Cosa sono i bagni gender neutral, installati nel Comune di Reggio Emilia?
Sono, in primo luogo, un grande segno di civiltà, proposto in un Paese che non vanta di primati in ambito civile, specialmente sulle tematiche di genere. Quella attuata dal Comune di Reggio Emilia è una vera rivoluzione: approvate le toilette per il “terzo sesso”, per chi è in una fase di transizione per il cambio sesso e non si riconosce in nessuno dei due generi di solito rappresentanti sui simboli dei bagni.
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L’iniziativa è contenuta nel protocollo operativo per il contrasto all’omontransofobia e omotransnegatività e per l’inclusione delle persone Lgbt, firmato nei giorni scorsi. Esso prevede, oltre ai bagni gender neutral, la casella “altro” oltre a maschio e femmina nei documenti istituzionali. Inoltre, permette a tutti i lavoratori degli enti che sottoscrivono il protocollo di utilizzare l’alias in caso di fase di transizione sessuale. Il protocollo durerà cinque anni ed è stato sottoscritto dal Comune, dalla Provincia, dalla Regione Emilia Romagna e da diverse altre realtà, come Arcigay, le università e le scuole. gli istituti sportivi, i tribunali.
Un esempio di inclusività
Alberto Nicolini, presidente di Arcigay Gioconda, commenta in questi termini l’iniziativa. “Un esempio di inclusività, un primo passo importante che permette alle persone di entrare in luoghi istituzionali, di lavoro o pubblici sapendo che saranno accolte e considerate. L’inclusione è un lungo viaggio e percorrerlo significa anche partire da ciò che è vicino a noi, come le scuole, gli ospedali, persino le prigioni. Vuol dire fare formazione e usare un linguaggio che riduca l’ostilità che si percepisce naturalmente a questo mondo”.
“Questo processo non può riguardare solo la nostra città”, continua Nicolini. “La legge regionale ha dimostrato che si può fare, tuttavia ora è il momento di affrontare il tema a livello più ampio, sia geograficamente, sia a livello di questioni. Un esempio è l’accesso alla salute, che non compete al Comune. E’ ora che ciò che è stato fatto qui venga fatto anche altrove”.
Ilaria Genovese