Attentato a Mogadiscio, le vittime salgono a 230

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Non è ancora chiaro chi siano i vili responsabili del massacro che, nel primo pomeriggio di ieri, nella città somala di Mogadiscio, ha provocato la morte di più di 230 persone. Codardia, questa è la prima parola che viene alla mente di fronte a chi, senza alcun pudore, colpisce alle spalle il proprio “nemico”. E le conseguenze sono atroci se si contano i morti ed i più di 200 feriti coinvolti.

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L’obiettivo era un albergo, il “Safari Hotel”, che in parte è andato distrutto secondo quanto affermato dal capitano Mohamed Hussein, situato in una zona piena di uffici, esercizi pubblici e ristoranti.

Le modalità? Sempre le stesse, quelle che ormai definiscono gli attentati che stanno sporcando di sangue e di odio anche la nostra società moderna. In questo caso sono stati due camion bomba ad esplodere e provocare le tragiche conseguenze di cui parliamo.

Moderna sì, anche se il termine sembra stridere di fronte alla brutalità degli eventi che ormai ci rendono tutti più inoffensivi e vulnerabili, nonché ignari partecipi dell’ironico gioco della sorte, che potremmo definire roulette, con cui gli stessi si svolgono. Le certezze, talvolta apparenti, con cui abbiamo costruito la nostra società, mascherando abilmente, e forse troppo spesso, le reali condizioni di una parte del mondo che improvvisamente scopriamo nemica, ci pone di fronte a molteplici interrogativi. Tra essi, anche quello che lascia perplessi rispetto alle basi su cui il nostro sviluppo ha avuto fondamento, rendendoci per troppo tempo ignari rispetto a quanto avvenisse non così lontano da noi.

E’ vero, è facile affermare che nel tragico evento verificatosi in Somalia l’Europa è “lontana” e che le condizioni politiche, economiche e sociali sono differenti, ma il nuovo sangue versato torna a far pensare come certe vicende non abbiano più confini, come il mondo si sia ormai “rimpicciolito” ed a come difficilmente ci si senta lontani da un luogo in cui un fatto, così sanguinolento, si è verificato.

Gli ultimi numerosi eventi terroristici che hanno tristemente caratterizzato il nostro continente non ci fanno più sentire al sicuro come nel passato e, come sostenuto dal noto “effetto farfalla“, contenuto nella “teoria del caos“, il cui concetto fu per la prima volta anticipato da Alan Touring,  “lo spostamento di un singolo elettrone per un miliardesimo di centimetro, a un momento dato, potrebbe significare la differenza tra due avvenimenti molto diversi, come l’uccisione di un uomo un anno dopo, a causa di una valanga, o la sua salvezza“.




Per questo gli eventi che ormai si verificano nel mondo è come se si verificassero nel nostro paese, per questo il concetto di confini di Stato è ormai relativo ed è per questo che il timore, per quanto volutamente esorcizzato, del ripetersi di tali atti, inevitabilmente ci coinvolge e rende inquieti e fragili. Sì, anche quando si verificano in un paese che consideriamo non sufficientemente sviluppato.

I fatti di Mogadiscio non sono, al momento,stati rivendicati dai fondamentalisti, spesso responsabili di tali attentati. Il presidente Mohamed Abdullahi Mohamed, ha proclamato tre giorni di lutto.

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Restiamo dunque protagonisti dell’ulteriore tragico attentato che, come detto, per quanto “lontano” ed appartenente a quella parte del mondo che ci sembra non essere il nostro, in realtà contribuisce a quel “battito di ali” le cui conseguenze abbiamo già tristemente provato.

                                                                                                                                                                                Turi Ambrogio

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