Audre Lorde: l’attivista che ha capito il potere della rabbia

Audre Lorde

Il 18 febbraio nasce Audre Lorde, un’attivista, poetessa e scrittrice che nei suoi libri – per presentarsi – si definiva Nera, lesbica e femminista. Per tutta la sua vita la sua posizione sociale l’ha costretta a subire oppressioni e forme di violenza. In risposta a un sistema che non ha mai avuto a cuore i suoi diritti ha sviluppato una potente rabbia.

La vita di Audre Lorde

Nata del 1934 da una famiglia di origine caraibica emigrata negli Stati Uniti negli anni ‘20, Audre Lorde ha passato l’infanzia a sentire nostalgia di una terra che le era stata portata via ancor prima di poterla conoscere. Ultima di tre sorelle, ha sofferto per la differenza di età e la lontananza da coloro che avrebbe voluto sentire vicine, complici. Nasce con un problema agli occhi – è ipovedente – e per cui è costretta a frequentare una scuola diversa dalle sue sorelle e a guardare sempre in basso.

Dai genitori spesso percepisce un’anaffettività e una freddezza che la portano a imparare a rinchiudersi in se stessa e a sopprimere ogni stimolo di reazione. Cresciuta con una furente rabbia interiore trova come esempio e modello la madre che, negandola sempre, le ha insegnato che ci fosse qualcosa di non accettato socialmente in lei, ma senza mai dirle cosa.

Tra impieghi in cui vive sulla propria pelle il peso delle discriminazioni razziali e la battaglia con un tumore al seno, e poi al fegato, Audre Lorde non può mai sedersi e combatte tutta la vita contro un modo che le sembra ostile. Le sue difficoltà personali sono accresciute dalla categoria sociale a cui appartiene. Sente crescere dentro di sé una rabbia, ma la teme e la nasconde, come è stata abituata a fare:

Quella rabbia giaceva in profondità dentro di me come una pozza di acido, e ogni volta che provavo sentimenti profondi ne sentivo la presenza, si infiltrava nei posti più strani.

Abituata ai suoi genitori che, almeno nel discorso, provavano a celare le umiliazioni, figlie delle discriminazioni razziste, con omissioni e silenzi, non trova le parole per esprimere i sentimenti che sente crescere dentro di sé. Poi, con l’età adulta, è arrivata l’epifania, la consapevolezza che tutto il dolore che era costretta a vivere per le categorie sociali in cui rientrava poteva essere espresso, la rabbia che sentiva dentro di sé non solo aveva ragione d’essere, ma poteva trasformarsi in energia positiva e motore per la scrittura. Riesce a dare un nome a ciò che la feriva: razzismo, sessismo, omofobia.

L’uso della rabbia

Audre Lorde capisce infatti che temere quella rabbia è sbagliato e non insegna nulla, soprattutto quando si vive portando sulle proprie spalle il peso della discriminazione, figlio, a sua volta di un sentimento di rabbia, ma illegittima. Coglie così la differenza tra ciò che sente dentro di sé dall’odio: lei prova rabbia, una forza di reazione capace di generare una reazione se esercitata contro gli oppressori e di costruire un dialogo tra i pari. L’odio, che per sua natura si muove in verticale, invece ha come unici fini la distruzione e la morte.

Raggiunge la consapevolezza che le categorie oppresse vengono convinte di essere colpevoli e dunque di meritare la punizione dell’oppressione, ma non è così. La furente rabbia che sente dentro di sé non solo è giusto che ci sia, ma è utile. È la legittima risposta a un sistema che si fonda sull’odio.

Lorde con la sua parabola personale e con i suoi scritti riesce a dare voce a un sentimento che non deve essere messo a tacere. Ha capito che la rabbia è una forza potentissima, essenziale per portare un cambiamento istituzionale e sociale.

Spiegandone l’origine, consacra la sua legittimità: è necessario comprenderla e accettarla, capire la sua storia, perché la rabbia che ogni donna Nera sente dentro di sé si è costruita per un sistema che pone l’odio come fondamenta. È un sentimento capace di generare conoscenza perché solo reagendo contro gli oppressori si possono individuare i nemici e gli alleati, superando lo stato di isolamento in cui sono rinchiuse le vittime di un sistema che si fonda su discriminazione e oppressione.





Attraverso la rabbia ognuno può ritrovare la connessione anche con chi è diverso, capendo che le differenze non vanno tollerate, vanno messe in discussione, perché è solo affrontando la reciproca ostilità che queste possono portare alla creazione di una sinergia. E la rabbia in questo ha un ruolo essenziale perché rappresenta l’unico linguaggio possibile per chi non ha mai avuto modo di imparare a conoscerne un altro. Arrabbiarsi con l’altro significa volere che qualcosa cambi, sentire dentro di sé il bisogno di esternare il dolore che l’omofobia, il razzismo e il sessismo comportano.

La più grande lezione che ha lasciato Audre Lorde è relativa alla scoperta di un nuovo valore della rabbia: non usata per opprimere l’altro, ma per esprimere il proprio malessere e trovare così una connessione con altri individui.

Audre Lorde e il rapporto con gli altri

Nella scoperta della legittimità dei suoi sentimenti, Lorde capisce anche perché spesso è portata a sfogare quello che sente dentro di sé con coloro con cui dovrebbe combattere le proprie battaglie.

La rabbia, per lei, solo in due casi può essere dannosa e non essere lo strumento conoscitivo che promuove: se eccessiva o mal riposta. È sicuramente mal riposta quando è utilizzata contro quella che dovrebbe essere un’alleata, una sorella. Eppure non riesce a spiegarsi perché non riesca a non respirare, nel rapporto con le altre donne Nere, quell’ostilità che le isola.

La risposta giace in quella differenza fra rabbia e odio analizzata precedentemente: la causa è nel loro essere nate e cresciute in mezzo all’odio, l’odio per essere femmine, per essere nate Nere, talvolta per essere nate lesbiche. Audre Lorde si rende conto che quel sentimento di morte «riecheggia» fra le donne nere che provano rabbia l’una contro l’altra:

«abbiamo dovuto metabolizzare tanto odio, che le nostre cellule hanno imparato a vivere di odio, perché o facevano così, o morivano».

La crudeltà che le donne nere riservano l’una contro l’altra è figlia delle discriminazioni che le hanno portate a conoscere e sperimentare il solo linguaggio dell’ostilità.

Secondo Audre Lorde per le donne Nere, che hanno respirato l’odio, l’isolamento, l’oppressione quale dovrebbe essere – se non la rabbia – l’unica via per costruire il legame necessario all’erotico per agire? «Non sto forse cercando di parlarti nell’unica lingua che conosco? E tu, stai cercando me, nell’unica lingua che si è salvata?». La rabbia, sviscerata, smussata, permette di sentire l’altra, è un gesto di cura.

 

Ludovica Amico

 

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