivamente dal nostro personale modo di essere e di sentire. Dalla nostra natura, per citare un termine usato e abusato, spesso e volentieri, in maniera errata.
Per dirlo in termini più chiari e concreti, nessuno ha il diritto di stabilire cosa debba piacere a un bambino o a una bambina.
Stereotipi che partono dall’infanzia
Il rosa e l’azzurro possono essere il colore preferito di entrambi o essere detestati, in egual modo, da tutti e due.
Una bambina non deve per forza sentirsi gratificata dal ricevere bambole, cucine, ferri da stiro e tutto ciò che serve a simulare la brava donnina che il mondo vuole che diventi. Può, invece, scegliere di giocare con macchinine, ruspe e camioncini, se lo desidera, senza che le venga rimproverato di essere strana. O può manifestare entusiasmo nell’approcciarsi a entrambi i tipi di gioco.
Allo stesso modo, un bimbo, può mostrarsi felice di portare in giro per casa un passeggino con una bambola dentro e, magari, non desiderare di giocare con macchine e supereroi. Oppure può voler fare entrambe le cose.
La danza può essere attitudine di bambini e bambine. E il calcio pure.
Le bambine possono preferire giochi di forza fisica e i bambini giochi di ruolo legati alla cura.
Le bambine non devono, necessariamente, immedesimarsi nel ruolo delle principesse e i bambini in quello dei principi.
I bimbi e le bimbe possono volersi mascherare da qualunque cosa, in un determinato momento della loro crescita, li faccia sentire a proprio agio con la propria individualità.
Perché si continuano a ignorare certe evidenze?
Si potrebbe continuare all’infinito, perché la personalità di un essere umano è così vasta e sfaccettata che non si può ridurre a qualche esempio e non si presta a generalizzazioni. Ma i casi appena citati dovrebbero bastare ad arrivare al succo del discorso.
E il succo è che limitare la libertà espressiva dei bambini e frenarne l’istinto, oltre a far danni alla società, ne provoca molti nei bambini stessi.
Sono assunti ormai noti ai più. Sono fondamenti di psicologia che, quasi chiunque conosce. E allora perché si tende, inevitabilmente, a ignorarli?
Insomma, c’è un’attenzione talmente alta, negli ultimi anni, sulle tematiche educative, che sembra ridondante ripetere certe cose. Genitori, educatori e professionisti di ogni genere aggiornano costantemente competenze e conoscenze, in un processo di formazione continua che si sta rivelando utile a migliorare la qualità della vita, sin dalla più tenera età. E le fonti da cui prendere spunto e imparare sono ormai infinite, se si pensa alla vastità di web e social media. Eppure alcune cose si continuano, volutamente o inconsciamente, a ignorare.
Resistenza dei costrutti sociali
Il cambiamento, in certi casi continua a restare solo teorico e, quasi mai, messo in pratica. L’indissolubilità di certi costrutti sociali è radicata e incontestabile.
Il rosa è ancora, per i più, il colore delle femmine e l’azzurro quello dei maschi. Lo è a partire dal fiocco esposto fuori casa ad annunciare l’arrivo di una nuova vita. E continua ad esserlo in ogni regalo, occasione, vestito, compleanno, effetto personale. Lo è perfino alla scuola materna, con la rigorosa distinzione dei colori del grembiulino. Il rosa è una costante delle vita femminile e l’azzurro di quella maschile. E ai bambini viene inculcato fin da subito.
Regali da bimbo e da bimba
I regali per un bimbo sono, quasi sempre, macchinine, supereroi, ruspe, camioncini, palloni, dinosauri e tutto ciò che è necessario ad alimentare quell’ideale mix di forza e abilità che un maschio deve avere agli occhi della società. E invece ciò che alimenta è quella mascolinità tossica, carica di aggressività e machismo, che tanto male fa alle donne, ma soprattutto, agli uomini stessi.
