Con l’approvazione dell’emendamento nella Manovra 2020, le atlete diventano professioniste: ci saranno nuove modifiche contrattuali per renderle al pari dei colleghi maschi e incentivi verso le associazioni che le ingaggiano.
Le atlete diventano professioniste. Arriva così la notizia, con l’approvazione dell’emendamento introdotto nella della Manovra 2020 che vede le donne nello sport italiano diventare sportive professioniste anche dal punto di vista contrattuale. La svolta tanto attesa è giunta dopo la conferma e l’accettazione dalla Commissione di Bilancio del Senato. Proprio la Capogruppo Donatella Conzatti (Italia Viva) ha spiegato: “Con questo emendamento agevoliamo le sportive professioniste che sin qui hanno lavorato troppo spesso senza la possibilità di costruire un percorso professionale garantito. Da oggi si cambia”.
L’emendamento è stato firmato dalla senatrice del Susy Matrisciano (M5S) e dal senatore Tommaso Nannicini (PD). “Sul professionismo alle atlete finalmente passiamo dalle parole ai fatti. Si tratta di un primo importantissimo passo”, dichiara in una nota la senatrice Matrisciano. Anche Nannicini, ha espresso la sua contentezza a riguardo: “Sono molto soddisfatto, perché è un primo passo concreto per fare in modo che le atlete che dedicano la propria vita e il proprio lavoro allo sport abbiano le stesse tutele dei loro colleghi maschi”, ha spiegato.
Le disparità di genere nello sport femminile
Difatti, fino ad oggi le atlete presentavano differenze alquanto sostanziali negli ingaggi rispetto ai colleghi maschili. Tra questi meno garanzie e assicurazioni previdenziali differenti (senza contare le differenze di genere sessiste). La stessa Milena Bertolini, ct della nazionale femminile di calcio, ai microfoni di “Rai Radio 2” ha spiegato: “C’è una legge dello Stato che non prevede il professionismo per le donne, lo prevede solo per gli uomini. Questa è una discriminazione”, ha commentato. Senza contare le innumerevoli donne che, nel corso degli anni, hanno dovuto scegliere tra lavoro e sport. La stessa Giulia Orlandi, calciatrice ed ex capitano della Fiorentina nell’anno del primo e unico scudetto, ha abbandonato il calcio a 32 anni, proprio per via della mancanza del professionismo nello sport femminile.
“Siamo molto felici. E ci tengo a ringraziare il senatore Nannicini, il governo e tutte le parlamentari che si sono spese per questa decisione epocale. Ora l’alibi che il professionismo costa troppo non regge più. Gli 11 milioni stanziati sono un tesoretto ampio per le coperture economiche necessarie”, risponde così Katia Serra, responsabile calcio femminile dell’Assocalciatori.
Incentivo per chi ingaggia le atlete
Ora toccherà però alle varie Federazioni, tra cui la Figc, trasformare la situazione delle atlete. C’è da aggiungere che tale svolta potrebbe essere un giubilo anche per le associazioni sportive. Difatti, dalla nuova approvazione, sarà possibile ottenere anche nuovi incentivi per quello che riguarda le prestazioni di lavoro sportivo. È previsto un esonero al 100% dei contributi previdenziali e assistenziali entro il limite massimo di 8mila euro per tre anni. L’esonero èper le società sportive femminili che stipulano contratti di lavoro sportivo con le atlete. L’esonero (e la sua richiesta) partirà da gennaio 2020 e finirà nel 2022.
Tuttavia, tali obblighi fanno tribolare alcune competizioni, creando una disparità interna. In effetti, solo alcune società più stabili economicamente sarebbero in grado di sostenere le spese. Lo spiega anche il vicepresidente della Uefa, Michele Uva: “Sì al professionismo nello sport femminile italiano, a patto che il sistema non rimanga in piedi solo grazie ai club maschili”, ha commentato.
Anna Porcari