Che l’aspettativa di vita nel passato fosse inferiore a quella attuale è un’idea radicata in ambito scientifico e non solo. Eppure diversi studi tendono a correggere questa convinzione. Principalmente perché tutto va contestualizzato e analizzato valutando vari fattori.
Certo è innegabile che le possibilità di morire prematuramente fossero maggiori in passato. Ma questo non vuol dire che 3-5.000 anni fa, una volta raggiunti i 30 anni, gli esseri umani morissero come se ci fosse un timer. Come spiegheremo meglio più avanti, non era raro, per un uomo preistorico, vivere fino a 50-60 anni. Non c’è poi tanta differenza con molti paesi moderni in via di sviluppo.
Longevità media e speranza di vita
Prima di andare avanti, però, è opportuno fare una distinzione tra due concetti: longevità media e speranza di vita. La prima determina una media sull’età massima raggiungibile da un individuo in un determinato momento storico. La seconda invece individua una media basandosi sui dati relativi alla longevità e quelli che descrivono la mortalità nel periodo di crescita. In pratica il numero medio di anni che un neonato può sperare di sopravvivere in una data epoca.
Aspettativa di vita nelle varie epoche
Basandosi sullo studio dei reperti ossei, è stato possibile calcolare la longevità e la speranza di vita nelle varie epoche storiche:
Nel Tardo Paleolitico, alla nascita, l’aspettativa di vita era di circa 18 anni; fino a 15 anni era tra i 25-37 anni. Nel Neolitico, superati i 15 anni si potevano raggiungere i 50-60. Nell’ Età del Bronzo e in quella del Ferro l’aspettativa di vita fino a 15 anni era tra i 28 e i 36 anni. Superati i 15 anni, la speranza di vita era mediamente di 50-60 anni.
Nella Grecia classica l’aspettativa di vita alla nascita era di circa 20 anni, fino a 15 anni era di 37-41 anni. A Roma, invece, prima dei 10 anni si viveva 20-30 anni; superati i 10, circa 50-60 anni.
Durante l’Alto Medioevo: fino a 15 anni era di circa 35-40 anni. Superata l’età adolescenziale, la speranza di vita tra la popolazione benestante era tra i 60 e gli 80 anni. Nel Tardo Medioevo inglese: raggiunti i 21 anni, l’aspettativa di vita si attestava a circa 64 anni. Prima dei 21, era di circa 30-35 anni. Questo ci è noto grazie agli studi di Christine Cave della Australian National University che ha analizzato la dentizione di 300 individui vissuti e morti nell’Inghilterra del V-VII secolo d.C.
La speranza di vita alla nascita tra la nobiltà inglese del XIII secolo era di circa 30 anni; una volta raggiunti i 21 anni, tuttavia, era abbastanza comune invecchiare fino ai 65.
Dai dati emersi, dunque, è possibile dedurre che la speranza di vita aumenta man mano che l’individuo cresce e supera le fasi dello sviluppo e quelle più suscettibili a malattie, fame, guerra e calamità naturali.Questo ha portato a confondere la speranza di vita con la longevità. Per esempio, abbiamo detto che la durata media della vita nel Paleolitico era tra i 25 e i 40 anni. Questo dato va analizzato attentamente, perché l’età media era piuttosto bassa a causa di un tasso di mortalità infantile molto alto. Fino ai 10-15 anni i bambini erano decisamente vulnerabili.
Secondo gli studi del professor Michael Gurven dell’Università di Santa Barbara, se non moriva da bambino o non era vittima di una malattia, guerra o incidenti, un cacciatore-raccoglitore preistorico in salute poteva aspettarsi di vivere fino ad una età abbastanza avanzata, anche secondo gli standard attuali. La mortalità infantile ha sempre distorto l’aspettativa di vita fino agli inizi del XX secolo.
Quello che desta stupore è che questi dati sono pressappoco rimasti immutati nei secoli. Per esempio un neonato dell’Inghilterra medievale aveva una aspettativa di vita di 31 anni. Praticamente lo stesso dell’uomo paleolitico! Nel 1800, normalmente, si viveva solo pochi anni in più rispetto al Paleolitico superiore!
Ma di cosa si moriva?
La risposta è molto semplice e deduttiva. Malattie, guerre ed incidenti ai quali non si poteva riparare correndo in ospedale. Così come scarse condizioni sanitarie unite al clima che mieteva vittime per ipotermia, colpi di calore o fenomeni naturali violenti. Certo anche in questo caso occorre analizzare i dati con criticità. Soprattutto in relazione a quelli attuali e relativi all’uomo moderno. E’ un dato che gli uomini dei nostri tempi siano più longevi. Ma è davvero così?
La modernità ha concesso un diffuso benessere attraverso una migliore igiene, farmaci e terapie, ma allo stesso tempo ha riempito le nostre case di alimenti industriali e sostanze dannose. Gli uomini dell’antichità erano snelli, robusti e non soffrivano delle patologie croniche dei nostri tempi: malattie cardiovascolari, tumori, diabete, obesità.
Sebbene l’età media sia di 80 anni, molti di questi sono vissuti convivendo con malattie e farmaci. Eppure anche nei nostri giorni non mancano esempi di longevità, soprattutto presso popolazioni che conducono una vita sana e priva di stress.
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Attualmente, parlare di aspettativa di vita sembra un discorso quasi superfluo. Tendiamo a dare per scontato che raggiungeremo l’anzianità e che abbiamo parecchi anni da vivere davanti a noi. Sempre che non ci sorprenda una pandemia improvvisa! Ma dando un’occhiata più attenta a questi dati, possiamo renderci conto come in realtà non ci sia stata una reale “evoluzione” in tal senso. Che questo possa portarci a riflettere sui nostri stili di vita?
Nel passato la “selezione naturale” aveva una importanza notevole.
Sopravvivevano solo i “più forti” che, in quanto tali, potevano sopravvivere a lungo.
Ai nostri tempi la “selezione naturale” ha una importanza inferiore.
La selezione naturale premia la specie (quindi, indirettamente, l’individuo) meglio adattato all’ambiente in cui vive, non il più forte!!
La selezione naturale agisce anche oggi come ieri, seppur in modo diverso rispetto al passato.
L’idea della “sopravvivenza del più forte” è una sciocchezza da film di serie B e non ha nulla a che fare con la teoria dell’evoluzione né tanto meno con la scienza!
Fonte: “L’origine delle specie” di Charles Darwin