È stata pubblicata una nuova ricerca che studia gli effetti dell’ossitocina sull’autismo. Quali sono le conseguenze di questo studio per chi soffre di questo disturbo? Per capire appieno la portata di questa ricerca è necessario prima chiarire di cosa si tratta quando si parla di autismo.
Autismo o Disturbo dello Spettro Autistico?
Quando parliamo di Disturbo dello Spettro Autistico (ASD; Autism Spectrum Disorder) ci riferiamo a quella gamma di condizioni riconducibili a un disturbo legato al neurosviluppo del bambino. Nel DSM-5, testo che offre un sistema formale di classificazione dei disturbi psichici, l’ASD racchiude tutte quelle sindromi precedentemente classificate come Sindrome di Asperger, Disturbo autistico e Disturbo pervasivo dello sviluppo. D’altronde sembrerebbe che chi soffre di ASD presenti il medesimo insieme di modifiche epigenetiche che influiscono sul livello di espressione di geni. Le cause dell’ASD non sono del tutto note, ma sembrerebbe che tra i fattori di rischio vi siano la genetica e complicazioni pre- e perinatali. Invece, l’ipotesi che il vaccino morbillo-parotite-rosolia (MPR) possa giocare qualche ruolo nell’insorgenza di questo disturbo è indubbiamente stata smentita.
L’obiettivo della ricerca
L’autismo e il suo spettro presentano sintomi riconducibili a: deficit di comunicazione e interazione sociale, relativi per esempio al contatto visivo, all’uso dei gesti non verbali o a difficoltà ad adattare i propri comportamenti ai contesti; comportamenti, interessi o attività ripetitivi, come movimenti ripetitivi o incapacità di modificare la propria routine. La ricerca, condotta da un team della Stanford University guidato da Karen J. Parker, è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences). L’obiettivo della ricerca era di studiare un trattamento efficace. Ricordiamo infatti che attualmente non esiste cura per l’autismo. Parker e colleghi hanno dunque ipotizzato l’uso dell’ossitocina come possibile trattamento per migliorare la capacità sociali di questi bambini. L’ossitocina (OXT) è un neuropeptide sintetizzato principalmente dall’ipotalamo, la cui importanza risulta cruciale per il comportamento sociale dei mammiferi.
Le modalità di somministrazione
Studi precedenti avevano presentato risultati contrastanti, mostrando in alcuni casi notevoli miglioramenti, in altri no. Queste differenze possono essere spiegate tenendo conto della considerevole eterogeneità dell’ASD, ipotizzando dunque diversi livelli di base di OXT. Si ipotizza dunque che i bambini con livelli minori di ossitocina siano anche quelli che possano ottenere benefici maggiori da questo trattamento. Questi bambini, infatti, risultavano essere anche quelli con minori capacità sociali. I ricercatori hanno somministrato l’ossitocina per quattro settimane a un gruppo di 32 bambini con ASD, confrontando i risultati con quelli di un gruppo di controllo a cui veniva somministrato un placebo. L’esperimento è stato realizzato in doppio cieco (sia i soggetti, sia gli sperimentatori non sapevano cosa stavano somministrando e a quale campione).
Cosa è emerso?
I risultati hanno mostrato un miglioramento significativo del campione sperimentale (i bambini che hanno effettivamente ricevuto la dose di ossitocina) rispetto al campione che ha ricevuto il placebo. Inoltre, i livelli di ossitocina precedenti al trattamento ne predicevano l’efficacia. Infatti, i bambini che mostravano livelli minori di OXT prima del trattamento erano quelli che, in seguito al trattamento stesso, mostravano un miglioramento sociale maggiore. Inoltre, un miglioramento delle capacità sociali è stato riscontrato anche in chi ha ricevuto il placebo, correlato anch’esso a un aumento dei livelli endogeni di ossitocina (presumibilmente aumentati in virtù delle interazioni sociali che questi bambini hanno vissuto). Questo risultato non se lo aspettavano nemmeno i ricercatori.
La sperimentazione deve continuare
Certamente questa ricerca, come qualsiasi altro studio, non è esente da limiti. Innanzitutto, il campione è abbastanza ristretto e vi sono poche bambine (anche se l’ASD viene diagnostico quattro volte di più nei maschi che nelle femmine). Durante il trattamento era possibile assumere altri farmaci (sebbene non abbiano interazioni conosciute con l’OXT). Infine, i miglioramenti sono stati rilevati attraverso un questionario (seppur standardizzato) compilato dai genitori (ma non esistono misure oggettive in grado di sostituire il questionario). Nonostante ciò, i risultati sono decisamente promettenti. Considerati i passi da gigante che la scienza compie ogni giorno (si veda cosa è possibile realizzare tramite il sistema CRISPR), non possiamo che essere ottimisti. Condividete questo ottimismo?
Davide Camarda