I bambini di strada di Dakar non sono tutti bambini talibé. Uno studio analizza questo concetto come costrutto discorsivo.
Molti dei bambini di strada che chiedono l’elemosina a Dakar e in altre zone del Senegal sono studenti delle Daara. Nella maggior parte dei casi la condizione di studenti di scuola coranica e quella di accattonaggio forzato di questi bambini confluiscono nell’accezione di talibé. Tuttavia, questa denominazione non è del tutto corretta né per quanto riguarda gli studenti delle Daara, né per tutti i bambini di strada che dimorano a Dakar.
Nei documenti delle organizzazioni per lo sviluppo e nei media, il termine talibé è in genere tradotto come “bambini di strada” o “bambini mendicanti”. Tuttavia, la maggior parte delle organizzazioni usa il termine per indicare gli studenti della scuola coranica anche se non tutti i bambini coinvolti chiedono l’elemosina. Uno studio evidenzia come l’accezione di talibé unifichi nell’uso uno spettro di pratiche in realtà differenti tra loro, mettendone in luce alcune conseguenze.
Uno studio sul concetto di talibé
Lo studio sul concetto di talibé come costrutto discorsivo ha verificato il significato che il termine assume per le persone interne a questo mondo. La ricerca è stata svolta da alcuni dottorandi tra il 2017 e il 2018 in Senegal e utilizza una prospettiva costruttivista. L’analisi si rivolge ai processi e alle conseguenze del concetto di talibé come costruzione sociale basata su diverse interpretazioni e rappresentazioni dell’accattonaggio. La finalità è di definire quali bambini di strada siano inclusi e quali esclusi da questa definizione. L’obiettivo dello studio è di problematizzare una categoria ormai assodata ma che, in realtà, è frutto di una costruzione sociale.
L’indagine ha coinvolto 72 partecipanti per un totale di 62 interviste e discussioni di gruppo. Tra gli intervistati ci sono insegnanti di Corano, rappresentanti di strutture statali e istituzioni internazionali, personale e volontari di ONG e associazioni. Le interviste sono state condotte in francese e in lingua wolof con gli insegnanti coranici. La ricerca trae ulteriori informazioni dalla documentazione fornita da ONG, organizzazioni non governative, archivi e notizie dei media senegalesi e internazionali.
Il concetto di talibé come costrutto discorsivo
I risultati dello studio mettono in luce alcune tematiche fondamentali.
- Molte persone che si occupano della questione riferiscono la categoria di talibé ai bambini di strada che chiedono l’elemosina nonostante riconoscano che molti studenti di coranica non praticano l’accattonaggio forzato.
- I bambini di strada che si presume non stiano imparando il Corano sono spesso etichettati indistintamente come talibé.
- Viene in genere presupposta una distinzione forte tra i ragazzi talibé che chiedono l’elemosina e gli altri bambini di strada. La discriminante è la convinzione che questi ultimi siano in genere criminali, diversamente dai primi che invece possono godere di una forma di controllo da parte dei maestri Marabutto.
Come evidenzia lo studio, esiste una contraddizione nell’uso dell’accezione di talibé sia per gli studenti di coranica che per i bambini di strada. L’atto della memorizzazione del Corano è un principio centrale. Tuttavia, spesso anche i bambini che mendicano senza avere realmente modo di studiare sono chiamati talibé. Nonostante tale contraddizione, questi bambini di strada sono diventati la rappresentazione dominante della definizione di talibé, così indicata e riprodotta anche nei discorsi di molti degli attori che lavorano con o per i loro diritti.
Bambini di strada e bambini “di strada”
Secondo alcuni studi, quella dei “bambini di strada” è una categoria imperfetta in quanto abbraccia una vasta gamma di esperienze e situazioni di vita. Una ricerca del 2002 afferma che l’appellativo viene usato perché utile nelle raccolte fondi e nel lavoro delle organizzazioni che se ne occupano e che la disomogeneità di chi vi rientra viene spesso ignorata di proposito. L’uso di una categoria omogenea è funzionale a sensibilizzare il pubblico, legittimare le attività di diverse organizzazioni e ottenere finanziamenti. Tuttavia, questa strategia comporta la stereotipizzazione e la stigmatizzazione dei bambini coinvolti, portando talvolta a interventi che ne rafforzano l’emarginazione.
Una conseguenza di questo stereotipo si riscontra nelle azioni volte a contrastare le situazioni di degrado e abuso in cui molti bambini talibé sono costretti a vivere. Lo stato senegalese ha cercato di proteggere i diritti di questi bambini con campagne di diverso tipo. Alcune di queste volte ad allontanare dalla strada i soggetti vittime di accattonaggio forzato, oppure atte a promuovere il progetto di ammodernamento delle Daara. Quest’ultimo vede i bambini di strada come potenziali studenti di un nuovo curriculum che integra le materie secolari della scuola primaria agli studi religiosi. Tuttavia, la finalità del progetto è spingere i genitori a volgere le loro attenzioni nei confronti delle Daara moderne rispetto a quelle che prevedono forme di mendicità e spesso non riescono ad aiutare i bambini di strada che non studiano il Corano.
Una situazione complessa
La messa in luce del modo in cui il concetto di talibé viene costruito consente di analizzare la complessità della situazione di questi bambini con maggiore consapevolezza. Come evidenziano alcuni studi, questa questione ha ormai subito una forma di accettazione da parte della popolazione, tanto che le porzioni più conservatrici spesso interpretano le azioni atte a contrastare il fenomeno come un attacco di matrice anti-islamica. Districare l’ambiguità che regge le definizioni di questi bambini di strada potrebbe essere utile a dare modo di sviluppare interventi più mirati e tesi a ostacolare forme di emarginazione.
Stella Canonico