È passato più di un mese dalla tragedia di Cutro, nella quale hanno perso la vita almeno 91 migranti, eppure né le discussioni sulle politiche migratorie né la conta delle vittime accennano a fermarsi. L’aumento degli sbarchi di migranti provenienti dall’Africa e dal Medioriente verso l’Europa, quadruplicati per intensità rispetto allo scorso anno, ribadisce ancora una volta l’urgente necessità di una riforma delle politiche migratorie a livello nazionale ed europeo
Quello dell’immigrazione è da ormai oltre un decennio uno dei temi più onnipresenti e divisivi all’interno del dibattito politico italiano, un argomento capace di catalizzare l’attenzione dell’opinione pubblica e di diventare il focus principale delle campagne elettorali di diversi partiti, sebbene sia inevitabile associarlo soprattutto alla Lega di Matteo Salvini, colui che tanto all’opposizione quanto al governo ha fatto della lotta all’immigrazione clandestina l’arma più rilevante del suo arsenale politico. Il dibattito sulle politiche migratorie italiane ed europee, che si protrae da anni e che pur con intensità alterne è arrivato a permeare quasi ogni ambiente della società nel nostro paese, sta vivendo una recrudescenza proprio nelle ultime settimane, nelle quali, dopo che la tragedia di Cutro ha riportato in prima pagine il tema, si è assistito a un vertiginoso aumento degli sbarchi di migranti provenienti dall’Africa e dal Medioriente verso le coste italiane.
Secondo i dati ufficiali diffusi dal ministero dell’Interno, tra il 23 e il 28 marzo sono arrivati in Italia 6.564 migranti, mentre dall’inizio del 2023 sono 27.059 le persone sbarcate sulle coste del paese. Questi numeri mostrano come, rispetto allo stesso periodo nei due anni precedenti, i flussi migratori che connettono le coste del Nord Africa all’Italia si sarebbero quasi quadruplicati per dimensioni, un dato così significativo da riportare inevitabilmente il tema dell’ “emergenza migranti” alla ribalta all’interno della discussione politica sia nel nostro paese che in Europa, in un dibattito che pare senza soluzione nel quale si scontrano posizioni diametralmente opposte circa la linea da tenere e le politiche migratorie da adottare.
Quella che stiamo osservando ormai da anni è una discussione lunga e spesso infruttuosa della quale a fare le spese sulla loro pelle sono proprio i migranti, ai quali non soltanto non viene concesso di avere voce in capitolo, ma che si trovano al centro di uno scacchiere complicato nei quali sono solo pedine nelle mani di chi sulle loro vite cerca di costruire il proprio consenso elettorale. L’aumento del numero di sbarchi e le sue conseguenze, le cui cause sono da ritrovare soprattutto nell’instabilità politica ed economica di alcune zone di Africa e Medioriente, è allora l’ennesimo segnale della necessità di ridisegnare le politiche migratorie europee, un’impresa che si preannuncia tanto urgente quanto complessa e che non può non tenere conto delle responsabilità presenti e passate dei paesi europei nel contribuire all’attuale situazione di instabilità nei luoghi da cui i migranti scappano in cerca di una vita diversa.
Le cause dell’aumento degli sbarchi di migranti in Italia ed Europa
Sebbene nei media e nel mondo politico si faccia molto più di frequente riferimento alla tratta migratoria proveniente dalla Libia, nonché agli scontri e al ruolo ricoperto dalla Guardia costiera libica, ciò che negli ultimi mesi ha rappresentato una delle maggiori ragioni dell’aumento così vertiginoso del numero di migranti che partono alla ricerca di una vita migliore in Europa è l’intensificazione del flusso di sbarchi di persone partite dalla Tunisia. Infatti, in questo 2023 la rotta tunisina sembra essere incontenibile, con il numero di navi in partenza dal porto di Sfax in continua crescita, come dimostrano le oltre sessanta imbarcazioni con a bordo più di tremila migranti che hanno lasciato le coste del Nord Africa tra il 24 e il 25 marzo. La Tunisia, scossa da una profonda crisi economica e caratterizzata da uno stato di grande tensione a livello politico, ha acquisito rapidamente un ruolo centrale nell’intensificazione dei flussi migratori verso l’Europa, tanto veloce e rilevante da aver allarmato le autorità italiane ed europee.
Non è allora un caso se Paolo Gentiloni, attuale commissario europeo per gli affari economici e monetari, si è recato in Tunisia proprio in questi giorni per parlare con il presidente della Repubblica Tunisina Kais Saied, in un tentativo complesso e inizialmente ostacolato dallo stesso Saied di trovare una soluzione comune per la situazione drammatica nella quale riversa la Tunisia, anche attraverso la distribuzione di aiuti economici da parte dell’Unione Europea in cambio dell’attuazione di una serie di riforme nel paese. Anche in questo caso, ci sarà da comprendere come e se l’intervento delle istituzioni europee sarà efficace nel promuovere miglioramenti per la democrazia e le condizioni di vita in Tunisia, un tema che per quanto riguarda la questione dei flussi miratori non può che riportare la mente ai precedenti accordi tra la UE e la Libia e alle atroci conseguenze che questi hanno comportato per i migranti intrappolati nei campi profughi sotto la giurisdizione di Tripoli.
