La società democratica, basata sulla sovranità popolare come principio base di molte Costituzioni, sta cambiando di fronte ai nostri occhi.
Il potere si sposta verso i nuovi padroni economici del mondo. Il contratto sociale si erode, sotto il peso dell’esaltazione della guerra, della criminalizzazione del dissenso e del restringimento dei diritti civili.
Di fronte a noi, cosa c’é? Oligarchia? Autoritarismo?
E come possiamo, e dobbiamo, rispondere?
L’autoritarismo prende sempre più piede nel mondo, in Europa e in Italia. Occupando quegli spazi vuoti che l’attuale classe dirigente non sta riuscendo a colmare.
Si moltiplicano gli scioperi, in Italia e in Europa, dovuti alla crescente insoddisfazione dei cittadini nei confronti delle politiche governative. Le quali non sembrano rispondere alle difficoltà e alle richieste dei lavoratori, in particolare nei settori dei mezzi pubblici, dell’istruzione, della sanità, quello aereo, quello ferroviario, del trasporto merci.
Il calendario di novembre, in generale, è fitto di scioperi e proteste. Tra questi, uno sciopero generale di Cisl e Uil contro la Legge di Bilancio. La quale, secondo il leader della Cgil, Maurizio Landini, “non è più una trattativa, ma un diktat“.
Questa legge di bilancio taglia i servizi fondamentali, disgrega le comunità, abbandona gli anziani a casa, smantella i servizi sociali e lascia i giovani da soli nella ricerca, spesso disperata, di una realizzazione personale e professionale, per favorire il disagio precoce, la malattia e la sua mercificazione
Una Legge che, oltre a questo, non ammette confronto e dialogo tra le parti. Visto che l’opinione del sindacalista è stata subito accusata di “integrare gli estremi di un reato“.
Mentre i cittadini si scontrano con una politica inadeguata e chiusa alla dialettica, questa si impegna in un lento ma costante smantellamento degli spazi di libertà per l’informazione e per la manifestazione del dissenso.
Un fenomeno che è stato osservato da Freedom House, nel suo annuale report sullo stato della democrazia e dei diritti nel mondo.
Nel 2023, la libertà globale affronta il suo diciassettesimo anno consecutivo di declino
Ne è esempio, negli ultimi giorni, il grave (ennesimo) attacco verso il programma di giornalismo investigativo Report, di Sigfrido Ranucci.
A seguito del servizio di Giorgio Mottola, sulla situazione israelo-palestinese, il programma di Rai3 ha infatti ricevuto intimidazioni anonime agghiaccianti.
Vi dovreste vergognare per l’ignobile servizio anti Israele della scorsa settimana. Pulizia etnica da parte dell’esercito israeliano a Gaza!? La meritereste Voi, stile redazione di Charlie Hebdo
Solo la settimana prima, dopo un servizio d’inchiesta sull’addetta stampa alla Camera, Antonella Giuli, il senatore di FI, Maurizio Gasparri aveva dichiarato: “Report è l’Hamas della televisione“.
Ma a suscitare preoccupazione per quanto riguarda la libertà di espressione è anche la sospensione imposta all’insegnante, scrittore e attivista politica Christian Raimo che, in occasione della Festa nazionale di Verdi e Sinistra, ha paragonato il ministro dell’Istruzione Valditara, alla “Morte Nera” di Star Wars.
Da un punto di vista politico, Valditara va colpito come si colpisce la Morte Nera di Star Wars. Nella sua ideologia ci sta tutto il peggio: la cialtroneria, la recrudescenza dell’umiliazione, abilismo, classismo, sessismo. Tutto quello che dice è arrogante, cialtrone, lurido
Parole, quelle di Raimo, che gli sono costate tre mesi di sospensione e lo stipendio dimezzato. Ma che hanno trovato la solidarietà di centinaia di studenti e colleghi docenti.
Nel frattempo, continuano i violenti scontri tra manifestanti e forze di polizia, come recentemente avvenuto a Milano e Bologna.
Fatti che hanno portato il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, a invocare persino la chiusura dei centri sociali.
Da ministro, da vicepresidente del Consiglio, da genitore e da segretario della Lega chiederò di intervenire immediatamente per chiudere questi covi di delinquenti che sono i centri sociali comunisti
La sovranità sfugge dalle mani del popolo nell’autoritarismo
Secondo l’Articolo 1 della Costituzione italiana, “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione“. Lo stesso concetto, quello del governo del popolo, è cardine di tutte le Costituzioni occidentali.
Ma, sebbene lo sia sulla carta, non sempre lo è anche nei fatti.
Lo dimostrano le reazioni alle richieste di spazio e di dialogo della società, ma soprattutto ne è prova il complesso politico-militare.
Da sempre, la guerra è prima di tutto un intreccio di interessi e affari tra gruppi elitari di industriali, politici e forze armate.
Interessi che ricadono sui lavoratori, sulle loro famiglie, e su tutti i cittadini, concorrendo ad aumentare la fame, il disagio, la povertà. E che convengono nella corruzione dello spazio politico-mediatico, imponendo una determinata narrazione e visione della realtà che servono alla “costruzione del consenso“.
Un fenomeno che continua ad allarmare ONG e organizzazioni per la libertà di stampa, come osservato da RSF nel suo annuale indice della libertà di stampa nel mondo.
