Arte satirica e cultura pop come battaglia civile: l’impegno di Badiucao

Badiucao

La settimana scorsa si è conclusa la prima mostra su suolo italiano dell’artista Badiucao, cinese dissidente che usa l’arte come forma di protesta contro l’autoritarismo del suo paese d’origine.

Attualmente Badiucao vive in Australia e si sta dedicando a illustrazioni satiriche sulle Olimpiadi invernali di Pechino, ma la sua carriera artistica parte agli inizi del millennio, quando è costretto ad abbandonare la Cina per essersi dedicato all’arte di protesta, perseguitato dal governo comunista. Lo chiamano il “Banksy cinese”, ma l’identità dell’artista è nota e con le sue opere corre dei grandi rischi; Badiucao stesso ha provocatoriamente detto: “Questa è la differenza tra me e lui: io sono una persona mentre lui è un brand”.

La vita in esilio di Badiucao

L’arte di protesta è sicuramente una delle forme artistiche che più porta difficoltà nella vita dei suoi esecutori. Quella di Badiucao non è da meno, se si pensa anche solo allo pseudonimo che l’artista ha dovuto adottare per proteggere lui e la sua famiglia dalle ritorsioni del regime cinese.

Badiucao nasce a Shanghai alla fine nel 1986, al culmine del malcontento per quella rivoluzione culturale che un decennio prima aveva dilaniato la Repubblica Popolare. Proprio tre anni dopo, infatti, ha luogo uno degli eventi più emblematici della storia contemporanea cinese: la protesta e il conseguente massacro di piazza Tienanmen. L’evento, censurato e condannato dal governo comunista, ha segnato profondamente la vita e le idee di Badiucao, che proprio in seguito alla visione clandestina del documentario The Gate of Heavenly Peace ha deciso di dedicarsi all’arte di protesta.

L’avvio della sua carriera

L’artista cinese non ha avuto una particolare preparazione artistica. Da studente di legge alla East China University, interrompe gli studi agli inizi del 2000 per dedicarsi all’espressione del suo dissenso. Ben presto, nel 2009, è costretto a lasciare la Cina e a trasferirsi in Australia per proteggersi dalla censura e per poter continuare con la sua arte. Lì inizia a produrre i suoi primi disegni satirici, e, nonostante fosse lontano dalla patria, per molto tempo si è trovato costretto a indossare una maschera durante le sue apparizioni pubbliche.
Nel 2019, in occasione dell’uscita del documentario sulla sua vita, China’s Artful Dissident, Badiucao ha deciso di mostrare il suo volto e svelare la sua identità.

Il successo internazionale

Ad oggi l’artista risiede ancora in Australia; le sue opere sono state usate da enti e aziende come Amnesty International, BBC, CCN, ed esposte in Australia, Stati Uniti e, per la prima volta in Europa, in Italia alla mostra allestita presso il museo di Santa Giulia di Brescia.
Persino le sue mostre sono state oggetto di critiche: per quella italiana, per esempio, l’ambasciata cinese ha cercato di cancellarla dichiarando che “le opere che espone sono piene di bugie e mettono in pericolo le relazioni Italia-Cina”.

Satira tra fantasmi del passato e terrori attuali

L’arte di Badiucao sin da subito è stata influenzata da quella spinta di protesta e di ricerca della verità che caratterizza chi per troppo tempo è rimasto sotto una “campana di vetro”, in questo caso sotto la censura cinese. Nelle sue opere l’artista unisce satira e cultura pop per creare messaggi di dissenso nei confronti di questioni politiche e sociali, sia passate che attuali. L’espressività dell’arte pop contemporanea si somma a quella della più tradizionale propaganda, facendone una caricatura e trasformandola in battaglia civile.

Lo stile di Badiucao

I metodi artistici utilizzati da Badiucao sono molti. Dai disegni, alle illustrazioni e ai fumetti, fino a installazioni, oggettistica e performance concrete. Una delle opere più d’impatto è sicuramente “Watch”, una serie di orologi disegnati con il sangue dello stesso artista in memoria di 64 studenti che persero la vita durante l’eccidio di piazza Tienanmen, posti accanto al vero orologio che il governo cinese regalò ai soldati in segno di ringraziamento.
L’artista inoltre utilizza il suo profilo Twitter – dov’è attualmente seguito da più di 95mila persone – per portare avanti delle campagne artistiche a sostegno delle sue idee.

