Quando fu scoperto l’asteroide 2006 QV89 (a scanso di equivoci l’immagine è di un generico asteroide) suscitò un certo allarme, come tanti altri NEO (Near Earth Object) prima di lui, perché non si poteva escludere un prossimo impatto col nostro pianeta. ora arriva notizia dall’Università della Hawaii che ogni possibilità di impatto entro i prossimi cento anni è esclusa. Detto questo io francamente non perdevo certo il sonno perché inizialmente si era stimata una possibilità di impatto su 10000 (0,013%) e comunque si trattava di un sassolino di 30 metri, brutto per la città che se lo dovesse prendere in testa (nella malaugurata ipotesi che fosse caduto su un’area densamente popolata) ma non foriero di conseguenze globali, però l’articolo diffuso dall’università delle Hawaii è interessante perché raccontando la storia dalla scoperta dell’asteroide fino alla nuova stima spiega perché dal primo avvistamento nel 2006 c’è voluto tanto tempo e mi pare utile raccontarlo visto che di allarmi simili in futuro ce ne saranno altri considerato che ci sono almeno 900 NEO (su un totale di circa 20000) su un’orbita tale rispetto alla Terra da entrare nel sistema automatico della NASA che deve valutare una seppur minima possibilità di impatto entro 100 anni e segnalare l’oggetto al progetto NEO per approfondimenti.
Torniamo a 2006 QV89, quando fu scoperto gli scienziati ebbero a disposizione solo una ventina di giorni per raccogliere dati sulla sua traiettoria, poi scomparve diventando invisibile per i telescopi terrestri. Ovviamente non c’è nulla di misterioso in questo, vi renderete conto che osservare un oggetto di 30 metri che viaggia nello spazio a una velocità di 10 km/s non sia proprio agevole.
Le ultime osservazioni fatte prima che l’asteroide scomparisse portarono a definirne la traiettoria con una scarsa precisione e alla conclusione che un futuro impatto non fosse completamente escluso, anche in tempi abbastanza recenti (si ipotizzò addirittura settembre 2019), circa un mese fa però ci ha pensato l’ESA, l’agenzia spaziale europea a tranquillizzare tutti, non perché fosse riuscita a ritrovare l’asteroide ma perché puntando il VLT (il Very Large Telescope che si trova in Cile) laddove l’asteroide sarebbe dovuto essere se fosse in rotta di collisione non lo trovò, dunque il comunicato in sintesi voleva dire: non sappiamo dove diavolo sia ma state tranquilli, non ci sta venendo addosso a breve. A giugno infatti l’asteroide 2006 QV89 era tornato visibile per i telescopi terrestri, purtroppo però l’incertezza sulla sua posizione era cresciuta (in pratica il margine di errore di queste osservazioni) quindi l’uso di un telescopio con uno specchio molto grande e una camera ad ampio campo come il Canada-France-Hawaii Telescope (CFHT) si rivelò essenziale, ma le operazioni ai telescopi presenti sul Maunakea erano bloccate per via delle proteste di una piccola minoranza di hawaiani che protestano contro la costruzione di un nuovo grande telescopio (la montagna ha una forte valenza culturale e religiosa per i locali), per questo David Tholen, astronomo dell’università delle Hawaii contattò il collega Marco Micheli dell’ESA per puntare i loro strumenti. Ora sbloccata la situazione alle Hawaii nello scorso week end il CFHT è tornato in funzione e in pochi minuti di osservazioni gli scienziati hanno potuto confermare che l’oggetto su cui avevano puntato gli strumenti è il redivivo 2006 QV89. Questo avveniva sabato notte, domenica al JPL e all’Università di Pisa (all’avanguardia a livello mondiale in questo campo) hanno macinato numeri su numeri fino ad arrivare all’annuncio dato da Davide Farnocchia del Center of Near-Earth Object Studies del JPL che ogni scenario di impatto è escluso per i prossimi cento anni.
Roberto Todini