Se la crisi tunisina è a principale ragione del vertiginoso aumento dei numeri di sbarchi avvenuti in Italia nel 2023, altre cause da considerare sono non soltanto la minore rilevanza del Covid rispetto ai due anni precedenti, ma soprattutto i recenti scenari drammatici che si sono aperti in Iran e Afghanistan, che hanno portato un numero sempre maggiore di persone a tentare la via del mare per raggiungere l’Europa e la sicurezza quantomeno fisica.
Le reazioni degli esponenti del panorama politico italiano
Inevitabilmente, l’aumento degli sbarchi in Italia ha comportato una recrudescenza del dibattito politico che riguarda le politiche migratorie condotto dai principali esponenti di governo e opposizione. Come prevedibile, una delle prime e più rumorose voci che si sono espresse riguardo quella percepita come un’emergenza è stata quella del ministro delle Infrastrutture e vicepremier Matteo Salvini, il quale ha condannato duramente l’operato delle organizzazioni non governative che si dedicano al salvataggio dei migranti in mare:
“C’è evidentemente un attacco della malavita in corso. […] L’Italia è sotto attacco, non le Ong. Se ci sono dichiarazioni della Guardia costiera piuttosto che della Marina, che sono corpi orgoglio dello Stato, che lamentano che il lavoro viene ostacolato, va preso in considerazione. Ma il problema sono i trafficanti e gli scafisti, non altri. […] Sicuramente l’immigrazione non può essere regolata da organismi privati finanziati da paesi stranieri. Questo è poco ma sicuro.”
Quello del leader della Lega, che della sua linea intransigente sull’accoglienza dei migranti ha fatto il suo principale cavallo di battaglia, è un pugno duro contro UE e Ong, che non si limita alle parole ma si estende anche alla pretesa di una maggiore severità delle norme contro queste ultime, come dimostra il ruolo da protagonista assoluto della Lega nella recente redazione del decreto Cutro, che prevede le altre cose un inasprimento delle pene per il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Alle parole di Salvini fanno eco quelle del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che oltre a lodare l’operato del governo Meloni per riportare il tema dell’aumento dei flussi migratori al centro dell’agenda della UE, ha ribadito il punto di vista della destra italiana per la quale la soluzione condivisa a cui le istituzioni europee dovrebbero arrivare è quella del blocco totale degli sbarchi, una prospettiva che di fatto sceglie di ignorare le radici alla base del fenomeno migratorio nonché le responsabilità storiche dei paesi europei.
A criticare aspramente la linea di governo e le recenti azioni intraprese dalla maggioranza è stata la neo-leader del Partito Democratico Elly Schlein, la quale non soltanto ha sottolineato come Giorgia Meloni sia tornata dal Consiglio Europeo con un pugno di mosche per via del suo “atteggiamento propagandistico ed euroscettico”, ma soprattutto come ancora una volta vi sia una netta discrepanza tra le parole del governo italiano e le azioni intraprese in Europa:
“Nella bozza del Consiglio europeo ci sono solo poche righe sulle migrazioni: ma questa destra dov’era quando si è cercato di riformare l’accordo di Dublino? Io non li ho visti. Oggi cercano di rivendicare la centralità del tema migratorio con tre righe che non vogliono dire nulla.”
Schlein ha inoltre sottolineato la necessità di una maggiore compattezza dell’Unione Europea nel coordinare missioni di salvataggio nel Mediterraneo, in quello che di fatto è un appello – speculare e contrario a quello lanciato dai partiti di governo – perché a livello europeo si collabori e si metta a punto una serie di politiche di accoglienza migratoria che sostituiscano quelle attuali, le quali non soddisfano nessuno e sono deleterie soprattutto per gli stessi migranti. Quello di una maggiore collaborazione degli altri paesi dell’Unione Europea sembra l’unico punto condiviso dall’intero schieramento politico italiano, che pur con ragioni e obiettivi diversi risulta compatto nell’individuare la necessità di una conversazione che coinvolga anche le altre nazioni europee.
Nel frattempo, mentre si avvicendano discussioni più o meno proficue e orientate alla costruzione del consenso da parte di esponenti politici italiani ed europei, migliaia di persone continuano ogni giorno a scegliere la via del mare, decidendo di mettersi in viaggio pur conoscendo i rischi per tentare di rincorrere una vita migliore, o quanto meno più sicura. Perché alla fine, nei discorsi astratti e nelle discussioni sulle responsabilità proprie e altrui, quello di cui non ci si può dimenticare è che in ballo ci sono decine di migliaia di vite umane, troppo spesso ridotte a semplici pedine in un gioco molto più grande di loro.
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