Bambini cileni rapiti e adottati in Sardegna: los hijos del silencio

persone scomparse durante la dittatura Pinochet Bambini cileni in Sardegna

Sono oltre 500 i bambini cileni che, durante la dittatura di Pinochet, sono stati dati in adozione a famiglie sarde. La loro storia è rimasta nascosta per molto tempo, fino ad ora

11 settembre 1973: il generale Augusto Pinochet, con un colpo di Stato, rovescia il governo cileno di Salvador Allende.
Il Paese cade in una dura e repressiva dittatura militare, che terminerà solo nel 1990.

Negli anni della dittatura, migliaia e migliaia di uomini e donne vennero arrestati perché non allineati al governo, e di loro si persero le tracce.
I sequestri avvenivano durante la notte, in totale segretezza. Alcuni venivano torturati e uccisi, altri venivano gettati nell’Oceano attraverso i cosiddetti “voli della morte“. Altri venivano detenuti in campi di concentramento.

Tra le vittime della violenta dittatura di Pinochet ci sono anche migliaia di bambini, strappati alle loro famiglie e dati illegalmente in adozione in giro per il mondo.
Alcuni di questi venivano sottratti utilizzando come pretesto le condizioni di miseria delle loro famiglie o presunti problemi psicofisici, di alcolismo e droga. Altri venivano prelevati da orfanotrofi e brefotrofi o rapiti per strada. Infine, ci sono i bambini nati da stupri subiti dalle donne cilene imprigionate, o da quelle donne arrestate in stato di gravidanza, alle quali furono strappati i bambini dalle mani.

“Hijos del silencio”, chi sono i bambini cileni scomparsi

Lo scandalo è emerso nel 2014, quando, dopo denunce e inchieste giornalistiche, il magistrato Mario Carroza ha deciso di avviare un’indagine giudiziaria.
Da quel momento, numerose associazioni in tutto il mondo si sono messe in moto per la giustizia.




Una delle più importanti è Hijos y Madres del Silencioche si occupa di ricostruire i legami tra le madri biologiche e i loro figli scomparsi.
Negli anni, i membri dell’associazione hanno sviluppato un sistema di tracciamento che ha permesso di stabilire le destinazioni di molti bambini, principalmente Svezia, Italia, Francia e Stati Uniti.
In alcuni casi, grazie ai certificati di nascita cileni depositati nei sistemi di adozioni, le madri hanno potuto ritrovare i propri figli, ormai adulti.

Inoltre, negli ultimi tempi, gli sforzi di queste associazioni sono stati accolti dal governo cileno, che si è attivato per le famiglie spezzate dalla dittatura di Pinochet.

Negli ultimi anni in Cile si sta facendo finalmente chiarezza su alcune adozioni avvenute in modo illegale: la Camera dei deputati ha istituito una Commissione d’inchiesta. Siamo stati sentiti anche noi come associazione per dare la nostra testimonianza. Ci hanno chiesto se eravamo a conoscenza di adozioni avvenute in modo illegale. Non sappiamo cosa accadrà a lavori ultimati della Commissione, ma auspichiamo che le mamme private dei loro figli possano avere giustizia

Secondo le stime, sono oltre 10.000 i bambini nati in Cile e dati in adozione in tutto il mondo. Alcuni ne sono consapevoli e, con l’aiuto di diverse associazioni, sono in grado di ritrovare le proprie radici.
Altri, non sanno nemmeno di essere parte di questa storia.
Prime delle adozioni, infatti, le istituzioni cilene cambiavano il nome del bambino, affibbiandogli il cognome straniero dei genitori adottivi. Anche la data di nascita veniva modificata, rendendo impossibile per il bambino conoscere la propria età.

Il caso sardo: oltre 500 i bambini adottati illegalmente

Sono oltre 500 i bambini cileni dati illegalmente in adozioni a famiglie sarde.
Molti di questi fanno parte del sodalizio Chilenos de Sardigna , fondato a Cagliari nel 2016 da Giorgio Zucca, con l’obiettivo di riunire tutti i cileni sardi arrivati in Italia durante la dittatura di Pinochet.
Tra questi, lo stesso fondatore.

Avevo otto anni, fino a qual momento vivevo in un orfanotrofio. Ho vissuto l’adozione in modo molto sereno. I miei genitori sardi sono stati fantastici. Mi hanno spiegato bene la situazione. Non ho avuto alcun trauma né problemi

Zucca, grazie all’attività di una troupe televisiva cilena giunta in Sardegna per girare un documentario, è riuscito a ricongiungersi con la madre e con i fratelli.

Giovanna Bacchiddu, antropologa sarda dell’Università Cattolica del Cile, e autrice del saggio “Come un trapianto d’organo. Questioni di uguaglianza e diversità in un contesto di adozione internazionale”,  ha potuto conoscere le storie di diversi di questi bambini.

