I fatti
Una nave italiana, la Asso Ventotto, che funge da supporto ad una piattaforma petrolifera, ha soccorso nel Mediterraneo un gommone con a bordo 108 migranti. Tuttavia, una volta aiutati, i migranti sono stati riportati tutti in Libia che, ricordiamo, non è considerato porto sicuro e, di conseguenza, nessuno può riportare o far sbarcare delle persone in quella nazione.
E’ la prima volta che un’imbarcazione italiana riporta migranti in Libia. E, stando al regolamento internazionale, si tratta di un’azione non consentita. Come ha ricordato nelle scorse settimane la portavoce del Consiglio d’Europa: “Nessuna nave europea può riportare migranti in Libia perché contrario ai nostri principi”.
La notizia è stata riportata nella serata di lunedì 30 luglio da Oscar Camps, fondatore della ONG spagnola Open Arms.
Si tratta, dunque, di una notizia ancora non confermata da fonti ufficiali. Tuttavia, anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha reso noto che nella notte tra il 30 e il 31 luglio quasi 350 migranti sono stati riportati in Libia, dove sono sbarcati dopo essere stati fermati in mare. E, sempre secondo l’Oim, alcune squadre delle Nazioni Unite erano sul posto per fornire assistenza ai migranti.
La reazione di Fratoianni
Così, su Twitter, Nicola Fratoianni:
“Il diritto internazionale prevede che le persone salvate in mare debbano essere portate in un porto sicuro e quelli libici, nonostante la mistificazione della realtà da parte del governo italiano, non possono essere considerati tali“, dichiara sempre il deputato di LeU.
Nel frattempo, in Italia…
In base al diritto internazionale, le persone soccorse in mare devono essere fatte sbarcare nel porto sicuro. Tuttavia, si è ribadito più volte che la Libia non può essere considerato porto sicuro, checché Salvini sostenga che: “C’è questa ipocrisia di fondo in Europa, in base alla quale si danno soldi ai libici, si forniscono le moto vedette e si addestra la Guardia costiera, ma poi si ritiene la Libia un porto non sicuro“.
Il governo italiano, invece, spinge affinché la Libia venga riconosciuto come porto sicuro. “Dobbiamo cambiare la normativa e rendere i porti libici dei porti sicuri“, aveva dichiarato così il vicepremier. Ma, se si vogliono rendere i porti libici sicuri, questa stessa dichiarazione non nega, anzi, conferma che i porti in Libia non siano sicuri. D’altronde, se in quei gommoni ci fosse un europeo, a nessuno verrebbe in mente di riportarlo in Libia, proprio perché si è consapevoli della pericolosità del posto. Tuttavia, quando si parla di europei e di africani, si usano due pesi e due misure.
Dunque, mentre in Italia il premier Conte, nel colloquio con Trump, afferma che “la nostra strategia sta funzionando” perché “l’immigrazione clandestina è diminuita dell’80-85%“, ci si dovrebbe chiedere “a quale prezzo?”.
Domenico Di Maura