È morta, dopo un giorno di agonia, all’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, Gaia, la bambina di appena 18 mesi dimenticata in auto dalla madre per quattro lunghe ore.
Un titolo letto troppo spesso: “Morto neonato dimenticato in auto”. Negli Stati Uniti sono quasi 38 i bambini che muoiono ogni anno per ipertermia, o colpo di calore, lasciati per ore al sole chiusi in macchine che diventano incandescenti prigioni di fuoco.
Un’auto al sole può raggiungere in breve tempo la temperatura interna di 50° e la temperatura corporea di un bambino tende a salire più rapidamente di quella di un adulto. I bambini hanno infatti una minore superficie su cui distribuire il gradiente del calore e hanno conseguentemente meno risorse idriche con cui contrastare la disidratazione. In queste condizioni un bambino comincia a stare male già dopo i primi 20 minuti e muore entro un paio d’ore.
Articoli che ne parlano spesso, nozioni che continuiamo a leggere, eppure succede ancora, e ancora. Dal 2008 ad oggi i casi di bambini morti per essere stati dimenticati in auto sono stati sei in Italia. L’ultima tragedia è avvenuta qualche giorno fa, in Toscana, dove una mamma ha lasciato la sua bambina Gaia in auto andando al lavoro, con l’errata convinzione di averla affidata, come d’abitudine, all’asilo nido.
La giovane donna di 37 anni si alzava tutte le mattine alle tre per aiutare il marito nell’apertura della loro pescheria e poi, alle sette, si dedicava a sistemare i figli e portarli al campo estivo e all’asilo, dove avrebbero trascorso il tempo mentre i genitori erano al lavoro. Come tutte le mattine Michela era sicura del percorso e delle azioni compiute lungo il tragitto: “Ero sicura di aver lasciato Gaia felice all’asilo, di averla salutata come sempre con un bacio”.
All’ora di pranzo invece, la donna torna all’auto e scopre l’inevitabile tragedia. Gaia era lì, con la testa reclinata sul seggiolino, come addormentata. Una disperata corsa in ospedale, la drammatica attesa e poi un immenso, sordo, dolore, quello a cui non ci si abitua mai, quello che devasta corpo e anima: la morte di un figlio.
All’infinito strazio si aggiunge poi il devastante rimorso, il senso di colpa con cui dover quotidianamente convivere e l’iscrizione nel registro degli indagati per omicidio colposo. L’accusa più terribile, mossa prima dalla propria coscienza e poi dagli inquirenti, quella di essere responsabile della morte della propria bambina.
Domande che pesano come macigni: “Come ho fatto a dimenticare mia figlia in auto?” “Sono una madre irresponsabile?” “Ho ucciso la mia bambina?”. Non ci sono parole per descrivere la disperazione di Michela, che tra le lacrime, continua ad ammettere le sue responsabilità, ma ad allontanare da sé il terribile marchio di “assassina”.
Gli esperti parlano di “amnesia dissociativa”, diagnosi già utilizzata in passato per gli stessi episodi: un vuoto di memoria che cancella un evento senza che il protagonista ne abbia la minima consapevolezza, soprattutto perché l’azione inconsapevolmente dimenticata fa parte della quotidianità, è un atto che ripetiamo quasi meccanicamente e che quindi diamo per scontato. Un oblio temporaneo causato dal forte stress.
Nell’attesa che le nuove tecnologie riescano a mettere a punto valide soluzioni che possano in futuro evitare queste tragedie, come sensori acustici, telecamere di sicurezza e tanti altri strumenti, il consiglio è quello di posizionare, prima di partire, accanto al bambino nell’auto telefono,chiavi, borsa, oggetti di uso quotidiano che risultino indispensabili nel proseguimento della giornata. L’eventuale assenza di questi oggetti ci indurrebbe subito alla ricerca, ci accorgeremmo che qualcosa non va e potremmo tempestivamente agire, per scongiurare drammatici risvolti.
I pensieri, le preoccupazioni, la quotidianità hanno ucciso la piccola Gaia, la velocità di una vita che non aspetta, la frenesia di un mondo in cui tutto scorre senza tregua, in cui si consuma tutto nello spazio di un secondo, di un fotogramma, di un bit. Non una madre snaturata, dunque, né incosciente, né distratta. Una tragedia senza motivazione che sarebbe potuta, dunque, capitare a chiunque. E, per questo, fa ancora più male.
Forse la fretta, forse i pensieri che angustiano ogni adulto, hanno distratto migliaia di genitori in tutto il mondo causando immani tragedie e lo stillicidio dei bimbi dimenticati nei veicoli.
Realizzata a Messina, Infant Reminder è la prima app al mondo, per smartphones e tablets, totalmente gratuita e utilizzabile in tutto il mondo, in grado di scongiurare il pericolo di dimenticare i bambini nei veicoli.
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