Attivista per la democrazia in Thailandia muore in carcere per sciopero della fame

Attivista per la democrazia in Thailandia muore in carcere per sciopero della fame

Martedì a Bangkok, l’attivista per la democrazia in Thailandia, Netiporn Sanae-sangkhom, è morta in carcere, poiché stava conducendo da oltre due mesi uno sciopero della fame per protestare contro l’incarcerazione dei dissidenti politici all’interno del paese. La sua morte ha scosso il Paese e ha rinnovato l’attenzione sulle violazioni dei diritti umani nel contesto politico thailandese. Lo sciopero della fame di Netiporn Sanae-sangkhom è durato circa 65 giorni, mentre si trovava in una delle carceri thailandesi in custodia cautelare.

Protesta contro l’incarcerazione dei dissidenti

Netiporn Sanae-sangkhom, una giovane attivista di 28 anni, era stata arrestata lo scorso gennaio con l’accusa di lesa maestà, per aver partecipato nel 2020 a un corteo che aveva ostacolato il percorso di un convoglio della famiglia reale. L’attivista per la democrazia in Thailandia, decise di iniziò lo sciopero della fame subito dopo il suo arresto, segnando così un atto di protesta pacifica contro il regime e le sue politiche repressive contro ogni tipo di diritto umano.

L’attivista per la democrazia in Thailandia ha fatto parte, nella sua breve vita, di molti movimenti studenteschi, che non si sono battuti solamente per un migliore sistema politico e anti-monarchico. Detenuta già due volte prima dello scorso gennaio, Netiporn Sanae-sangkhom aveva più volte rivendicato diritti per la comunità LGBTQ+, in particolare riguardo la libertà di vestirsi e di acconciarsi in pubblico.

Il personale penitenziario ha confermato la sua morte martedì mattina, suscitando un’ondata di indignazione e solidarietà sia all’interno che all’esterno del Paese. Il reparto penitenziario ha affermato, poco dopo aver accertato la sua morte, che l’attivista è stata colpita da un arresto cardiaco nella mattinata di ieri, martedì 14 maggio, che l’ha colpita senza speranze di ripresa.

Contesto delle proteste per la democrazia in Thailandia

Il corteo a cui aveva partecipato Netiporn era stato organizzato nell’ambito di una serie di proteste per la democrazia che hanno caratterizzato il 2020 in Thailandia. Netiporn Sanae-sangkhom era infatti un’attivista per la democrazia in Thailandia e, come tale, faceva parte di realtà politiche e movimenti giovanili che, nelle piazze di Bangkok, chiedevano più diritti e democrazia.

I giovani del paese avevano infatti chiesto l’introduzione di riforme volte a limitare il potere e la ricchezza della monarchia, sottolineando la necessità di una maggiore trasparenza e partecipazione democratica. Durante le manifestazioni, la richiesta di abolire il reato di lesa maestà – secondo cui, all’articolo 112 del Codice Penale – si potrebbero rischiare fino a 15 anni di carcere -, del quale era stata accusata Netiporn, era diventata un punto focale delle rivendicazioni.

Nonostante le repressioni, il movimento di cui Netiporn Sanae-sangkhom faceva parte è comunque sopravvissuto. Gli attivisti per la democrazia e i diritti umani hanno continuato a fare manifestazioni con tutte le loro forze, con la consapevolezza che le conseguenze sarebbero presto arrivate. Ci furono molte cause legali, con accuse di violazione della legge in capo ai manifestanti: il motivo era infatti l’organizzazione di proteste passate a Bangkok.



In particolare modo, l’attivista per la democrazia in Thailandia ha affrontato ben sette cause legali e due accuse di violazione della legge, per eventi legati al 2022. La prima era in riferimento all’affissione di un cartello per le strade della capitale su uno dei cortei che essa stessa aveva organizzato; la seconda violazione riguardava il reato di lesa maestà, in quanto Netiporn Sanae-sangkhom avrebbe esposto un secondo cartello contro l’abuso di potere della monarchia. 

Reazioni alla morte dell’attivista

La notizia della morte di Netiporn ha scatenato una serie di reazioni sia all’interno che all’esterno della Thailandia. In molte città del Paese sono state organizzate veglie e manifestazioni di protesta per onorare la sua memoria e denunciare le ingiustizie del regime. Molti dei suoi compagni e amici hanno organizzato delle veglie anche fuori dalla città di Bangkok, allungandosi fino al nord della Thailandia.

Anche a livello internazionale, numerose organizzazioni per i diritti umani hanno condannato il trattamento riservato agli attivisti politici in Thailandia e hanno chiesto un’indagine approfondita sulla morte di Netiporn. Inoltre, la morte dell’attivista per la democrazia in Thailandia ha suscitato quesiti e analisi sul sistema carcerario tailandese e sulle cure mediche non adeguate che sono state sottoposte alla detenuta. Da quello che risulta alla polizia penitenziaria infatti, Netiporn Sanae-sangkhom non era un soggetto completamente sano: soffriva di anemia e di debolezza fisica, in particolare alle gambe e alle braccia.

Critiche alla legge sulla lesa maestà

Oltre alle riflessioni sulla società carceraria, la morte di Netiporn ha riportato all’attenzione pubblica le critiche nei confronti della legge sulla lesa maestà in Thailandia. Questa legge, una delle più severe al mondo, è stata utilizzata per reprimere qualsiasi forma di dissenso politico e limitare la libertà di espressione nel Paese. Molti ritengono che la legge venga strumentalizzata per perseguire e imprigionare gli oppositori politici, anziché proteggere la dignità della monarchia.

Secondo un recente rapporto di Thai Lawyers for Human Rights, dall’inizio delle proteste dei movimenti giovanili che chiedono più libertà e giustizia, 1.954 sono gli individui perseguiti legalmente per ragioni politiche e di questi almeno 272 rischiano pesanti pene detentive. L’eccesso di pene detentive e la mancanza di una procedura legale equa sono emersi come problemi fondamentali nel sistema giudiziario thailandese, alimentando le preoccupazioni per lo stato dei diritti umani nel Paese.

Lotta per la democrazia e la giustizia

La morte dell’attivista per la democrazia in Thailandia Netiporn “Boong” Sanesangkhom è diventata un simbolo della lotta per la giustizia e lo Stato di diritto nel paese. Il suo sacrificio e il suo coraggio nel difendere i diritti umani e la libertà di espressione, attraverso un gesto estremo come lo sciopero della fame, rimarranno un faro per coloro che continuano a lottare per un sistema politico più inclusivo e rispettoso dei diritti fondamentali dei cittadini thailandesi.

Lucrezia Agliani

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