Di Mirko Busto
Aria, acqua e alimentazione: tre cose di cui non si può fare a meno ma che nascondo non poche insidie. Oltre 130 secondo una video-inchiesta della TV francese che ha calcolato il numero di residui chimici di pesticidi a cui ogni giorno ci sottoponiamo.
La ricerca condotta dall’associazione dei consumatori francesi “60 millions de consommateurs” ha recentemente denunciato cifre incredibili, soprattutto legate ai bambini il cui organismo risulta contaminato da un cocktail di decine di inquinanti.
In particolare, l’analisi dei capelli dei bambini ha evidenziato dati drammatici sui pesticidi nel loro corpo: fino a 44 pesticidi presenti e 54 contaminanti differenti per lo stesso bambino, con una media di 34 molecole classificate come potenziali interferenti endocrini. Di questi tanti risultano essere contenuti in shampoo e cosmetici.
I rischi sono altissimi: Parkinson, Alzheimer, diabete, patologie respiratorie, autoimmuni, renali, cardiache, tumori, malformazioni neonatali, danni cerebrali sempre più diffusi… ormai la correlazione tra pesticidi e malattie è stata denunciata da un’imponente bibliografia scientifica internazionale e in molti Paesi anche diversi tribunali hanno decretano questa correlazione: per esempio in California dove la Syngenta è stata recentemente condannata a risarcire decine di città per i danni da pesticidi o in Francia dove la Monsanto è stata condannata per pubblicità ingannevole.
Intanto in Svizzera a breve si voterà per l’eliminazione di tutti i pesticidi dall’agricoltura e per il divieto di residui chimici negli alimenti importati. Segno che un cambiamento sostanziale è già in atto e che i motivi per spingerlo ci sono eccome.
E in Italia? Come siamo messi? Non bene. Con le nostre 175.000 tonnellate di pesticidi – circa 3 kg a testa – impiegate ogni anno, raggiungiamo da soli circa il 30% circa di tutto il consumo europeo.
E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Di tutti coloro che hanno voglia di andarseli a leggere.
Perché mentre l’Ispra denuncia la presenza di oltre 130 residui di pesticidi nelle acque superficiali e profonde italiane, tra cui glifosato, alaclor, atrazina, terbutrina e clorpirifos in concentrazioni molto superiori agli Standard di Qualità Ambientale (SQA); mentre i nostri suoli sono sempre più inquinati e martoriati (la perdita di humus nei terreni, causato dall’uso dei disseccanti agricoli, è tra le cause principali del dissesto idrogeologico in cui versa il nostro territorio) e la nostra salute sempre più compromessa – basti pensare all’incremento drammatico di patologie degenerative e croniche correlate a queste sostanze e al primato di tumori infantili detenuto dal nostro Paese – il mercato italiano dei pesticidi negli ultimi 20 anni è praticamente raddoppiato. Con il benestare di una politica complice delle lobby e lontana anni luce degli interessi dei cittadini.
Alla faccia delle promesse, del bene del Paese e degli stessi obiettivi dei regolamenti agroambientali europei che prevedevano la sensibile riduzione dell’uso dei pesticidi, né il governo attuale né i precedenti hanno, infatti, fatto nulla. Anzi.
Ogni qual volta che – a livello nazionale o Europeo – avremmo potuto fare la differenza su decisioni importanti come il rinnovo del glifosato, il blocco di nuovi ogm, legislazioni più stringenti sull’importazione di prodotti alimentari extra europei che non rispettano il principio di precauzione, tutela della biodiversità e della nostra terra… il nostro governo si è girato dall’altra parte. Sempre. Lo ha fatto anche in questi giorni votando a sfavore di un nostro emendamento che avrebbe vietato la costruzione di inceneritori e impianti inquinanti a ridosso di coltivazioni biologiche. L’ennesimo esempio di quanto questa maggioranza ci tenga ai metodi naturali, al cibo sano, alla tutela della salute e dell’ambiente.
Per fortuna, malgrado il silenzio assordante dei media su questo argomento e l’azione criminale di una politica complice delle multinazionali dell’agrochimica, sempre più cittadini – spesso vittime di queste sostanze – si stanno informando e hanno iniziato ad agire per primi per cambiare le cose: acquistando in maniera diversa, prediligendo il biologico e agendo nel piccolo – a livello locale e comunale – per chiedere più tutela e rispetto per la loro salute e la loro terra.