Le ballerine da uomo lanciate in passerella dal direttore creativo di Balenciaga, Demna Gvasalia, entrano tutt’altro che in punta di piedi nei giornali di tutto il mondo.
Scelta stilistica discutibile, eppure nel mondo della moda ha riscosso un successo inaspettato, dal momento in cui anche il noto stilista Marc Jacobs, è rimasto ammaliato dalla mossa audace di Balenciaga. Possiamo infatti vedere quest’ultimo in un post di Instagram in cui sfoggia le sue ballerine da uomo davanti alle luci sfavillanti della Torre Eiffel.
Prima di approfondire però questo fenomeno attuale, è necessario fare un passo indietro e analizzare quella che è stata la moda nel corso degli anni. È davvero questa la prima volta in cui un uomo indossa delle scarpe considerate prettamente “da donna”? Ebbene, per alcuni sarà una sorpresa sapere che le scarpe col tacco erano inizialmente diffuse soprattutto tra gli uomini della nobiltà soprattutto durante il XV secolo. Il Re Sole infatti, vissuto tra il 1638 e il 1715, è stato per l’appunto l’indossatore di tacchi più famoso dell’epoca.
Tutto ciò poiché le ballerine da uomo, soprattutto con un rialzo da terra importante, venivano etichettate per la nobiltà perché erano scarpe troppo scomode per essere usate dalle persone di ceti sociali bassi, costrette a lavorare quotidianamente. Successivamente, nella metà del Seicento, quest’usanza è stata adottata anche dalle donne e dai bambini appartenenti all’aristocrazia.
L’eliminazione di questo grazioso strumento di tortura, gli uomini lo devono tutto all’Illuminismo, che spinge all’abolizione di cose superflue come gioielli, tacchi e quindi anche alle “ballerine da uomo” dell’epoca. Elementi che resteranno relegati esclusivamente alla figura della donna, che verrà successivamente obbligata ad indossare le scarpe col tacco sul posto di lavoro: una regola non scritta che il movimento femminista sta cercando di debellare. Questa imposizione infatti, porterà negli anni a numerose proteste da parte del genere femminile.
«Abbiamo presentato al governo una petizione che chiede l’introduzione di una legge che vieti ai datori di lavoro di costringere le donne a indossare tacchi alti come forma discriminazione o molestia sessuale».
Sono queste le parole di Yumi Ishikawa, fondatrice della campagna KuToo, un termine derivante dalle parole “kutsu” che significa scarpe in lingua giapponese e “kutsuu” che indica il dolore.
È proprio a questo punto che arriviamo ai giorni nostri: una società in cui anche all’interno della sfera dell’abbigliamento, si è sempre costretti a seguire gli schemi imposti dalle credenze del maschilismo. Sei una donna? Allora devi soffrire ed essere sempre al meglio della tua immagine? Sei un essere di sesso maschile? Allora le ballerine da uomo non puoi mettere, perché devi distaccarti al massimo da tutto ciò che la società addita come frivolo e superficiale.
Eppure è un’imposizione altamente ingiusta, non poter essere liberi di indossare ciò che più pensiamo ci rappresenti ed esprima la nostra creatività. Le donne d’altronde hanno dovuto lottare per anni per poter indossare i pantaloni e scollarsi dall’immagine creata con lo stampino della classica moglie in gonnella. Libertà ottenuta grazie alla rivoluzionaria della moda Gabrielle Bonheur Chanel, che nel 1926, ha portato tra le giovani del tempo i pantaloni ampi a vita ampia e il celeberrimo tubino nero.
Viene quindi spontaneo chiedersi: “Perché se le donne hanno lottato per poter indossare completi sartoriali o pantaloni sportivi, gli uomini non possono intraprendere la stessa battaglia per avere il libero arbitrio sulla scelta di determinati capi etichettati come “femminili”, come gonne o ballerine?”. Poiché la moda può sembrare superficiale ad occhi inesperti, ma a chi conosce la storia e il vero significato che si cela dietro un corsetto o una cravatta, sembrerà sempre una vera e propria rivoluzione.