Il concetto dietro alle opere

Dietro alle opere sue opere emerge un reale e concreto attivismo per gli eventi contemporanei e per le più varie violazioni dei diritti umani, di cui Badiucao si fa portavoce e che cerca di smascherare. Tra i fatti protagonisti degli ultimi vent’anni, l’artista ha spaziato dalle dittature di Xi Jinping e Putin alle controversie su Donald Trump, la morte in detenzione del premio Nobel Liu Xiaobo e la persecuzione della moglie Liu Xia, fino alle repressioni in Myanmar dell’anno scorso; ha inoltre supportato diversi altri attivisti come Ai Xiaoming, Denise Ho e Wang Weixing.

La “postmemoria” di Tienanmen

L’evento che ha segnato e ha ispirato parte delle opere di Badiucao è appunto la protesta di piazza Tienanmen, avvenuta nella primavera del 1989 e culminata il 4 giugno con un massacro da parte dei militari cinesi. In merito alla vicenda, la Cina ha proibito ogni riferimento ad essa, e giusto nel 2021 ne ha rimosso tutti i memoriali. Badiucao, quindi, si è posto sin dai suoi albori come artista in aperta sfida con il regime cinese.

The Tank Man

La figura che più ritorna nella sua protesta è quella del cosiddetto Tank man, l’iconico uomo disarmato che si pose di fronte ai carrarmati cinesi per bloccarli. Badiucao non solo la ritrae in diverse forme, ma ha anche dato il via nel 2016 a un movimento divenuto mondiale: il 4 giugno si era posto su un piedistallo in mezzo alle strade della città di Adelaide vestito “da tank man, chiedendo il sostegno internazionale del suo gesto. Nel 2018 ha poi pubblicato una vera e propria guida su come portare avanti questa dimostrazione, spronando pure le “tank woman” e dando così rilevanza anche alle proteste femministe avvenute in Cina l’anno precedente con la campagna MeToo.

Badiucao e la sua contemporaneità

Come detto prima, nell’arte di Badiucao si ha un connubio tra eventi passati e vicende estremamente recenti.
Tra le serie più famose dell’artista spicca quella sul presidente cinese Xi Jinping, personificato dalla figura di Winnie the Pooh. Questo perché il segretario del partito comunista ha bannato dal paese il tenero orsetto, che tempo prima era stato affiancato in diversi memes girati su Internet al suo viso. Badiucao ha cavalcato l’onda provocata dai social e dal 2017 Winnie the Pooh è diventato il suo modo satirico di rappresentare Jinping. Recentemente, in occasione del Capodanno cinese per l’inizio dell’anno della Tigre, l’artista ha raffigurato Tigro, compagno di Winnie nel cartone, che salta sopra l’orso e lo ferisce.

Arte, pandemia e censura

Un altro lavoro di particolare importanza è stato quello sulla pandemia da Covid-19 e la conseguente censura sui fatti del governo cinese, con disegni ad esempio di Jinping che allatta il virus; sempre in merito alla pandemia, Badiucao ha prodotto la serie “No I can’t, no I don’t understand” in memoria del medico Li Wenliang, colui che per primo cercò di denunciare i rischi legati al virus e di cui ha raccolto alcune riflessioni nel “Diario di Wuhan”, scritto dall’artista stesso; questo, ad oggi, risulta l’unica testimonianza non censurata del lockdown di Wuhan del 2020.

La denuncia alle violazioni dei diritti

A proposito di diritti umani, Badiucao è stato diretto sostenitore delle proteste di Hong Kong, iniziate nel 2014 e arrivate al culmine nel 2019; diverse sono state le opere su questa tematica, come “Carrie Xi”, il ritratto del capo esecutivo della regione Carrie Lam unito a quello di Jinping, o la “Lennon Flag”, una bandiera multicolore ispirata alla campagna artistica “Lennon Wall dove l’artista ha chiesto di tappezzare Hong Kong di post-it con su espresso il proprio dissenso e le proprie richieste.

Il genocidio dello Xinjiang

Infine, tra gli argomenti più scottanti dell’ultimo periodo, Badiucao ha attaccato duramente il governo cinese per quanto riguarda il cosiddetto genocidio culturale degli uiguri nella Regione autonoma dello Xinjiang. L’artista ha condannato la Repubblica Popolare per aver internato oltre un milione di musulmani in campi di rieducazione, mettendo in evidenza come l’opinione pubblica internazionale abbia posto poca attenzione su quanto è accaduto. Badiucao nemmeno in questo caso ha perso l’occasione per criticare altri aspetti del mondo contemporaneo, usando grandi marchi, personaggi come Elon Musk e grafiche simil pubblicitarie per satireggiare sulla vicenda.

Giulia Girardello

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