Il nome di questi enti rende immediatamente chiara la loro natura. Le associazioni culturali «no profit» non hanno alcuno scopo di lucro, la loro azione non è finalizzata al guadagno, ma al perseguimento di obiettivi socialmente utili. Il cosiddetto «bene comune».
Cosa sono le associazioni culturali no profit?
Evidentemente (per fortuna!) esiste ancora qualcuno per cui non risulta essere un sacrificio spendere le proprie energie in attività non finalizzate al guadagno. Queste persone sono l’anima delle associazioni no profit. Esse rivolgono il proprio impegno a iniziative e attività per la comunità, che hanno come obiettivo non il profitto economico, ma l’aggregazione, il bene comune e lo sviluppo sociale.
In particolare, le associazioni culturali no profit si dedicano all’organizzazione di numerosi progetti il cui intento è quello di risvegliare e fortificare il nostro patrimonio di conoscenze e il nostro senso di civiltà. Naturalmente, il cuore di queste iniziative sono discipline come l’arte, la musica, la poesia, la letteratura, la fotografia e molte altre.
Io le considero, in un certo senso, un memento: le associazioni culturali no profit ci ricordano costantemente chi siamo, qual è l’essenza della nostra fragile e volubile natura di uomini e ci procurano un contatto concreto con la storia. L’unica cosa che riscatta dal superfluo la nostra breve esistenza e ci dà la possibilità di rendere immortale il nostro pensiero è proprio la cultura. Contrariamente a quanto molti sociologi affermano, secondo i quali anche la diffusione dei negozi di fast food e la produzione industriale dei blue jeans è una forma di cultura, io mi riferisco ad un altro aspetto di essa. Parlo della cultura intima, del nostro particolare messaggio rivolto al mondo, di ciò che costituisce l’unicità e l’autenticità della nostra anima. Individuale e collettiva. Non vi è alcun riferimento al sacro in tutto questo: la cultura è un fenomeno profondamente e meravigliosamente umano.
Ecco perché è così importante sostenerla, soprattutto senza fini di lucro e a un livello più ramificato possibile. Nelle realtà locali, ad esempio, nei piccoli paesi con pochi abitanti, per fare in modo che quel senso di comunità e unicità non vada perduto. Inoltre, queste associazioni svolgono un’incredibile opera di coinvolgimento e accompagnamento dei giovani nel loro processo di sviluppo intellettuale e morale. Quando le istituzioni dimenticano o ignorano l’importanza di una gioventù ben educata e animata da sani principi, le associazioni culturali no profit sono una risorsa straordinariamente preziosa.
In questo articolo voglio celebrare il lavoro di tali enti, riportando le testimonianze di due soci dell’associazione poetica e culturale «Le Voci della Luna», che opera sul territorio di Sasso Marconi (BO). Marinella è la presidentessa dell’associazione. Marco è il socio più giovane: ha da poco compiuto ventidue anni ed è stato scelto dai creatori nel contesto di un concorso di poesia, organizzato proprio da Le Voci della Luna. Naturalmente, sono entrambi poeti.
Ecco la prima intervista con Marinella Polidori, che ringrazio tantissimo per aver scelto di «raccontarsi e raccontare».
Marinella, tu sei la fondatrice de «Le Voci della Luna»?
Le Voci della Luna sono state fondate da Vittoria Ravagli, io sono stata … «reclutata» soltanto nel 2010. Il circolo era alla ricerca di un/una Presidente ed io avevo appena pubblicato una raccolta di poesie e uscivo da un’esperienza associativa e di rappresentanza scolastica, qualcuno ha ritenuto, in qualche modo, che possedessi passione ed esperienza adeguate a portare avanti un’associazione culturale .
Come mai hai intrapreso questa scelta?
Sono cresciuta nell’associazionismo e ritengo che questa forma di socialità e/o socializzazione sia altamente formativa e utile in termini di benessere individuale e sociale, soprattutto oggi, in un’epoca che ci vede così tanto isolati gli uni dagli altri e così tanto programmati in termini di efficienza, eccellenza e produttività. L’associazionismo come antidoto ai veleni dell’epoca post-moderna, come antidoto al solipsismo e narcisismo imperanti. Il motto che ho proposto in associazione in questi anni è stato : “La difficoltà oggi, la sfida non è fare il bello o il bene ma è farlo assieme” .
Quali sono le attività della tua associazione?
Essenzialmente l’associazione svolge la propria attività in termini di promozione sociale e utilizza la poesia per sensibilizzare ai temi della memoria storica, della difesa dei diritti umani e civili. Organizziamo un importante premio letterario dedicato a Renato Giorgi, un nostro sindaco, partigiano e poeta, educatore, seminari su poetesse del ‘900 e sulla scrittura delle donne, molto spesso rimossa dalla memoria storico-letteraria, laboratori di poesia delle scuole. A ogni iniziativa riserviamo un numero della nostra rivista letteraria e un evento di restituzione alla comunità. Pubblichiamo gratuitamente le raccolte di poesie vincitrici del premio perché siamo anche una casa editrice.
A che tipo di pubblico sono rivolte tali iniziative?
