Ayrton Senna: l’1 Maggio più tragico nella storia dello sport

Ayrton Senna moriva l’1 Maggio del 1994, data oramai storica, che porta con sé la memoria di uno dei più tragici incidenti del mondo dello Sport. Sono passati esattamente ventisei anni dalla scomparsa del campione brasiliano, un eterno bambino che amava correre in sella ad una potente monoposto.  Quella passione per la velocità lo aveva difatti caratterizzato sin da piccolissimo: a soli quattro anni aveva sperimentato il suo primo go-kart, riuscendo a trarre da tale passione anche l’arte del meccanico. I più appassionati conosceranno sicuramente l’evoluzione qualitativa della carriera di Senna: dal Brasile, suo paese d’origine, all’Inghilterra, e da lì dritto sui palcoscenici di Formula1. Una splendida crescita sportiva quella di Ayrton Senna, che come nell’affermazione di tanti talenti, ha goduto della necessaria approvazione e dell’incoraggiamento del padre.  Ayrton SennaQuest’ultimo difatti fu il primo a credere nelle potenzialità del figlio, tanto da affidarlo al miglior preparatore disponibile, il “Tche“.  Senna aveva solo 17 anni in quel periodo, e vinse il suo primo titolo internazionale in sella ad un go-kart.

Perfezionista, individualista e sempre concentrato sulla vittoria, Ayrton nutriva una strana ossessione per le curve. Se in un rettilineo spingeva al massimo, in una curva premeva ancor di più. Molti credevano di lui che fosse un folle, ma Senna riuscì a dar forma alla tecnica che rivoluzionò completamente il modo di correre in kart. Bloccare nei lunghi rettilinei il condotto del carburatore con la mano destra arricchendo la miscela e lubrificando maggiormente il cilindro, gli permetteva poi di riprendere il volante ed affrontare al meglio la curva. Una firma la sua, autentica e talentuosa, lasciata al mondo dei kart. Tuttavia il suo sogno era la Formula1, così dopo aver marcato la sua presenza da vittorioso prima nella Formula Ford e poi nella Formula 3, arrivò senza troppe difficoltà a gareggiare nella massima categoria delle vetture monoposto.

Ayrton Senna: la tragica fine di un uomo di sport

Tutti conosciamo, o almeno abbiamo sentito parlare, dei grandi successi di Ayrton Senna in F1. Il mondo, nel giro di 10 anni, dal 1984 al 1994, conobbe un vero professionista della velocità. Tecnica e talento fecero di lui uno dei più grandi campioni della storia di questo sport. Ma si sa che ogni campione è destinato ad avere un proprio antagonista, un rivale sul campo. E si sa che in una grande carriera sportiva, oltre agli onori, non mancano di certo eventi burrascosi e situazioni di difficoltà. Ad un passo dall’apice del successo, Senna si ritrovò affiancato in squadra (team McLaren) da colui che sarebbe diventato il suo peggior nemico ed eterno rivale, Alain Prost. Il rapporto con quest’ultimo mise a dura prova la bontà e la carriera stessa di Ayrton Senna. I due, gonfi di rivalità, misero addirittura a rischio la loro vita scontrandosi nel 1990 a Suzuka. A seguito dell’accaduto si capì in realtà che lo stesso Prost aveva chiuso la traiettoria per innescare l’incidente, ma ciò non servì ad evitare l’espulsione ingiusta del campione brasiliano.

Lo sport, e la rivalità che ne consegue, possono giocare brutti scherzi ai protagonisti in azione, tuttavia lo scherzo più crudele che la vita potesse giocare ad Ayrton avvenne l’1 Maggio del 1994. Il Gran Premio di San Marino viene ricordato oggi come uno tra i circuiti più pericolosi di F1, eppure Senna ventisei anni fa lo sapeva bene. Quel giorno, all’Autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola, Ayrton correva con i colori austriaci in segno di lutto: proprio nelle prove del sabato aveva perso già la vita Roland Ratzember. Quella passione per le curve Senna l’aveva sempre vissuta con adrenalina. Quel giorno fu giusto una curva, quella del Tamburello, ad essere fatale al campione brasiliano.

Al settimo giro del Gran Premio di San Marino, Ayrton Senna salutò la sua folla dando forma, allo stesso tempo, alla sua immortalità.

 

 

 

“Il mio nome è Ayrton, e faccio il pilota, e corro veloce per la mia strada”

Molto spesso, a scolpire la memoria dei grandi uomini della storia, le loro gesta e la loro importanza, sono proprio le canzoni. È certamente il caso di “Ayrton”, celebre brano interpretato da Lucio Dalla e prima traccia del suo album Canzoni (1996). L’elegante testo e la musica suggestiva sono stati però composti da Paolo Montevecchi e dalla sua forte esigenza di dar forma al ricordo del campione brasiliano. Montevecchi non aveva conosciuto Senna di persona, ma era rimasto profondamente colpito dal forte rapporto che il brasiliano intratteneva con Dio. Nel testo, sembra che a parlare sia lo stesso Ayrton Senna: un monologo, forse interiore, al quale Montevecchi ha dato le giuste parole. Molto significativo è l’inizio del brano: un rombo di motore, con sottofondo il pianoforte di Dalla. Un capolavoro musicale capace di far rivivere l’ultima gara di Senna al Gran Premio di San Marino, l’ultimo suo giro nel circuito della vita. Grazie al brano in questione tanti giovani hanno potuto conoscere e quindi rendere immortale nel tempo il grande Ayrton.

“E ho deciso una notte di maggio
in una terra di sognatori
ho deciso che toccava forse a me
e ho capito che Dio mi aveva dato
il potere di far tornare indietro il mondo
rimbalzando nella curva insieme a me
mi ha detto “chiudi gli occhi e riposa”
e io ho chiuso gli occhi.”

Gabriella Gaudiano

 

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