Si chiama skin hunger, ma per noi comunemente è l’astinenza da contatto fisico. È uno strumento necessario – insieme alle mascherine – per sconfiggere la pandemia. Ma quanto fa bene alla nostra psiche?
Quasi tutti abbiamo sottovalutato per troppo tempo il potere di un abbraccio, di una carezza. Ma dopo la quarantena, ne abbiamo bisogno più che mai. Sentiamo l’esigenza di stringere le persone che amiamo, che non abbiamo visto per tanto tempo. Ma non possiamo. Proprio quando il contatto fisico è diventato pericoloso e potrebbe essere nocivo per la salute nostra e dei nostri cari, ci siamo resti conto di quanto sia importante per il nostro benessere.
Benefici del contatto fisico
Il tocco della pelle stimola i pressocettori (recettori di pressione) e manda informazioni al nervo vago, uno dei nervi cranici. La sua attività distende il sistema nervoso, rallenta il battito cardiaco, abbassa la pressione.
Il contatto fisico stimola il rilascio di ossitocina – il cosiddetto ormone dell’amore – che contribuisce al rilassamento. Non a caso, la stretta di mano smorza la tensione prima di una riunione, la pacca sulla spalla rassicura durante un test o un esame, il cinque battuto durante il timeout di una partita rafforza il senso di appartenenza alla squadra.
Inoltre il tocco abbassa i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress per intenderci). Gli alti livelli influiscono negativamente sul sistema immunitario, perché abbattono i linfociti che riconoscono e attaccano le cellule colpite da tumori o infezioni virali.
E poi essere abbracciati o accarezzati sulla pelle stimola il rilascio di serotonina: livelli troppo bassi di questo ormone del benessere sono connessi a disturbi come insonnia, ansia e depressione. Anche questa astensione lavora negativamente sul nostro sistema immunitario, indebolendolo.
In sostanza, in assenza di contatto fisico potrebbe essere più facile ammalarsi. Che è un paradosso se pensiamo che in realtà in questo periodo storico proprio questo potrebbe facilitare il propagarsi del Coronavirus.
Lo studio sull’astinenza da contatto fisico di Harry Harlow
Sono stati condotti diversi studi scientifici su questo argomento. Uno dei più importanti è quello dello psicologo statunitense Harry Harlow, che negli anni ’50 ha effettuato dei test sulla prossimità fisica.
Lo studioso partì dal rapporto tra i neonati e la madre. Nel periodo in cui visse, psicologi e sociologi concordavano su un principio fondamentale: alcuni dei bisogni primari (fame, sete, dolore) vengono soddisfatti dal legame con la madre. Da ciò derivano – attraverso un meccanismo di apprendimento – amore e affetto. Ma questa spiegazione convinceva Harry Harlow solo in parte. Perché questo legame profondo resta intatto anche quando la madre cessa di essere la risposta ai bisogni del piccolo?
Lo psicologo capì che per analizzare un fenomeno così complesso non sarebbe stato possibile testare un campione di neonati, perchè il limitato grado di mobilità e stabilità posturale che posseggono lo avrebbe resto troppo complicato. Per questo motivo, scelse di descrivere il comportamento dei macachi, autonomi nei movimenti già a 2 – 10 giorni di vita e con segnali di vicinanza affettiva simili a quelli della nostra specie. Venne data loro la possibilità di ricevere cibo e coccole da due madri surrogate: una morbida e calda sulla quale era possibile arrampicarsi e avvinghiarsi ed una metallica rappresentata da un impianto di fil di ferro.
Quello che accadde sorprese lo studioso. I cuccioli tendevano a trascorrere la maggior parte del tempo abbracciati alla mamma morbida e a rivolgersi a quella metallica solo quando aveva del cibo da offrire.
Questo significa che il contatto fisico rappresenta un bisogno fondamentale per lo sviluppo.
Altri studi
Alberto Galles e Charles Spence, studiosi di neuroscienze e comportamento, hanno effettuato una revisione degli studi sul contatto effettuati negli ultimi anni, descrivendone gli effetti positivi. I due scienziati sono arrivati a diverse conclusioni molto importanti.
La prima è che c’è una relazione tra il tocco e il valore che crediamo ci venga attribuito. Spesso infatti gli ospiti delle case di riposo si sentono scarsamente apprezzati proprio per via della mancanza di contatto fisico.
La seconda è che il contatto può addirittura incidere sulle nostre scelte. Ad esempio, i clienti di un negozio rispondono positivamente in misura maggiore alle richieste di acquisto se vengono toccati da un commesso e i conducenti degli autobus sono più disposti a concedere una corsa gratuita se il richiedente ha avuto un contatto fisico con loro. Allo stesso modo, le persone offrono le proprie sigarette con più facilità se la richiesta avviene allo stesso momento del tocco. E addirittura sono più inclini a restituire una moneta trovata nella cabina se la persona precedente li ha toccati uscendo.
Quindi, in conclusione, il distanziamento sociale è necessario per sconfiggere la pandemia, ma l’astinenza da contatto fisico dove ci porterà?
Anna Gaia Cavallo