Un numero crescente di governi e autorità politiche non sta svolgendo il proprio ruolo di garanti del miglior ambiente possibile per il giornalismo e per il diritto del pubblico a notizie e informazioni affidabili, indipendenti e diversificate. RSF vede un preoccupante calo del sostegno e del rispetto per l’autonomia dei media e un aumento della pressione da parte dello Stato o di altri attori politici
Mentre gli interessi della popolazione si esprimono in continui e sempre più forti richiami alla pace e al cessate al fuoco, l’impatto del complesso militare e industriale sulla politica che trovano come risposta un aumento della spesa in commercio di armi a fronte dell’erosione dei servizi. Un aumento che è stato preso in esame dal SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute), che rivela come, nel 2023, il mondo abbia raggiunto il più alto livello di spesa militare dai tempi della Guerra Fredda.
Non è mistero che la classe dirigente europea e i media occidentali siano fortemente condizionati e dipendenti dalle scelte economiche, politiche e militari degli Stati Uniti.
Su questo tema, si è espressa anche RAND Corporation, con un report su temi di geopolitica e difesa che osserva anche il peso degli interessi strategici statunitensi.
Mentre gli Stati Uniti perseguono i loro interessi strategici, l’intreccio tra influenza militare e obiettivi politici è sempre più evidente
Oggi, sotto la guida del duo Trump-Musk: il neoeletto Presidente USA e l’uomo più ricco del mondo.
Elon Musk ricopre ruoli di rilievo nei settori della tecnologia – in quanto CEO di Tesla e SpaceX – e della comunicazione, in particolar modo dopo l’acquisto, nel 2022, di Twitter, una delle principali e più influenti piattaforme di comunicazione rapida.
In più, Musk sarà alla guida (insieme a Vivek Ramaswamy) del nuovo “Dipartimento per l’efficienza governativa” dell’amministrazione Trump. Nomina che, secondo alcuni legislatori intervistati da NBC News, potrebbe essere molto significativa per i suoi interessi finanziari. Specialmente nel settore aerospaziale, che si intreccia con quello della difesa e militare.
Sul tema è intervenuto Federico Fubini sul Corriere della Sera.
Il punto è piuttosto Starlink, la rete che attualmente ha nell’atmosfera 6.400 satelliti per la connessione Internet (ma potranno raddoppiare o quadruplicare in breve tempo). Starlink può rifornire compagnie navali o aeree – queste ultime spesso pubbliche – ma gli interlocutori fondamentali per i suoi contratti sono e saranno sempre centinaia di governi e grandi aziende statali in tutto il mondo
Proprio in l’Italia sembra esserci una grande intesa politica e imprenditoriale con Elon Musk.
Il quale più volte si è espresso su questioni politiche interne. Solo pochi giorni fa, Musk ha commentato la decisione della magistratura della sezione immigrazione del tribunale di Roma, la quale ha liberato – per la seconda volta – sette migranti trattenuti nel Cpr in Albania.
Questi giudici devono andarsene
Un’ingerenza che non è stata accolta dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha rilasciato una dichiarazione in difesa del diritto dell’autodeterminazione del popolo italiano.
Autoritarismo: questa Europa l’abbiamo voluta noi. Perché?
La tendenza a un sistema politico sempre più autoritario e oligarchico è evidente non solo in Italia, ma anche in Europa e nel resto del mondo. Oggi, secondo il report annuale Democracy Index, meno dell’8% del mondo vive in una sana e completa democrazia.
Un fenomeno che, alla luce della vittoria schiacciante di Trump negli USA, è diventato oggetto di analisi e riflessioni.
Alcuni analisti parlano di “democratura“, altri di “antidemocrazia“.
Ma il concetto è quello di un autoritarismo oligarchico, che mantiene una facciata democratica pur erodendone l’impianto interno secondo gli interessi di pochi, ma eminenti per forza politica e sociale.
Tra i motivi che spingerebbero i cittadini a scegliere “la mano forte” c’è, in primis, il fallimento della classe dirigente nel gestire le sfide contemporanee. Tra cui: il cambiamento climatico, la crisi migratoria, la crisi sanitaria globale, e la crescente disuguaglianza economica, insieme al cambiamento del mondo del lavoro derivante dall’avanzamento tecnologico e da una sempre maggiore globalizzazione.
Tutti questi fattori concorrono ad alimentare un sentimento anti-establishment.
Il quale trova risposta, in Europa, con i concetti di difesa dei valori tradizionali e dell’identità nazionale.
In Asia, con una critica al caos europeo.
Oltreoceano, con un populismo che contrappone il popolo retto e giusto a presunte élite corrotte.
Le voci allarmate che si alzano a denunciare la deriva verso l’autoritarismo sono sempre di più, ma non abbastanza forti da innescare un cambio di rotta. La loro debolezza sta nel fatto che la risposta all’attrazione autoritaria non può essere la semplice difesa dello status quo.
La democrazia deve rispondere difendendo i propri principi fondamentali di libertà, uguaglianza e partecipazione, ma mettendosi nel frattempo in condizione di evolversi e di offrire soluzioni nuove, ai problemi di un’epoca storica nuova.
Questo un pensiero che, già nel 1955, aveva ispirato Piero Calamandrei in un discorso sulla Costituzione che, oggi, risuona più attuale che mai.
[…]
Perché quando l’articolo 3 vi dice “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” riconosce, con questo, che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo, contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare, attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani. Ma non è una Costituzione immobile, che abbia fissato, un punto fermo.È una Costituzione che apre le vie verso l’avvenire, non voglio dire rivoluzionaria, perché rivoluzione nel linguaggio comune s’intende qualche cosa che sovverte violentemente; ma è una Costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa Società, in cui può accadere che, anche quando ci sono le libertà giuridiche e politiche, siano rese inutili, dalle disuguaglianze economiche e dalla impossibilità, per molti cittadini, di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che, se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anch’essa contribuire al progresso della Società.
Quindi polemica contro il presente, in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione presente
[…]