La campagna Assume that I can di CoorDown è un piccolo capolavoro

Cosa rappresenta il cortometraggio che sta facendo il giro del web

Assume that I can immagine della campagna di CoorDown

Negli ultimi giorni gira per i social network un cortometraggio promosso dall’associazione CoorDown per far conoscere le potenzialità delle persone con sindrome di Down. La campagna è stata nominata Assume that I can ed è un piccolo capolavoro, l’ultimo di una serie di corti prodotti negli anni dall’associazione.

Il primo piano di una bellissima ragazza con i tratti tipici della sindrome di Down, luci basse di un locale notturno e una bartender al bancone di un bar. La ragazza vorrebbe un margarita ma le viene servito un soft drink con una cannuccia. Le situazioni in cui qualcun altro sceglie per lei si susseguono fino al ribaltamento della prospettiva finale: se le vostre supposizioni diventano realtà, allora supponete che posso fare tutto. Così magari lo farò.

Il video è diventato virale raggiungendo in pochi giorni tutto il mondo. Condiviso da attivisti di ogni paese, giornali, associazioni di persone con disabilità e singoli cittadini. È raro vedere una campagna di tipo sociale raggiungere certe vette di originalità e di riuscita, ma CoorDown non è nuova a questi risultati, negli anni le sue campagne hanno puntato molto sulla comunicazione e la creatività.

CoorDown

È un’associazione italiana attiva dal 1987 allo scopo di promuovere una comunicazione adeguata sulla sindrome di Down e mettere in dialogo le diverse associazioni, così da mettere in atto strategie comuni sul piano politico. Mira ad abbattere gli stereotipi che affliggono le persone con sindrome di Down, spesso considerate incapaci di raggiungere risultati dati normalmente per scontati come il vivere da soli o anche, appunto, il semplice gustarsi un margarita durante una serata notturna.

Le campagne si concentrano su due date fondamentali per la sensibilizzazione: la Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down (ogni seconda domenica d’ottobre) e la Giornata Mondiale sulla sindrome di Down (21 marzo). La campagna Assume that I can è appunto in occasione di quest’ultima e l’eco mondiale che ha raggiunto fa pensare che questo 21 marzo non andrà sprecato.

Le campagne

CoorDown non fa mistero della sua propensione a credere, e quindi ad investire, nella comunicazione. Ci piaccia o no, viviamo tempi in cui la forma risulta ancora più importante del contenuto, perlomeno per quanto riguarda la diffusione dei messaggi. Dal 2012 CoorDown collabora con i creativi Luca Lorenzini e Luca Pannese e le agenzie di pubblicità Small New York, Saatchi & Saatchi, Publicis OneTeam, FCB Mexico.

Gli spot hanno ricevuti numerosi premi dedicati, da Cannes a New York, e hanno contribuito a decostruire l’immaginario sulle persone con sindrome di Down facendole conoscere in modi inediti ai i più. Si tratta di veri e propri cortometraggi prodotti con la stessa cura riservata ai film: dalla sceneggiatura al montaggio, passando per la recitazione e le musiche, niente è lasciato al caso.

Da decenni vediamo spot istituzionali di sensibilizzazione che risultano pietisti e delle volte decisamente cringe, ci si domanda infatti della loro efficacia nel raggiungere gli scopi prefissati che, andrebbe ricordato, dovrebbero essere sempre quelli di migliorare la situazione delle persone con disabilità.

Abbattere i pregiudizi dovrebbe essere in cima alla lista, così da permettere alle persone di raggiungere il proprio potenziale solo sulla base dei limiti messi da se stessi, non da chi presuppone qualcosa su di loro solo sulla base di luoghi comuni e sentito dire.

I corti di CoorDown li spazzano via i luoghi comuni e non lasciano traccia del sentito dire: fanno parlare direttamente i protagonisti e li mettono in situazioni che è raro vedere mostrate in Italia. Sono ironici e commoventi e dovrebbero essere presi come spunto per il rinnovamento della comunicazione sociale, istituzionale e non.

Assume that I can

La campagna Assume that I can per la Giornata Mondiale sulla sindrome di Down del 2024 è partita il 14 marzo e proseguirà fino al 21 con le testimonianze di persone reali con sindrome di Down che raccontano le loro esperienze, raccolte sotto l’hashtag #AssumeThatIcan.

Il concept dello spot nasce dal discorso di Marta Sodano alle Nazioni Unite. La ragazza, invitata per parlare delle esperienze scolastiche delle persone con sindrome di Down, parlò della profezia che si auto-avvera: un concetto sociopsicologico che si riferisce ad una convinzione che si avvera per il semplice fatto di essere stata espressa.


Quando le nostre convinzioni errate sulle persone con disabilità vengono ripetute all’infinito, senza prestare ascolto a quello che loro hanno da dire su se stesse, finiscono inevitabilmente per influenzare così tanto la realtà da limitare le persone stesse, ormai convinte dalla società di non poter essere e di non poter avere niente di diverso da quello che la maggioranza ha scelto per loro.

L’abilismo viene interiorizzato creando limitazioni anche dove normalmente non ci sarebbero. Per questo è importante il livello simbolico. Il mostrare realtà diverse all’inizio può destabilizzare, ma nel lungo tempo contribuisce a costruire una rappresentazione sociale dei fenomeni più aderente alla realtà.

Lo spot gioca proprio sul capovolgimento della profezia che si auto-avvera: se quello che crediamo diventa realtà, dovremmo iniziare a cambiare quello in cui crediamo. Credo sia così riuscito e abbia smosso così tante persone perché si discosta dalla tipica denuncia dei diritti negati per offrire concretamente una soluzione che può essere implementata da tutti e subito.

Lo spot fa capire quanto è importante che le persone credano negli altri e nelle loro potenzialità, così da permettere loro di raggiungerle. A volte serve un supporto, trovare metodi alternativi per fare e spiegare le cose ma, con la strategia giusta, si può (quasi) sempre tutto.

Così la bravissima Madison Tevlin, l’attrice canadese protagonista dello spot, in un minuto e mezzo distrugge anni di stereotipi e, forse, farà cambiare idea a qualche insegnante scettico sulle doti dei suoi studenti e delle sue studentesse. Lo spot è stato diretto da Rich Lee e la fotografia è di Christopher Probst. Guardatelo, è un piccolo capolavoro.

A questo link trovi lo spot di #AssumeThatIcan e tutte le campagne degli anni precedenti.

Sara Pierri

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