Attacco a Southport, l’estrema destra tra disinformazione e violenze

Come una falsa notizia ha scatenato una settimana di violenze nel Regno Unito

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La disinformazione che ha seguito l’attacco a Southport ha scatenato una settimana di violenze nel Regno Unito e ora rischia di ricompattare l’estrema destra attraverso razzismo e islamofobia.

L’attacco a Southport

Il 29 luglio Southport, una tranquilla città di mare nel nord-ovest dell’Inghilterra, è stata sconvolta da un tragico attacco in una scuola di danza. Tre bambine hanno perso la vita e diversi adulti e bambini sono rimasti feriti per mano di un diciassettenne di Cardiff, Galles. Nonostante il movente sia ancora ignoto, l’attacco a Southport è stato strumentalizzato dall’estrema destra, che ha scatenato una tempesta di disinformazione sui social network e alimentato violenze in tutto il paese.

Nonostante l’età dell’aggressore, i giudici hanno ritenuto di divulgare le sue generalità per mettere a tacere la disinformazione che ha iniziato a circolare sui social a poche ore dall’attacco a Southport, strumentalizzato da gruppi legati all’estrema destra. Le voci fatte circolare indicavano il colpevole come un migrante arrivato irregolarmente nel Regno Unito. In seguito alla diffusione della notizia, decine di violente proteste si sono scatenate per tutto il paese prendendo di mira la popolazione musulmana.

Una settimana di violenze

Il Regno Unito non è indenne agli estremismi di destra che attraversano l’Europa e questa settimana l’ha dimostrato. Nei pressi di Liverpool 500 manifestanti hanno preso d’assalto una moschea, incendiato macchine, distrutto proprietà e ferito decine di poliziotti. Il giorno seguente le proteste si sono spostate a Londra, dove la polizia ha eseguito più di 100 arresti in seguito agli scontri nel centro della città e nelle vicinanze di Downing Street, residenza del Primo Ministro.

Giovedì, il teatro delle violenze peggiori è stato Hartlepool, nel nord-est del paese, dove alle prime ore del mattino incendi e devastazioni hanno preso di mira i quartieri a maggioranza musulmana. Le autorità temono che durante il fine settimana le violenze possano inasprirsi ulteriormente e diverse aree sono state poste sotto controllo. Sono previste almeno 25 manifestazioni di destra in altrettante città britanniche.



Secondo gli amministratori delle città colpite, i manifestanti provenivano da ogni parte del Regno Unito, mobilitati dagli “influencer” di estrema destra che hanno diffuso la falsa notizia e scatenato razzismo e islamofobia latenti. Tra gli arrestati figura addirittura un bambino di 11 anni, accusato di aver dato fuoco a una macchina della polizia. Il Primo Ministro Starmer, durante una conferenza stampa, ha direttamente accusato le piattaforme online di aver contributo alla disinformazione e agevolato la mobilitazione degli estremisti.

Le reazioni della società civile

Molti residenti si sono stretti intorno alla comunità musulmana e hanno aiutato a ripulire i detriti lasciati dai manifestanti nei pressi della moschea. Ai giornalisti hanno riferito di non aver mai assistito a un ondata di razzismo di tale portata. La società civile per fortuna non sta ferma a guardare e per le giornate di oggi e domani ha organizzato, insieme ai movimenti antirazzisti, una serie di contro-poteste da opporre alle violenze dell’estrema destra. Samira Ali, organizzatrice nazionale del movimento Stand Up to Racism, intervistata dal The Guardian ha dichiarato:

«Quello che li ha demoralizzati [i manifestanti di estrema destra] è stato vedere le persone insieme, un ampio movimento di massa che li combatte. L’estrema destra può credere di essere parte di qualcosa di più grande, ma noi sappiamo di essere la maggioranza»

La mano tesa dell’Imam

Adam Kelwick, imam di Liverpool, ha deciso che proverà a offrire da mangiare e da bere ai manifestanti dell’estrema destra per provare a disinnescare l’odio. Durante un’intervista ha speso parole di comprensione per i gruppi estremisti. Potrebbero suonare paradossali al primo ascolto, ma in realtà dimostrano saggezza e spirito di comunità.

Kelwick riconosce che molti dei partecipanti di queste manifestazioni sono vittime dell’ignoranza e della disinformazione diffusa strumentalmente dai vertici e dagli organizzatori per ragioni politiche. Sono colpiti da notizie false che li spaventano e creano divisione. Ciò di cui hanno bisogno è conoscere quello che temono, vedere che non c’è bisogno di aver paura.

Non tutti però hanno la sua fiducia, molti giovani ammettono di avere paura, per sé e per le proprie famiglie. Ai giornalisti dicono di preferire rimanere a casa questo fine settimana.

La macchina della disinformazione dell’estrema destra

È sempre il The Guardian a ricostruire la genesi della disinformazione sull’attacco a Southport. A sole tre ore dall’evento, un post creato con l’intelligenza artificiale è stato condiviso su X (ex Twitter) da un account razzista e islamofobo. Il post invitava a proteggere “i nostri bambini” e collegava l’attentatore di Southport alla comunità musulmana. In poche ore il post è stato condiviso quasi un milione di volte. Contemporaneamente, gruppi Facebook con simili tematiche hanno spinto alla mobilitazione, indicando i luoghi in cui ritrovarsi per manifestare.

L’estrema destra nel Regno Unito è stata parecchio frammentata in questi anni, ma gli esperti mettono in guardia dai rischi di un suo ricompattamento grazie alle possibilità date dai social network e dalle intelligenze artificiali che facilitano la fabbricazione di notizie false ma credibili.

Rintracciare gli autori delle false notizie è spesso impossibile, ma a contribuire alla loro diffusione non sono solo individui legati alla politica o gruppi organizzati. A cadere vittima della disinformazione sono persone comuni, che rischiano di radicalizzarsi sulla base di informazioni che non sono reali, in risposta a problemi che non esistono. Gli influencer e gli organizzatori dell’estrema destra ne sono consapevoli e li sfruttano a proprio vantaggio.

Tuttavia, demonizzare o cercare di limitare gli strumenti digitali non ha senso. Quello che sarebbe necessario è affiancare al progresso tecnologico un’alfabetizzazione mediale che permetta alle persone di riconoscere la disinformazione, di non farsene veicolo e di fermarla prima che si diffonda.

Quello che consideriamo un semplice post, diventando virale può caricarsi d’odio, arrivando a scatenare una serie di eventi e violenze nel mondo fisico, reale. Come quelle a cui stiamo assistendo nel Regno Unito in seguito all’attacco a Southport, un crimine orribile che è stato strumentalizzato per diffondere odio.

Il paese che sembrava quasi al riparo dall’onda nera, rischia ora un ricompattamento dei movimenti estremisti e un’acutizzazione di razzismo e islamofobia che covavano nel suo sottosuolo.

Allo stesso tempo però, le stesse possibilità che vengono date dai social agli estremisti esistono anche per gli altri. Le contro-mobilitazioni in favore dei diritti e della giustizia si organizzano attraverso gli stessi mezzi, e attraverso gli stessi possono essere diffuse notizie veritiere, attestati di solidarietà, vicinanza, divulgazione e conoscenza. Forse è vero che la maggioranza siamo noi, dobbiamo solo unirci e dimostrarlo.

Sara Pierri

 

 

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