Astensione ai massimi storici in queste elezioni amministrative. Eppure nella storia del voto, le elezioni comunali hanno sempre avuto un successo grandioso. E’ anche normale: è la tua città, sono i tuoi concittadini, il legame è fortissimo.
Astensione: offesa oppure scelta?
L’astensione è da sempre vissuta come sinonimo di menefreghismo. Una pigrizia per la quale “ciò che esce allora poi te lo pappi in silenzio” detto anche con un po’ di superiorità da parte di chi vota. C’è chi addirittura lo considera un insulto alla Costituzione e al sangue versato per farci votare, dalle femministe ai partigiani, estremizzando così il concetto di voto come diritto-dovere. In realtà l’astensionismo è una forma di protesta, persino di opinione. Il giurista Norberto Bobbio diceva che la democrazia si basa sul voto, sì, ma “intorno ad alternative reali”. Cioè i candidati devono proporre idee diverse tra loro, in modo che chiunque possa sentirsi rappresentato. A quel punto tu, cittadino, puoi decidere di recarti alle urne e fare una scelta, persino disgiunta. Oppure puoi manifestare la tua noia, la tua rabbia, mediante parolacce sulla scheda o anche cimentarci in graffiti osceni. Puoi lasciare in bianco come a dire “io ci vengo volentieri a votare però non so cosa scegliere.” Infine puoi decidere di non andare: sostenendo così che non senti (più) il voto come un tuo dovere civile perché questo modo di fare politica, questa democrazia, non ti rappresenta, la senti distante, ti sembra un po’ farlocca. L’astensionismo alla fine è una scelta di voto e una critica alla democrazia. Forse persino di più che votare turandosi il naso, scegliendo qualcosa che in realtà non ci piace ma nessuno lo saprà mai, perché è il risultato finale quello che conta.
Profilo dell’elettore astensionista
Potremmo suddividere gli elettori in tre maxi gruppi:
- l’elettore partecipante, cioè quello che partecipa attivamente alla vita politica; ha delle ideologie definite e dei candidati che apprezza; ha visualizzato un panorama politico che vorrebbe per il suo Paese, ne parla e ne scrive sui social oppure nei bar; si informa ogni giorno tramite televisioni e comizi pubblici.
- l’elettore informato, conosce più o meno la scena politica del Paese; ha delle ideologie abbozzate che si rifanno direttamente a maxi teorie storiche; di norma non conosce troppo i candidati e vota per linee guida generali; dedica alla politica un piccolo spazio del suo tempo libero fino a che non matura eccessiva stanchezza.
- l’elettore trascinato; è quello a cui di solito non importa; si definisce “apolitico”; legge e si informa poco; assimila per sentito dire e rigurgita concetti in modo raffazzonato; facile all’astensionismo o alla scheda bianca per pigrizia ma si reca convintamente a votare quando prende passione per un candidato o un partito in grado di trascinarlo magari grazie a toni forti o perché si promette come qualcosa di nuovo.
Queste ultime elezioni hanno segnato il boom storico dell’astensione, in città nodali come Milano meno di una persona su due è andata a votare. Un’impennata quindi che sarebbe troppo semplicistico imputare ai soli elettori trascinati, quelli di solito più pigri e con poco interesse. L’astensione diventa spor nazionale, anche dell’elettore per eccellenza: quello informato, partecipativo, con alta scolarizzazione e di ceto borghese.
Elettori sull’orlo di una crisi democratica
Il punto è che la politica ha perso il contatto con la realtà, che è dove vivono i cittadini. E se dei tecnici possono essere tollerati, persino osannati, in tempi di emergenza come una pandemia; quando si tratta di voto, di futuro del Paese, gli elettori hanno bisogno di idee oltre che di persone. La caccia alla maggioranza, la volontà di mantenere la poltrona, la seduzione del potere hanno esasperato il corteggiamento degli elettori: tutti i partiti promettono più o meno le stesse cose; laddove c’è qualche differenza c’è però poco nerbo per portarle avanti; tutti paiono parlare una lingua distante dall’elettorato; e così si passa da bancari che non conoscono il costo di un litro di latte a politici che parlano difficile e con snobismo sostengono l’atteggiamento del blasting, cioè quello di deridere il popolo che la pensa diversamente, che non risponde come dovrebbe, che ha dei dubbi. Una politica che usa una volta di troppo termini come “stupidi” o “idioti” mentre siede sulle sue poltrone dorate: ecco che lo scollamento con il popolo è servito. Riguarda tutti, per altro: la Sinistra ha vinto queste elezioni ma è una vittoria vuota, dove l’astensionismo batte tutti i candidati. E qui la distanza col popolo deve fare ancora più riflettere, come uno schiaffo in faccia, storico e ideologico. Un corteggiatore arrogante, uguale a tutti gli altri, confuso, sprezzante, poco deciso e più concentrato su se stesso che sul corteggiato, alla fine stanca e all’appuntamento non ti presenti, te ne resti a casa. Come hanno fatto ieri il 54% degli italiani.
Alice Porta