Badanti senza Green Pass: non possono lavorare, famiglie nel caos

badanti senza green pass

E i badanti senza Green Pass? Qualcuno in effetti se l’era chiesto. E alla fine il Governo ha risposto: non possono lavorare. Per molte famiglie però questo significa piombare nel caos.

Badanti senza Green Pass

La risposta del Governo è arrivata poche ore fa, tramite una faq integrativa al noto decreto scattato per tutti i lavoratori il 15 Ottobre. La precisazione prevede appunto che i badanti senza Green Pass non possano lavorare, inoltre non possono accedere all’abitazione nemmeno se vi abitano. In sostanza: siccome vitto e alloggio fanno parte della retribuzione, quindi sono collegate al loro lavoro, anche questi devono essere sospesi. Come per gli altri lavoratori, anche i badanti senza Green Pass hanno fino al 31 Dicembre per esibire certificazione valida per poter ritornare al lavoro, fino a quel momento lo stipendio così come i contributi da versare all’Inps sono sospesi. Il controllo del Green Pass è rimesso alla famiglie, così come da decreto. Le modalità operative però sono ancora incerte: l’uso dell’app specifica è la soluzione più probabile ma forse anche la più ostica, dato che molti datori di lavoro sono persone anziane.




I confini del caos

Si stima che i badanti senza Green Pass siano il 30% del totale. Ad essi si aggiungono  babysitter, colf e governanti. In numeroni si tratta di 600mila persone che non possono lavorare. Per esteso, quindi, 600mila famiglie che devono trovare una soluzione. Bollare semplicemente questa categoria di lavoratori come no-vax  o facinorosi di sorta sarebbe però impreciso. Il 70% dei lavoratori domestici proviene dall’Est Europa: il loro accesso al vaccino ha subito quindi interferenze di natura politica e culturale. Nei Paesi dell’Est Europa ed ex Unione Sovietica, Russia compresa, l’approccio al vaccino è stato discontinuo e confuso da parte dei Governi stessi a cui queste persone, sebbene residenti in Italia, guardano per orientarsi. Le campagne vaccinali in questi Paesi d’origine sono andate a rilento, mentre qui non sono state poche le difficoltà di inserimento nel nostro di piano vaccinale tra barriere linguistiche e burocrazia farraginosa. In più, una cifra cospicua di questi lavoratori è vaccinata con Sputnik: una vaccino non riconosciuto in Italia ai fini del Green Pass ma che allo stesso tempo non permette di vaccinarsi nuovamente con ciò che prevede il nostro piano vaccinale. Insomma un limbo dove affibbiare tutte le colpe alle badanti senza Green Pass non sembra del tutto giusto.

Doppia cecità

I lavoratori domestici in Italia sono un milione. Due se si aggiunge la stima approssimativa di coloro che lavorano in nero. Dal Governo e dalle associazioni sindacali, la notizia del decreto è stata accolta con favore: il controllo del Green Pass può portare alla luce una parte di sommerso. Il lavoratore sospeso può essere rimpiazzato e si consiglia di assumere con contratto a tempo indeterminato che permette risoluzioni lavorative più snelle per questo tipo di categorie. In sostanza una manna miracolosa dal punto di vista fiscale e sanitario. Queste buone intenzioni paiono però scontrarsi contro due punti critici. Il primo è che il controllo è rimesso alle famiglie. Le stesse che magari assumono in nero o presentano soggetti non vaccinati per scelta. Chi controlla quindi i controllori? In secondo luogo, la nostra casa, i nostri figli, i nostri anziani sono le cose più preziose che abbiamo: non si affidano a chiunque. Il rapporto tra la famiglia e il lavoratore domestico è delicato e stretto, basato sulla fiducia e spesso sull’affetto reciproco. Anche ammesso di godere in Italia di un sistema lavorativo equo e snello, che permetta di assumere e licenziare con facilità, probabilmente le famiglie avrebbero qualche remora ad avvalersene. Così come ad effettuare i controlli necessari. Sostituire un lavoratore domestico richiede tempi di selezione, di conoscenza e di adattamento molto lunghi: nel frattempo la famiglia cosa fa? Degli anziani e dei bambini chi se ne occupa? Equiparare il lavoro domestico con altre tipologie di mansioni può non essere la strategia più giusta. Lavorare con le persone comporta un legame che venendosi a spezzare potrebbe provocare sofferenza proprio nelle persone fragili che si intendono proteggere, come anziani e bambini. Questa doppia cecità rispetto al lavoro domestico rende la gestione dei badanti senza Green Pass doppiamente complessa.

Domande necessarie

La legge si rispetta. La ratio del decreto non è in discussione. Esso sancisce il Green Pass come strumento significativo anche nel mondo del mondo. Di fatto però è uno strumento discriminatorio, per sua stessa natura: divide chi è vaccinato da chi non lo è, ai fini dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo. Premura del Governo deve essere quella di contenere questa discriminante, da cui dipendono diritti costituzionali, nel tempo e nei modi. Intorno a questi limiti, le opinioni possono essere le più diverse; così come le risposte possibili. Le domande da porsi invece sono pesanti e trasversali, ci impongono una riflessione senza troppa leggerezza. Licenziare i badanti senza Green Pass che costi comporta per le famiglie e i loro assistiti, in termini di tempo, energia e impatto emotivo? Consci delle difficoltà culturali e linguistiche, il provvedimento diventa lesivo in senso etnico o di classe sociale? Se il vitto e l’alloggio sono sospesi perché parte integrante del lavoro, tutti questi badanti senza Green Pass, distanti dal loro Paese, senza parenti in Italia e senza comprendere la nostra lingua, dove potranno dormire, mangiare, avere un riparo dal freddo? Chi gli aiuterà a vaccinarsi e così a proteggere loro stessi e gli altri?

Alice Porta

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