Balenottera azzurra, il traffico navale mette a rischio la specie nelle acque cilene

balenottera azzurra

L’SOS arriva dai ricercatori dell’Università del Cile, dopo aver constatato l’ennesima morte di una balenottera azzurra sulla costa meridionale della Patagonia.

Agli inizi del 2021, l’ONG Ballena Azul ha pubblicato un’animazione che mostrava la difficile vita di una balenottera azzurra (Balaenoptera musculus) nel Golfo di Ancud (Cile). Infatti, per procurarsi il cibo, era costretta a schivare l’intenso traffico navale, rischiando costantemente la vita. Purtroppo il video, frutto di un nuovo studio per la tutela dei cetacei, rispecchia il triste destino di centinaia di balene. Stando alle statistiche, ogni anno circa 20.000 esemplari vengono uccisi a seguito di collisioni con le barche, in particolare pescherecci.




La strage di aprile

“L’unica cosa che può avere quel tipo di impatto su una balenottera azzurra, l’animale più grande del pianeta, è una grande nave”.  Nonostante fosse un esemplare giovane e in salute, non ce l’ha fatta lo stesso, vista la gravità del trauma contusivo e delle ferite riportate. Lo afferma il patologo veterinario dell’Università di Guelph (Canada), piuttosto preoccupato del fatto che tre episodi simili siano avvenuti in soli otto giorni. Per queste ragioni, diversi scienziati, soprattutto biologi marini, si sono uniti nel fare un appello al Governo, affinché venga regolamentato meglio il traffico navale, proprio a tutela delle balenottere azzurre.

Lo studio

Pubblicato su Scientific Reports, ha permesso di indagare quale fosse il grado di sovrapposizione tra il traffico navale e gli spostamenti dei cetacei. Inoltre, si è cercato di capire il processo di selezione messo in atto dalle balene per scegliere gli habitat. Infatti, al fine di programmare una migliore gestione dei trasporti marini, è assolutamente necessario conoscere dove gli animali preferiscono vivere.

Dai dati è emerso che, lungo la costa della Patagonia, le balenottere azzurre potrebbero incontrare sino a 1.000 navi al giorno durante i mesi estivi. Infatti, in quel periodo dell’anno tendono a concentrarsi nel Pacifico meridionale, dove c’è una delle loro principali aree di alimentazione e riproduzione. Purtroppo, i numeri delle perdite e delle collisioni sono quasi sicuramente sottostimati, in quanto spesso gli incidenti non vengono segnalati. Inoltre, non di rado, le carcasse finiscono direttamente sul fondo dell’oceano e non sulle rive, quindi se ne perdono le tracce.

Le misure cautelative

Già dal 2008, il Cile ha dichiarato la sua intera costa (6500 km) un “santuario delle balene”, con il fine di proteggerle. Contemporaneamente aveva anche promulgato una legge sulla protezione dei mammiferi marini. Tuttavia, la maggior parte dei provvedimenti vigono solo su carta e, soprattutto, non sono accompagnati da un’estesa descrizione di cosa fare per tutelare le aree abitate da questa specie.

A tal proposito, i ricercatori chiedono una revisione delle regole, nonché una loro migliore strutturazione, che garantisca un’effettiva conservazione della balenottera azzurra. Ad esempio, sarebbe opportuno istituire dei nuovi limiti di velocità alle barche, poiché diversi studi dimostrano quanto tale accortezza può effettivamente ridurre gli scontri mortali. Sebbene in più aree siano attivi i volontari per monitorare le navi, dovrebbe essere il Governo a preoccuparsi di installare i sistemi di allarme e di sanzionare chi non li rispetta.




Prospettive future

Ad oggi, la tecnologia mette a disposizione dei sistemi di monitoraggio altamente efficienti e precisi, grazie ai quali il problema potrebbe essere fortemente ridotto. Ad esempio, in molti paesi le navi sono provviste di telecamere termiche, che individuano i cetacei per tempo. Inoltre, i sistemi informatici moderni permettono di creare banche dati, nelle quali, per questo specifico contesto, registrare gli avvistamenti. Così facendo, tutte le imbarcazioni avrebbero a disposizione maggiori informazioni per gestire le rotte ed eventualmente deviarle.