I regali per una bimba continuano ad essere bambole, passeggini, cucine, trucchi, tazze, piatti e quello che serve perché diventi una buona moglie, madre e donna di casa. Il tutto dovendo restare, sempre e comunque, femminile e curata. È ciò che da sempre ingabbia le donne in ruoli rigidi e frena la loro libertà.
Attività, aspirazioni e modelli
Le attività da far fare ai bimbi sono ancora, salvo poche eccezioni, prerogativa degli uni o degli altri. L’universo della danza alle femminucce e quello del calcio ai maschietti. E quando le cose si invertono, sembra esserci sempre l’ombra di qualcosa di strano.
Per non parlare delle fiabe con la principessa da salvare e il principe sul cavallo bianco. E di quei giochi di ruolo che simulano ciò che si diventerà da grandi (auspicabilmente, le bambine maestre e i bambini dottori). E, ancora, i vestiti, i quaderni, gli astucci, gli zaini… Tutto è fatto su misura per i piccoli uomini e le piccole donne che domani saranno cittadini del mondo.
Nonostante tutta la formazione e l’informazione a cui siamo costantemente sottoposti, a nessuno viene in mente che quei piccoli uomini e donne di domani, potrebbero avere idee differenti sul proprio futuro. Potrebbero essere dotati di caratteristiche identitarie cha una rigida suddivisione dei ruoli rischia di soffocare.
Bambini e costruzione dell’identità
E attenzione, che non si parla di teoria gender nell’accezione negativa che certi vogliono attribuirgli. Non si tratta di impedire ai bambini che riconoscano, in tenerissima età, le differenze biologiche che ci sono tra i due sessi. Quella è una cosa, che comunque avviene, in maniera fisiologica ed è parte fondamentale del processo di costruzione dell’identità. Nessuno vuole negarla o sostenere che non esistano differenze tra maschile e femminile. Ma le differenze restano attinenti alle diverse funzioni biologiche dei due sessi. E la costruzione dell’identità non dovrebbe essere condizionata da elaborazioni culturali e costrutti sociali come, di fatto, succede. Questo dovrebbe stare a cuore a tutti, non solo per il bene della società ma soprattutto per il bene dei bambini.
Sperimentare per crescere
Lo sviluppo psicofisico dei bambini avviene per sperimentazioni, per prove ed errori, seguendo stimoli che, a volte si rivelano esatti e fanno apprendere degli schemi da seguire e altre, invece, fanno apprendere dei comportamenti da evitare. Cadendo si impara a camminare e lo stesso accade per ogni altro traguardo della vita. Ma bisogna provare e seguire l’istinto e degli stimoli, altrimenti non succede nulla. Così è anche per la costruzione dell’identità. Se un bambino non sperimenta tutti i lati del proprio essere non costruisce il proprio io, o meglio lo costruisce parzialmente. Alcune parti inevitabilmente, verranno represse e lo sviluppo non avverrà in maniera sana, rischiando di compromettere l’intera esistenza dell’essere umano di cui quel bambino è la fase embrionale.
Ritrovare il proprio bambino interiore per salvaguardare i bambini e la costruzione dell’identità
Erik Erikson celebre teorizzatore delle fasi di sviluppo psicosociale sostenne che:
Nella giungla sociale dell’esistenza umana, non esiste la sensazione di essere vivi senza un senso di identità.
Per avere un senso di identità, un bimbo o una bimba, deve poter correre, giocare con tutto quello che lo rende felice, scegliere i colori che gli piacciono di più, sporcarsi, creare, cadere e rialzarsi, far finta di essere chi gli pare. Tutto questo a prescindere dal sesso biologico.
Chiunque freni queste libertà in un bambino dovrebbe ricordarsi del bambino che era e di quella cosa che avrebbe tanto voluto fare e che non ha mai fatto perché non gli è stato permesso.
Tutti ne hanno almeno una.
Assunta Nero