I bambini nati in Cile e adottati da famiglie sarde, come tutti i protagonisti di adozioni internazionali, hanno inevitabilmente subito un dislocamento fisico ed emotivo. Essi conservano le tracce della propria origine nel passaporto, talvolta nell’aspetto fisico, ma soprattutto nell’emotività. Gran parte dei bambini dati in adozione hanno accumulato una storia personale dolorosa, escludendo forse coloro che vengono affidati a genitori adottivi a pochi giorni dalla nascita. Il vissuto doloroso aumenta esponenzialmente con l’età: più lunga è stata la permanenza in attesa di genitori disposti ad adottarli, maggiori sono state le ripercussioni emotive.

 

I casi di adozione analizzati si riferiscono a bambini non più piccolissimi: quelli adottati in età neonatale sono decisamente una minoranza, mentre prevalgono le adozioni di bambini tra i 6 e i 12 anni. Un solo caso riguarda l’adozione di un diciottenne. In questi casi i protagonisti hanno avuto una lunga permanenza nel paese d’origine, avendo modo di stabilire forti legami con persone, luoghi, situazioni, paesaggi, colori, sapori e odori

Bambini cileni in Sardegna: le testimonianze

A Selargius, in provincia di Cagliari, abita Claudio Puddu.
Claudio è solo uno dei 500 bambini cileni arrivati in Sardegna attraverso un’adozione illegale.

Viene portato via da casa nel capodanno del 1979, a Santiago del Chile.
Si trovava in casa insieme al fratellino di 18 mesi Lucho Luis, mentre i genitori, di appena 16 e 19 anni, erano fuori a celebrare la fine dell’anno.
Sentendoli piangere, i vicini decisero di chiamare la polizia.

Lì mi hanno separato dai miei genitori. Ci hanno trovati con i panni sporchi. Immagino che mio padre e mia madre fossero molto poveri, mamma lavorava come prostituta.
Mio fratello riuscirono a recuperarlo, io invece risultai adottabile perché mio padre era analfabeta e non sapeva leggere le lettere che arrivano dal giudice

Claudio giunge così in Sardegna, attraverso una parrocchia che aveva una missione in Cile.
Come racconta Claudio, le suore hanno avuto un ruolo chiave nel sistema di adozioni tra Cile e Italia.

Qui c’era una maggiore affluenza di bambini adottivi perché negli anni 70 abitavano molte suore che venivano mandate in missione in Cile

Dal 2016, Claudio lavora insieme a Chilenos de Sardigna per aiutare le madri cilene a ritrovare i propri figli.
Lui, grazie a una ONG, è riuscito riunirsi alla sua famiglia in Cile.

Quando ho rivisto mio papà, mi ha fatto vedere la carta di identità: piangeva, continuava a dirmi che ero suo figlio, non mi aveva mai dimenticato

I genitori di Claudio sono molto poveri. Il padre lavora in un parcheggio abusivo, mentre la madre vive a 900 km di distanza, in una piccola stanza senza riscaldamento e con un letto che ospita 7 persone.

A loro ho detto grazie: avrebbero potuto abortire invece abbiamo avuto un’opportunità. Non mi sento abbandonato, oggi posso dire di avere quattro genitori

Per i bambini rapiti in Cile e sottratti a famiglie disagiate, il rapporto con i genitori adottivi, come spiega Claudio, è complesso.

C’è un senso di riconoscenza un po’ obbligato che si trasforma in omertà. Ti fanno capire che sono stati loro a salvarti da chissà quale situazione.
Non ti puoi esprimere veramente pur di non ferirli. Molti adottati hanno rinunciato a tante opportunità per non lasciarli soli

Anche Abel Geremias Fenude, che abita a Baunei, proviene dal Cile. Lui, però, non ha mai ritrovato le proprie radici.
Non conosce neanche il giorno del suo compleanno, perché l’orfanotrofio non ha conservato il suo atto di nascita.

Consuelo Tarantino, invece, spera di poter tornare in Cile e ricongiungersi con la nonna.

A quanto so mio padre era un politico molto influente che si era innamorato di una ragazzina, mia madre. Io ero la figlia illegittima da nascondere.
Quando è morta mia madre italiana sono rinata: ho chiuso un capitolo che mi faceva male. Ora abbiamo scoperto che in Cile potrei avere una nonna, devo capire meglio

Queste sono solo alcune storie di bambini cileni arrivati illegalmente in Sardegna durante la dittatura di Pinochet.
Molte altre storie sono state raccolte nel podcast “Figli del Silenzio, il caso dei 500 bambini cileni adottati in Sardegna“, di Giulia De Luca ed Elena Basso.

Giulia Calvani

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