Autonomia differenziata: un’opportunità per dividere il paese?

copertina boboto.it

È previsto per venerdì 15 febbraio il Consiglio dei Ministri che dovrebbe dare il via libera all’autonomia differenziata, ma c’è chi dice no.

Si terrà infatti nella stessa giornata, a partire dalle 11.30 a Montecitorio, la mobilitazione indetta dall’Unione dei Sindacati di base proprio per dire no a quello che viene definito “federalismo mascherato”.

L’articolo 116, terzo comma, della Costituzione prevede la possibilità di attribuire forme e condizioni particolari di autonomia alle Regioni a statuto ordinario. La riforma del 2001 del titolo V  consente ai Governi locali di fornire risposte flessibili e graduate ai bisogni delle comunità, nel rispetto dell’Unità Nazionale, della coesione e del principio di solidarietà. Il procedimento previsto per l’attribuzione di autonomia differenziata non ha mai trovato completa attuazione fino ad oggi.

Sono state Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna le prime a farsi avanti ma, successivamente, anche altre Regioni hanno avviato un confronto con il Governo per accordi preliminari. I dossier al centro delle richieste riguardano più di 200 funzioni amministrative in un panorama che va dalla promozione dei beni culturali al «rispetto delle fasce cimiteriali». Le Regioni che hanno chiesto l’autonomia differenziata vogliono avere l’ultima parola su grandi temi come l’istruzione, l’ambiente o il governo del territorio.

Ma non tutti sono d’accordo

Sono tante le perplessità sulle conseguenze del federalismo aumentato, soprattutto per quanto riguarda l’equa distribuzione dei servizi e delle risorse. Una delle preoccupazioni maggiori riguarda la scuola. Il rischio concreto è quello di costruire una sistema scolastico regionale e quindi di creare differenze all’interno del sistema scolastico nazionale.

 

Il prossimo 15 febbraio – si legge sul sito dell’USB – il governo Conte si appresta a dare il via libera al cosiddetto federalismo aumentato o autonomia differenziata con tre regioni, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, che da sole raggiungono il 40 % del PIL dell’intero paese. In pratica, con questo provvedimento queste tre regioni potranno trattenere sul suolo regionale la gran parte del ricavato fiscale, rompendo con il dettato costituzionale che impone una perequazione tra i territori e pari dignità e diritti per tutti i cittadini, indipendentemente dalla collocazione geografica. L’ordinamento giuridico e amministrativo del Paese ne uscirà profondamente sconvolto e sarà completamente messo in discussione ogni riferimento a forme di equità e di uguale dotazione dei servizi nelle diverse aree del paese.

Marilena Passaretti

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