Balto. Un nome famoso quasi quanto quello di Jumbo (l’elefante di Phineas Taylor Barnum) o di Layka (il primo essere vivente che viaggiò nello spazio).
Un nome che ripercorre una delle vicende più famose ed eroiche nella storia dell’amicizia tra l’Uomo e il Canide. E anche l’ombra su una delle sue più grandi menzogne.
La leggenda
Balto era un Husky, un cane adatto al lavoro nei rigidi climi sub-polari, appartenente al musher norvegese Leonhard Seppala, amico personale dell’esploratore Roald Amundsen. La sua popolarità è legato alla sua famosa impresa compiuta nel lontano 1925 (94 anni fa), quando nella città di Nome, in Alaska, scoppiò una violentissima epidemia di difterite. I servizi sanitari della cittadina non disponevano dell’antitossina necessaria, e quindi bisognava trasportarla da Anchorage (la città più vicina provvista di una scorta di medicinale sufficiente). Essa però non era collegata direttamente con Nome, ma solo fino a Nenana, distante da Nome quasi mille chilometri. A causa del maltempo, gli aerei non potevano effettuare il trasbordo del prezioso medicinale, mentre il tentativo di trasportarlo via nave era vanificato dalla massiccia presenza di iceberg.
Esisteva un solo mezzo quindi per far arrivare la medicina in tempo: i cani da slitta. Il clima era ostile, la distanza lunghissima, le speranze minime. Eppure, alle ore 5:30 del 2 febbraio del 1925, la slitta guidata da Gunnar Kaasen, e avente come leader Balto arrivò in città, portando con sé la preziosa medicina che avrebbe salvato decine di vite. In breve, Balto sarebbe diventato famoso come il cane che aveva salvato un intero paese.
Togo: il vero eroe
Un’impresa altamente eroica, ben ricompensata dall’innalzamento di una statua in onore dell’eroico cane. Dov’è quindi la menzogna?
Nel fatto che Balto, contrariamente a quanto narrato dalla leggenda conosciuta ai più, percorse in realtà appena 53 delle 600 miglia che separavano Nome da Nenana. La mitica “corsa del siero” impegnò diverse mute di cani organizzate a staffetta, che percorsero parti separate della lunga distanza. Di questi, il tratto più difficile venne percorso dallo stesso Leonhard Seppala, che però pose come leader della propria muta il suo cane migliore: Togo.
Togo era il leader di Seppala da oltre sette anni, ed era riconosciuto come il cane da slitta più veloce della zona. Con lui alla guida, la staffetta fu in grado di tagliare attraverso la pianura Norton, dove il ghiaccio era particolarmente sottile, recuperando molto tempo prezioso. Quando però Balto entrò a Nome portando la medicina, quasi nessuno volle ricordarsi di Togo, sebbene avesse compiuto lui la parte più ostica dell’intero viaggio.
Le parole di Seppala
Scrisse più tardi lo stesso Seppala nel suo diario:
«… Ma la cosa che più mi disturbava era che il record di Togo fu assegnato a Balto, un cane poco valido, che fu portato alla ribalta e reso immortale. Era più di quanto potessi sopportare quando Balto, il cane della stampa, ricevette per la sua “gloriosa impresa” una statua che lo raffigurava con i colori di Togo e con l’affermazione che lui aveva portato Amundsen a Point Barrow e per una parte del percorso verso il polo, mentre non si era mai allontanato per più di duecento miglia a Nord di Nome! Avendogli attribuito i record di Togo, Balto si affermò come “il più grande leader da corsa d’Alaska” anche se non aveva mai fatto parte di un team vincente! Lo so perché io ero il padrone ed avevo cresciuto sia Balto che Togo…»
Parole dure, che riassumono in sé la verità della vicenda.
I destini di Balto e Togo
Si sa molto del destino di Balto dopo “l’impresa”. Venne venduto, assieme ad altri cani, a un circo, che lo usò come attrazione, attirando persone intenzionate a vederlo o farsi fotografare assieme a lui. Nel 1927 venne nuovamente venduto a uno zoo di Cleveland, dove gli fu praticata l’eutanasia nel 1933. La sua salma, più tardi essiccata e impagliata, si trova oggi esposta al Museo di Storia naturale di Cleveland. Anche Togo, quando morì, venne impagliato per essere esposto al museo di Shelburne, in Vermont.
Ancora oggi, sulla stessa strada che Togo e Balto percorsero per portare la medicina, si corre una famosa gara, la Iditarod, che si tiene in Alaska all’inizio di marzo. Nella cui versione “a piedi” del 2012 ha vinto un italiano, Roberto Ghidoni.
Andrea Villa