“Friends of the sea”

Al fine di sensibilizzare gli operatori del trasporto marittimo, è stato proposto di premiare coloro che si impegnano maggiormente nel prevenire le collisioni. Esiste anche una campagna sul tema, la quale, promossa da “Friends of the sea”,  cerca di spronare il World Shipping Council a presentare una proposta all’Organizzazione Marittima Internazionale, per rivalutare le rotte, tenendo conto di questi aspetti.

“Sappiamo che stiamo sottovalutando il rischio”

Con queste parole Bedriñana-Romano, principale autore dello studio, sottolinea l’urgenza di intervenire. Infatti, come precedentemente detto, è difficile fare delle stime precise, in mancanza di dati sulla tracciabilità da parte di alcune imbarcazioni. Tuttavia, è noto che l’83% del traffico marino coinvolto nelle collisioni interessa flotte dell’acquacoltura. Quindi, sarebbe opportuno focalizzare l’attenzione su queste imbarcazioni.

L’area tra l’isola di Chiloè e la penisola di Taitao, così come quella lungo il canale di Moraleda, è caratterizzata da stretti arcipelaghi e fiordi, che un tempo erano dominio esclusivo della natura. Invece, oggi, sono tra le zone marittime più trafficate dai grandi pescherecci e dalle navi frigorifere, la maggior parte delle quali trasportano salmone. Purtroppo, le stesse acque rappresentano un punto fondamentale per la catena alimentare dei cetacei.

Non solo collisioni

Indipendentemente dal problema degli scontri, il traffico navale spinge gli esemplari di balenottera azzurra a spostarsi verso l’Antartide. Tuttavia, in quei mari la disponibilità di krill, loro principale fonte di nutrimento, è minore, spesso del tutto insufficiente al fabbisogno minimo di una balena. Inoltre, i sonar delle imbarcazioni disorientano i cetacei, alterandone sensibilmente i moduli comportamentali. Quest’ultimo aspetto può essere molto pericoloso per la loro salute e salvezza, in quanto spinge gli animali fuori dal loro habitat e/o li allontana dai loro simili.

“Ora abbiamo definito i punti caldi della balenottera azzurra”

Dallo studio sono chiaramente emerse le aree di maggiore sovrapposizione, nelle quali quindi l’intervento delle autorità è urgente e assolutamente prioritario. Infatti, tutte queste ricerche non hanno un fine esclusivamente scientifico, ma anche, e soprattutto, informativo, per implementare e migliorare gli aspetti gestionali.

La balenottera azzurra è diventata ormai la protagonista di una strage silenziosa ingiustificata e pericolosa per la biodiversità degli oceani. Ogni dieci anni si registra un raddoppiamento delle spedizioni mondiali e, se già ora muoiono circa 20.000 balene l’anno, si stimano numeri insostenibili. Tra l’altro, la popolazione totale di questi cetacei si è già ridotta del 50%, complice la caccia spudorata e incontrollata, che ha caratterizzato il secolo scorso.




Su Marte cerchiamo i batteri, sulla Terra stiamo sterminando le balene.

Così grande eppure così indifesa, sembra quasi assurdo. Un animale enigmatico, capace di suscitare i sentimenti più contrastanti: dalla paura, per le sue 150 tonnellate di peso, all’amore, per il suo canto soave. Ebbene si, la sua vita, in equilibrio tra gli abissi di oceani sconosciuti e l’aria, ci affascina, è indubbio. Infatti, ha incuriosito centinaia di popoli, insediandosi nei loro romanzi, dove mito e realtà si sono mescolati e persi attraverso i secoli, ma hanno resistito al tempo.

E invece il suo cuore, che pesa circa 180 kg e sembra un macigno capace di resistere a tutto, cede. Sventrato dall’impeto delle barche, dalla nostra indifferenza. Continuare a ignorare tutto questo, significherebbe perdere per sempre i giganti del mare e il loro meraviglioso canto, che oggi sembra quasi un grido di aiuto. Ascoltiamolo. Ora più che mai.

Carolina Salomoni

Exit mobile version