Audrey, la Senna ed il mistero: il film-gioiello Sciarada

Cary Grant e Audrey Hepburn in una locandina del film "Sciarada". Fonte: tumblr.com

Una scena del film. Fonte: tumblr.com

Quando pensiamo al cinema degli anni ’60 immaginiamo subito i grandi capolavori dei maestri, i film sperimentali o quei cult caleidoscopici che fanno di quel decennio una Campania Felix dell’arte del cinema. Lì si trova veramente la gioia di raccontare con un tocco spensierato, aggraziato e sicuro, come un solfeggio di Rossini. Un cinema fatto con gioco ma non per gioco.

Nascono in questi anni dei culti che riescono ad esprimere quella scioltezza di forme e linguaggi che investe il mondo giovanile in ebollizione: le ragazze guardano alla modernità d’acciaio di una Jeanne Moreau e alla signorilità di Audrey Hepburn; i ragazzi invece vedono come idoli Marcello Mastroianni e Paul Newman: scultorei, magnetici, pronti per la vita moderna.

Allo stesso tempo si vede una passione crescente per il cinema e i suoi meccanismi, quel calderone di stile, bellezza, idee che avvicina per esempio il giovane poeta Bernardo Bertolucci a Renoir e Godard ed il pubblico americano colto a Fellini e Bergman.

I film del periodo hanno la leggerezza e lo spirito del tempo, anche perché prendono il meglio dalla realtà. Dalla discussione Roma, Londra e Parigi ne uscirebbero trionfanti come simboli di quel momento aureo. Ma è proprio Parigi che andremo a toccare oggi.

Al funerale di Charles Lampert: Dominique Minot e Audrey Hepburn.
Fonte: thematinee.ca

La capitale francese è il cuore della Nouvelle Vague ma anche di tutto il movimento del cinema d’Oltralpe e in quegli anni si riempie di fermenti filosofici che fanno breccia presso i giovani del quartiere latino e di vibrazioni pop.

In questo momento non è casuale che l’America guardi alla Francia come un luogo di piacere, libertà, eleganza. E due film ci spiegano questo atteggiamento: Ciao Pussycat di Clive Donner e Sciarada di Stanley Donen. Non sono i primi film che mostrano l’approccio americano a Parigi ma ne sono bellissimi esempi.

Sciarada nasce da una sceneggiatura di Peter Stone, inizialmente rifiutata dalle majors, dal titolo The Unsuspecting Wife ma poi accettata una volta ridotta a soggetto con il titolo Charade. Stanley Donen comprò i diritti e si può certo immaginare il piacere di Stone alla sua prima sceneggiatura nel sapere che il regista di Cantando sotto la pioggia avrebbe tratto un film dal suo soggetto.

Audrey in azione. Fonte: tumblr.com

Per il ruolo di Regina Lampert, simpatica, elegante e svampita americana in trasferta francese, il regista scelse Audrey Hepburn, amica e collaboratrice che aveva proprio ricoperto anni prima il ruolo di protagonista nel suo film Cenerentola a Parigi. Il loro connubio si sarebbe ripetuto in Due per la strada quattro anni dopo, portando Donen e la Hepburn alla creazione di un vero capolavoro, con una performance straordinaria, la migliore in assoluto per la leading lady.

Per il contraltare maschile si pensò a Cary Grant, elegante, ironico divo hitchcockiano, preoccupato per la differenza d’età tra lui e la Hepburn ma che rimase ammaliato dalla coprotagonista sul set, tanto da dire alla fine delle riprese: <<Cosa voglio per Natale? Un altro film con Audrey Hepburn!>>

Si crearono, prima delle riprese, delle modifiche comiche per la trama, rendendo il personaggio della Hepburn attratto verso quello di Grant, il che contribuisce al ritmo frizzantino della narrazione. L’ironia è la nota secondo cui tutto nel film è giocato: nelle critiche si parlava di strizzata d’occhio ad Hitchcock ed è più che giusto, ma senza il lato oscuro e tetro del regista inglese.

Sciarada è innanzitutto una spy story, un thriller da gustare come uno champagne e omaggia il cinema del crimine con una bellissima sequenza di inseguimento nella metro parigina ed il gran finale nella Comédie Français, uno dei principali teatri parigini, sitato al numero 2 di rue de Richelieu.

Il racconto s’incentra su Regina Lampert (una Hepburn piena di autoironia) che fa conoscenza a Mègeve in Savoia con Peter Joshua (Grant sempre colmo di savoir faire), americano con cui si dà appuntamento a Parigi. Arrivata nel suo appartamento (il n. 5 di avenue Velazquez, ora museo d’arte orientale), scopre grazie ad un ispettore che suo marito, l’enigmatico Charles Lampert, è morto gettato giù da un treno.

Immagini dal set: la passeggiata di Cary Grant e Audrey Hepburn presso il Pont au Double. Fonte: tumblr.com

Il motivo sta in un segreto del suo passato in guerra: lavorando per i servizi segreti, aveva sottratto 250.000 dollari di proprietà della Resistenza francese che andava finanziata. Entrano quindi in scena tre soci del furto in ricerca del bottino e che pensano Regina sia coinvolta nel fatto. Minacciata più volte, lei trova aiuto in Joshua che però non è ciò che sembra…

Donen è un regista la cui mano è allenata su ritmi teatrali, che ben si accostano alle commedie, al musical e ad una narrazione spedita e leggera. Non ha turbe metafisiche ma il passo di una farfalla, la delicatezza e la simpatia di chi sa sorridere e far sorridere. Lo si vede nel modo in cui sa giostrare l’azione e gli interpreti (tra cui spiccano Walter Matthau e James Coburn come comprimari) con un sentimento divertito e familiare.

L’atmosfera sul set può essere resa dalle parole del piccolo attore francese Thomas Chelimsky alle prese con una diva come la Hepburn: Lei era una signora grande quasi come mia madre. Ci siamo divertiti tanto insieme. Le stavo in grembo e lei mi insegnava l’alfabeto in inglese.

Antonio Canzoniere

 




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