Il nome di Omar Asad si aggiunge alla lunga lista degli omicidi impuniti perpetrati dall’esercito israeliano. I giudici militari hanno decretato l’assoluzione dei soldati israeliani responsabili dell’omicidio dell’ottantenne palestinese. Nessuna accusa penale, forse fronteggeranno solo qualche misura disciplinare e di comando. È l’ennesimo caso di impunità dei militari israeliani, l’ennesima volta che non viene fatta giustizia. Uno dopo l’altro, vengono legittimati i crimini spregevoli contro i civili palestinesi.
Chiuso il caso dell’omicidio di Omar Asad: si decide per l’assoluzione dei soldati israeliani
La morte di Omar Asad, palestinese con cittadinanza statunitense, fu oggetto di particolare scalpore presso l’opinione pubblica. L’anziano ottantenne venne fermato nel gennaio 2022dal battaglione Netzah Yehuda mentre tornava a casa. Venne successivamente ammanettato, imbavagliato, bendato e messo a pancia in giù sull’asfalto. Asad rimase in questa posizione tutta la notte e fu dichiarato morto le prime ore del mattino successivo.
La settimana scorsa, il procuratore militare israeliano ha comunicato che i soldati non verranno incriminati per omicidio colposo. Ritiene infatti che la loro condotta sia stata accettabile in quanto avrebbero agito secondo le procedure. Inoltre, ha sostenuto l’impossibilità di determinare che la morte fosse dovuta al comportamento dei militari coinvolti i quali, da parte loro, sostengono di non aver notato segni di sofferenza da parte di Asad.
Così si conclude un altro processo-farsa dei tribunali militari israeliani: i responsabili di un crimine contro un civile rimarranno impuniti. Nonostante la cittadinanza americana di Asad e l’appello da parte dei palestinesi, neanche Washington sembra infatti intenzionata a intervenire. Al momento della morte gli Stati Uniti avevano chiesto ad Israele spiegazioni ma, di fatto, le sentenze emesse dalle corti israeliane sono state raramente contestate.
Le circostanze della morte di Omar Asad
Era una fredda sera d’inverno quando Omar Asad stava rientrando nella sua casa a Jiljilya, un piccolo villaggio della Cisgiordania, a nord di Ramallah. Si trovavano nell’area anche i giovani religiosi ortodossi del battaglione Netzah Yehuda che stavano presumibilmente effettuando controlli per “contrastare l’attività terroristica e localizzare armi illegali”. I soldati fermarono la macchina del vecchio signore ad un posto di blocco improvvisato e decisero di portarlo in un cortile abbandonato vicino. Qui venne fatto sdraiare a terra, legato ed imbavagliato con una striscia di stoffa. I membri dell’esercito coinvolti dichiararono al processo che l’ottantenne aveva urlato contro di loro, opponendo una “resistenza aggressiva”, facendoli così preoccupare.
Asad venne lasciato tutta la notte al freddo, affiancato dai soldati, avvolti dalla più assoluta indifferenza, e da altri uomini fermati al medesimo posto di blocco. La raccapricciante scena è documentata da una fotografia dove è possibile vedere gli ultimi attimi di vita dell’uomo indifeso. I soldati iniziarono a liberare Asad solo verso le 4 del mattino; in quel momento uno degli altri detenuti si accorse che non respirava bene. Gli israeliani sostennero in tribunale di non essere stati avvisati del peggioramento delle condizioni dell’anziano palestinese. Sopraggiunse un medico che portò l’uomo in pronto soccorso, ma una volta arrivato venne immediatamente dichiarato morto.
Freddo, difficoltà di respirazione a causa del bavaglio, diverse le concause della morte dell’innocente Asad. I medici palestinesi sostengono abbia in realtà subito un arresto cardiaco a causa dello stress della violenza fisica da parte dei soldati. Secondo il tribunale, tuttavia, non è possibile determinare l’effettiva responsabilità dell’esercito israeliano. Quando i soldati videro l’uomo immobile, disteso con la faccia schiacciata a terra, pensarono che dormisse e, non volendo svegliarlo, andarono via indisturbati.
Gli innumerevoli omicidi dei civili palestinesi rimasti senza colpevole
Nessuna sorpresa per l’assoluzione dei soldati israeliani responsabili della morte di Asad. Non è la prima e, purtroppo, non sarà l’ultima volta che la faranno franca per aver ucciso senza pietà dei civili innocenti.
Solo l’1% delle denunce contro i reati dei soldati israeliani nei confronti dei palestinesi arriva in tribunale. Lo ha dimostrato un rapporto stilato da Yesh Din, gruppo israeliano per i diritti umani, basato su dati militari dal 2017 al 2021. Anche qual ora i responsabili vengano perseguiti, le sentenze delle corti militari risultano “estremamente indulgenti”.
Questi continui lasciapassare rilasciati all’esercito israeliano non fanno che incoraggiarlo a disseminare terrore e morte presso la popolazione civile palestinese. I soldati delle Forze di Difesa d’Israele (IDF) sanno così che possono continuare ad aggredire gli anziani ed a uccidere i bambini, senza doversi preoccupare di subire delle conseguenze. Giustificano il sangue di cui si macchiano parlando di “incidenti” o di “moral lapse”, nascondendo che si tratta di attacchi intenzionali, parte del vasto sistema di apartheid israeliano.
L’assoluzione dei soldati israeliani significa giustificare i loro continui e barbari soprusi
Gli abusi e i maltrattamenti da parte dell’esercito israeliano, in particolare proprio dal battaglione Netzah Yehuda, sono diventati una crudele quotidianità per i civili palestinesi. Persino la stampa israeliana ormai ne parla. Ai casi come quello dell’omicidio del povero Omar Asad, si accompagnano i raid militari, ad esempio quello di settimana scorsa nel campo profughi di Jenin. Hanno qui perso la vita sei palestinesi fra cui un giovane di quindici anni. Si tratta del ventiduesimo minorenne ad aver perso la vita in Cisgiordania da gennaio. Scontri a fuoco mortali che vedono opporsi i carri armati e le armi da fuoco israeliane da un lato e le pietre scagliate dai palestinesi dall’altro.
Insieme ai raid ci sono poi le detenzioni arbitrarie, considerate illegali per gli israeliani in quanto costituiscono una “violazione dei diritti della libertà e della dignità” ma comunissime per i palestinesi in Cisgiordania. Possiamo citare ancora le offensive nella Striscia di Gaza, che distruggono le case dei palestinesi, o gli sgomberi forzati. Proprio in questi giorni l’anziana famiglia palestinese Ghayth-Sub Laban rischia di essere gettata per strada dopo che il tribunale israeliano ne ha interrotto illegalmente il contratto di locazione protetta.
La lista dei crimini di Israele contro i civili palestinesi potrebbe ancora andare avanti a lungo. Si tratta di violenze e soprusi volti a rafforzare il regime di apartheid israeliano che Amnesty International definisce instancabilmente un crimine contro l’umanità. Per smantellarlo è necessario che la comunità internazionale riconosca le responsabilità di Israele, chiamandolo in causa. Restando in silenzio, come gli Stati Uniti di fronte l’assoluzione dei soldati israeliani per la morte di Omar Asad, altri omicidi resteranno senza colpevole. Non è possibile restare a guardare mentre viene scritta di fronte ai nostri occhi una delle pagine più oscure della storia contemporanea.