L’ambizione è quella di rivolgerci ad un pubblico sempre più ampio, fuori dai circuiti riservati alle élite culturali. Siamo consapevoli però del compito che ci è stato assegnato: il premio e la rivista hanno raggiunto riconoscimenti importanti dalla comunità poetica a livello nazionale e questo «valore», frutto di un investimento importante che i volontari e la nostra città vi hanno profuso, è patrimonio comune da preservare e, semmai, da accrescere.
Quali sono, secondo te, il ruolo e gli obiettivi delle associazioni culturali no profit come la tua?
La nostra… sono contro la personalizzazione del ruolo che ricopro ed ho cercato in tutti questi anni di combattere contro una mentalità che si aspetta e pretende quasi, gerarchie e decisionismo anche all’interno di organizzazioni che per statuto dovrebbero rappresentare piuttosto un’alternativa a certi stili gestionali.
Il no-profit è veramente il settore migliore per svolgere un’attività culturale che veda nella promozione di valori ecosolidali il suo obiettivo più grande, fuori da quella logica di vetrinizzazione, spettacolarizzazione e mercificazione che rende oggi tanta parte della cultura mero prodotto di consumo, usa e getta.
Esistono vantaggi derivanti dal fatto di non essere legati ad alcun ente istituzionale?
Siamo un’associazione di promozione sociale riconosciuta e inserita nell’ albo regionale; questo vuol dire che abbiamo un trattamento fiscale agevolato ma anche che dobbiamo attenerci , appunto, a degli standard diversi rispetto quelli di imprese commerciali. Viviamo di contributi pubblici e di sottoscrizioni degli associati e questo significa per noi non dimenticarsi mai di svolgere un «servizio» culturale utile alla comunità e, nondimeno, offrirsi come opportunità di crescita a chi cerca luoghi e persone con le quali condividere passioni e visioni del mondo proprie del pensiero divergente, creativo.
Come immagineresti la realtà del tuo territorio se «Le Voci della Luna» non esistesse?
La immaginerei meno ricca, con orizzonti più limitati, meno attenta ai bisogni più autentici che ogni individuo possiede. Ricordo che circa vent’anni fa, quando mi trasferii a Sasso Marconi solo il sapere che esisteva, in questo territorio, un’associazione che si occupava di poesia, di letteratura e di arte mi fece sentire meno disorientata, un po’ più «a casa». Presidiare uno spazio d’ascolto profondo quale quello di cui necessita chi frequenta la poesia è, oggi, utile più che mai, direi necessario persino.
Dimostrazione fisica dell’operato che Le Voci della Luna svolgono con e grazie ai giovani, Marco Boschi, poeta molto precoce, ci dà l’opportunità preziosissima di entrare ancora più in contatto con la realtà delle associazioni culturali no profit.
Marco, da quanto tempo sei socio de «Le Voci della Luna» ?
Da poco, circa da febbraio di quest’anno. Sono ancora nel cerchio delle «prime esperienze». Diciamo che sto addestrando la mia figura.
Qual è il tuo ruolo all’interno dell’associazione?
Oltre al ruolo concreto, inizialmente di socio e dall’ultima rivista anche di membro della redazione, mi piace identificarmi come «l’ultima voce» o «la voce più giovane». Adoro questo profilo, un po’ perché mi sento giustificato nel caso commetta qualche errore ma soprattutto, perché sento di rappresentare noi giovani, la nostra generazione, che non deve perdersi. Il futuro è nostro. Noi abbiamo il dovere di preservare questo mondo, è una responsabilità immensa.
Che esperienze hai avuto fino ad ora in qualità di associato? In che modo pensi ti abbiano arricchito?
Ne ho avute diverse, alcune più concrete altre meno. Il progetto «Dare Voce» è stato sicuramente il più stimolante. Per due settimane ci siamo recati in tre classi di una scuola media, dove abbiamo tenuto dei laboratori parlando di poesia e attualità. Niente di più bello, credimi. Quando avevi la loro attenzione erano dinamici, attentissimi e più di una volta mi hanno sorpreso. Il mondo è talmente cambiato in dieci anni che confrontandomi con loro rischierei di sentirmi già vecchio a ventidue anni! In quelle poche ore ho sentito il potere della poesia, ho sentito quel potere che fino a quel momento consideravo confinato nella mia testa e nei libri. Agli occhi di molti potrà sembrare un’esperienza banale, lo so, ma c’erano momenti di tale sintonia che la stessa parola «sintonia» risulterebbe riduttiva. Avrei regalato loro tutti i miei libri.
Quali progetti hai per futuro? Pensi che l’esperienza nelle Voci ti sarà utile?
Io voglio insegnare, è il mio sogno. Quindi sì, le esperienze nelle Voci sono estremamente utili. I miei progetti non sono nulla di eclatante, vorrei solo continuare questo percorso di studi (Lettere Moderne all’Università di Bologna, NdR) per arrivare infine alla cattedra. Posso solo dire di essere contento che siano arrivate le Voci, che si siano aggiunte in questo viaggio. Amo la cultura, la poesia e ringrazio ancora Marinella per avermi contattato mesi fa, grazie dell’opportunità.
Martina Fantini