Dal Bangladesh alla Thailandia, quest’estate i disastri naturali sembrano essersi succeduti con più intensità e frequenza. Ma non si tratta di un’impressione: a confermare questi trends ci sono i dati raccolti da fonti autorevoli come l’IPCC, che mostrano un costante aumento di fenomeni meteorologici estremi in tutto il mondo spesso in correlazione con i cambiamenti del clima. Alcune aree, come l’Asia, sono più colpite di altre e certi Paesi meno preparati a rispondere. Ma si tratta di una questione di portata globale che ci riguarda tutti da vicino.
Disastri naturali?
Come afferma Mami Mizutori, diplomatica giapponese dell’UNDRR: “Non esiste un disastro ‘naturale’: i disastri si verificano quando un pericolo colpisce un insediamento umano che non è adeguatamente dotato di risorse o organizzato per resistere all’impatto, e la cui popolazione è vulnerabile a causa della povertà, dell’esclusione o svantaggiata in qualche modo”. Per questo motivo spesso si preferisce parlare di disastri “legati a rischi naturali” più che di disastri naturali.
Nel sesto Assessment Report dell’IPCC si afferma con chiarezza che molti fenomeni meteorologici estremi legati al clima sono stati acutizzati dall’intervento umano, come le ondate di calore, le alluvioni, la siccità e i cicloni tropicali. L’influenza umana è stata inoltre ritenuta responsabile dell’aumento della probabilità di ondate di calore e siccità a partire dagli anni ’50. Le comunità più vulnerabili a disastri naturali sono quelle che meno hanno contribuito a questi cambiamenti e che però si ritrovano a subirne gli effetti più evidenti.
L’Asia è il Paese più colpito
Ad oggi le recenti inondazioni in Bangladesh hanno provocato la morte di almeno 23 persone e colpito più di 5 milioni, ma il bilancio sembra destinato ad aumentare. Nel frattempo, una frana provocata da forti piogge nell’isola di Phuket (Thailandia) ha ucciso 9 persone, mentre a inizio agosto altre 5 avevano perso la vita sempre a causa di piogge torrenziali.
Fenomeni analoghi si sono verificati nel corso dell’ultimo mese in Cina (nella provincia nord-orientale di Liaoning), in Pakistan, dove oltre 700 case sono state completamente distrutte e più di 2.000 gravemente danneggiate, e in India, dove le frane hanno distrutto interi centri abitati alle pendici dell’Himalaya e ucciso più di 100 persone. L’Asia è il continente più colpito, registrando 163 disastri nel corso del 2023. Cina e India sono i Paesi in cui si è verificato il maggior numero di eventi del genere, seguiti da Filippine, Indonesia e Pakistan.
Alluvioni in aumento: tra i disastri naturali è il più frequente
Tempeste e incendi sono in aumento, ma le alluvioni si confermano la tipologia di disastro più diffusa, con una media intorno ai 170 eventi l’anno. In Pakistan, l’ente per la gestione dei disastri nazionali ha reso noto che tra luglio e agosto di quest’anno quasi 200 persone hanno perso la vita a causa di forti piogge, mentre in India il governo ha deciso di chiudere 280 strade a seguito dell’ultima allerta. Queste misure, così come il danneggiamento di infrastrutture, la devastazione di terreni agricoli o la perdita del bestiame possono avere pesanti ripercussioni sull’economia di un Paese.
Le perdite economiche dovute a disastri legati a rischi naturali ammonterebbero, per il solo 2023, a oltre 200 miliardi di dollari. I danni sono aggravati dallo sviluppo urbano: in Giappone, ad esempio, nonostante l’aumento delle inondazioni, si continua a costruire in terreni ad alto rischio. Così facendo, anche se l’ampiezza dell’area colpita è rimasta più o meno la stessa, l’entità dei danni per ettaro si è aggravata di 3,5 volte negli ultimi trent’anni.
Disastri in numeri
Nel report “Disasters in numbers: a significant year of disaster impact” del Centro di Ricerca sull’epidemiologia dei disastri (CRED) vengono identificati 399 disastri legati a rischi naturali nel 2023, che hanno causato oltre 80.000 vittime e colpito più di 90 milioni di persone. Il rapporto mette in evidenza come nonostante il numero di persone colpite sia inferiore agli anni precedenti, il tasso di mortalità è aumentato nettamente.
Questo trend non è però omogeneo, ma riflette delle disuguaglianze che tendono a inasprirsi: tra il 2010 e il 2020, il tasso di mortalità per inondazioni, siccità e tempeste è stato 15 volte più alto nelle regioni considerate altamente vulnerabili, rispetto a quelle a bassa vulnerabilità. A livello globale, oggi circa 3 miliardi e mezzo di persone vivono in contesti definiti altamente vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici e alla probabilità di disastri legati a rischi naturali.
Prepararsi meglio nella risposta
Il sud-est asiatico, una delle regioni più soggette a disastri, è anche tra le più preparate a gestire le calamità naturali. Il successo di alcuni Paesi della regione è legato a fattori come l’efficacia dei sistemi di allerta precoce, approcci comunitari e cooperazione regionale. In Bangladesh la situazione è stata esacerbata dai danni alle dighe di controllo delle inondazioni e dalla mancanza di preavviso, che hanno impedito a molte comunità di prepararsi adeguatamente e per tempo. Una maggiore attenzione alle buone pratiche di Paesi che hanno dimostrato di aver sviluppato competenze in questo settore potrebbe aiutare a ridurre molti disastri che di “naturale” avrebbero ben poco.