Cosa c’entrano gli atti osceni in treno con Dario Fo? Apparentemente nulla. La giustizia italiana, però, ha trovato il modo di collegarli, in una storia che fa molto riflettere sulle categorie semantiche e sociali che utilizziamo per etichettare le cose, soprattutto quelle più pruriginose.
Una storia grottesca necessita di una degna introduzione. “L’osceno è sacro” è il titolo di un irriverente saggio antropologico pubblicato da Dario Fo. Il maestro narra nell’introduzione come già Shakespeare, nel XVI secolo, usasse esprimersi con turpiloqui, in scena e nella vita privata. Amleto ad esempio, con invidiabile disinvoltura, domanda ad Ofelia: “Potrei distendermi col viso sul boschetto che tieni in grembo, o è già prenotato?”. Marlowe non era da meno ma, a quanto pare, uno dei maggiori campioni di turpiloquio era l’italianissimo Leonardo da Vinci .
Dario Fo e gli atti osceni
La conclusione che ne trae il maestro Fo è che anche nell’italiano “galleggia una considerevole quantità di parole di origine sessuale, da molti considerate scurrili o quanto meno sconvenienti, così come accade in tutte le lingue del mondo. Le perplessità però, si infittiscono laddove la volgarità di pensiero e parola, si traduce in gesti ostentati come quello che andremo qui ad illustrare. Il caso ha voluto il padre di Dario Fo capostazione ed è proprio su di un treno che si svolge questa vicenda da palcoscenico.
Il fatto
Un uomo è stato posto in stato di arresto dalla polizia ferroviaria in data 28 giugno 2017, sul treno direzione Novara-Treviglio. La segnalazione è arrivata da una passeggera della stessa carrozza, in quanto l’uomo si stava abbandonando a pratiche autoerotiche, incurante degli astanti e anzi compiaciuto, apertamente rivolgendosi alla donna stessa. Un artista solista, si potrebbe definire. Questo novello Amleto ha inoltre avuto i riflessi di opporre resistenza ai poliziotti, che infine sono riusciti a fermarlo.
La pronuncia della Cassazione
La vicenda giudiziaria che ne è scaturita è tornata agli onori della cronaca questa estate. La Cassazione si è infatti espressa in merito, a seguito del ricorso proposto dal PM. Egli chiedeva la condanna sia per atti osceni, che per resistenza a pubblico ufficiale (ai sensi degli art. 527 comma 2 e 529 del codice penale). Questo perché il giudice del tribunale di Bergamo che si era occupato del caso, aveva ritenuto di dover concedere (in linea con i precedenti orientamenti della Cassazione) solo la condanna per resistenza. Ne sono scaturiti numerosi articoli dai titoli effettivamente sconvolgenti per i non addetti ai lavori. Un esempio? “Masturbarsi in treno non è reato”. Ed è proprio così, secondo la II sezione penale della Corte suprema. Ma la questione qui non è difficile, è solo tecnica.
Atti osceni leciti?
Ciò che non è reato, non necessariamente è lecito. Ci sono infatti comportamenti che non rappresentano reati, eppure comportano l’irrogazione di una sanzione. Ed è questo il caso. Fino al 2016, gli atti osceni figuravano ancora come reati e tale consapevolezza giustifica lo smarrimento dei lettori. Successivamente però, questi sono stati depenalizzati e relegati nella categoria di illecito amministrativo. Il perché è presto intuibile. Immaginare di instaurare un procedimento giudiziario per ogni coppia che decida di appartarsi in un’auto o un parco, o qualsivoglia maniaco esibizionista, comporterebbe un appesantimento di un sistema giudiziario già in sovrappeso. Sì, perché se c’è una disciplina olimpica in tutta Europa, della quale il sistema processuale italiano è campione, è il Sumo. Se fossimo un animale, saremmo un cavallo da corsa con gli attacchi di panico all’apertura dei cancelli, oppure una elegantissima cavalla francese guidata dal sapiente: “Allé Bernadette, che qua facciam la figura dei peracottér”.
Depenalizzare che passione
Con questo escamotage della depenalizzazione dunque, la sanzione che si riesce a garantire è necessariamente più celere. Sarà direttamente il prefetto ad irrogarla (e ben sostanziosa, dai 5 000 ai 30 000 euro). Successivamente, potrà essere impugnata anche davanti al giudice, entro un mese. Sempre che si trovi il coraggio di chiedere ad un avvocato di giustificare certi comportamenti stravaganti.
La confusione sul caso giudiziario sopra citato però, origina dal secondo comma, dello stesso 527 c.p. Questo, in parole veramente umili, sancisce che la sanzione amministrativa si fa pena (cioè strumento che sanziona un vero e proprio reato) laddove il fatto osceno venga commesso “all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori”.
Dunque per riassumere e semplificare: il compimento di atti osceni in luoghi pubblici, non può comportare nessuna conseguenza sulla fedina penale, al massimo il pagamento di una multa. La reclusione scatta laddove ad essere esposti a certe scene dovessero essere i minori, in luoghi da loro abitualmente frequentati (ad esempio nelle vicinanze di scuole, parco giochi o piscine).
Cosa dice la legge
Ma quali sono questi atti osceni? Li troviamo descritti nell’art 529 c.p. il quale asserisce che si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore. Non si considera (grazie al cielo) oscena l’opera d’arte o l’opera di scienza, salvo che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita o procurata a minorenni. Dunque, per tornare al caso concreto dell’uomo sul treno, secondo la Cassazione il vagone non può essere considerato luogo abitualmente frequentato da minori. Il reato non è integrato e il ricorso del PM è stato rigettato con la sentenza 32687/2021 degli Ermellini.
Tale orientamento era in realtà già chiaro. In ben due casi precedenti, la stessa Corte si era espressa escludendo che il treno sia considerabile un luogo abitualmente frequentato dai minori. Questo procedendo sulla base di valutazioni statistiche, dato che la presenza di più soggetti minori sui vagoni ferroviari, non sembra avere “carattere elettivo e sistematico”.
Due pesi e due misure?
Biasimabili senz’altro certi commenti. Secondo molti, questo personaggio shakespeariano avrebbe dovuto evitare non perché l’atto di per sé fosse fuori luogo, ma solamente poiché compiuto in presenza di una donna. A quanto pare resiste ancora la categoria “donne e bambini”. Gli esseri umani sono tutti capaci di sensibilità, la quale andrebbe tutelata sempre, non in relazione al genere, o all’età.
Una riflessione seria al di là della goliardia è doverosa: se fosse stata una donna a dare spettacolo su di un vagone ferroviario, come sarebbe andata? Sembra spesso che per la Corte Suprema l’osceno sia sacro solo per gli uomini, ma ci sarà modo di approfondire.
Chiara Gnagnarelli